Dopo anni di battaglie legali, i Comuni di Cesenatico e Crotone hanno vinto la loro sfida contro Eni. La Cassazione ha stabilito in via definitiva che le piattaforme offshore della multinazionale siano assimilabili a immobili e quindi soggette al pagamento dell’Imu, ponendo fine a un contenzioso che si trascinava da quasi un decennio. La sentenza obbliga la società multinazionale a versare oltre 7 milioni di euro di tributi arretrati ai due enti locali, con possibili ricadute anche per altre amministrazioni che da tempo reclamano somme ingenti. Una decisione che segna un punto di svolta nel rapporto tra la compagnia energetica e i territori costieri dove opera, consolidando un principio giuridico destinato a fare scuola.
La vicenda nasce da un nodo giuridico mai del tutto chiarito: le piattaforme per l’estrazione di gas e idrocarburi devono essere considerate “immobili” e quindi soggette a Imu? Secondo Eni, no. Per i Comuni, invece, sì. L’amministrazione di Cesenatico, ritenendo che le strutture offshore fossero assimilabili a immobili, aveva calcolato 3,8 milioni relativi agli anni 2014 e 2015. Quella di Crotone avanzava una richiesta di 3,6 milioni per il 2016. Eni si è sempre rifiutata di pagare, sostenendo con ricorsi che i suoi impianti non rientrassero nella categoria degli immobili tassabili. Dopo un lungo braccio di ferro tra vari gradi di giudizio, i giudici della Suprema Corte hanno sposato in via definitiva la tesi degli enti locali, riconoscendo al Comune la piena legittimazione ad accertare e riscuotere il tributo.
Tuttavia, questa è solo la punta dell’iceberg. Per Crotone, sono infatti in ballo altri 11 milioni di euro per il periodo 2017-2019. Cesenatico ha invece avvisi di accertamento pendenti per ulteriori 14,8 milioni sul periodo 2012-2019. Senza contare che altri sindaci, come quello di Rimini che rivendica 20 milioni, potrebbero sfruttare il precedente per recapitare altre maxi cartelle esattoriali all’azienda. Solo nell’Adriatico tra Rimini e Ravenna, Eni ha più di 50 piattaforme. Il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, ha dichiarato che questo risultato rappresenta «la dimostrazione plastica dell’inversione di ogni logica del passato nel rapporto con Eni». «Quando si amministra alcune scelte sono difficili e rischiose – ha messo nero su bianco in un post su Facebook -. Quando queste scelte le fai perché sei convinto di tutelare l’interesse comune, allora non importa se dall’altra parte hai un colosso come Eni». L’assessore al Bilancio Antonio Scandale ha spiegato che circa 7 milioni di euro, già accantonati in attesa dell’esito, potranno ora essere liberati e destinati a investimenti e servizi per la città. Esulta anche il primo cittadino di Cesenatico, Matteo Gozzoli: «Dopo quasi dieci anni di battaglie legali, finalmente siamo riusciti a dimostrare la bontà delle nostre richieste – ha affermato –. Con questa sentenza incassiamo in modo definitivo 3,8 milioni e per la restante parte continueremo a far valere i diritti del comune nelle sedi giudiziarie».
Il tema si inserisce in un quadro più ampio, caratterizzato da un regime fiscale considerato favorevole alle compagnie energetiche. Fino al 2019, i canoni sulle concessioni per l’estrazione di idrocarburi in Italia variavano da 2,58 a 61,97 euro al chilometro quadrato, cifre aumentate solo con il primo governo Conte. Le royalties italiane restano tra le più basse al mondo: 10% sugli idrocarburi estratti dalla terraferma e 7% su quelli dal mare, con l’esenzione dei primi 80 milioni di metri cubi. In confronto, paesi come Norvegia, Danimarca e Regno Unito applicano royalties al 50% e tassazioni complessive vicine all’80%. Nel 2024 Eni ha chiuso il bilancio con oltre 5 miliardi di utili, beneficiando anche di questa struttura fiscale.