Dopo poco meno di un anno dall’inizio della legislatura, in Francia è caduto il terzo governo. Il crollo dell’esecutivo è avvenuto in seguito a un voto di fiducia presso l’Assemblea Nazionale, richiesto dallo stesso primo ministro Bayrou per forzare l’approvazione della contestata legge finanziaria. La proposta di bilancio prevedeva, tra le varie cose, il congelamento delle spese sociali, e contro di essa si era scagliata l’intera opposizione, dalla destra di Le Pen alla sinistra di Mélenchon. Nei giorni che hanno preceduto il voto, le opposizioni hanno chiesto a Macron di indire nuove elezioni, ma il presidente ha già annunciato che accetterà le dimissioni di Bayrou e che assegnerà l’incarico a qualcun altro. Tiene, insomma, la presidenza Macron, che tuttavia ora si trova con poche carte tra le mani e un Paese in piena crisi economica.
Il voto di fiducia al governo Bayrou si è tenuto ieri, lunedì 8 ottobre, alle 19. Dopo una discussione di 4 ore, il parlamento ha approvato la caduta del governo con 364 voti, mentre Bayrou ha preso 194 voti a suo sostegno (15 gli astenuti). La fiducia riguardava la manovra finanziaria, con la quale Bayrou proponeva un «anno bianco» nelle specie sociali, con un congelamento delle spese e dei finanziamenti sociali, un accorpamento di diversi bonus previdenziali in un assegno unico, un taglio ai giorni di ferie e un aumento delle franchigie mediche. Lo scopo dichiarato era quello di «dire “stop al debito”». Contro la proposta si sono scagliati sia a destra che a sinistra; i partiti dell’opposizione, tuttavia, hanno opinioni diverse sulla direzione che dovrebbe prendere il Paese in questo momento.
A destra, la leader del Rassemblement National (singolo partito che coi suoi 123 parlamentari conta il maggior numero di seggi in Assemblea) Marine Le Pen chiede lo scioglimento del parlamento e l’indizione di nuove elezioni, sostenendo che la chiamata alle urne sia ormai «un obbligo, e non più una opzione». Mélenchon, capo del principale partito della coalizione di sinistra (Nouveau Front Populaire), La France Insoumise (71 seggi), si è spinto ancora oltre, chiedendo direttamente le dimissioni di Macron da presidente della Repubblica. Socialisti (66 seggi) ed Ecologisti (38 seggi), rispettivamente secondo e terzo partito dell’NFP, invece, chiedono a Macron di assegnare l’incarico di formare un governo alla sinistra, rivendicando la vittoria delle elezioni parlamentari dell’anno scorso. Infine, il Partito Comunista (16 seggi), quarta forza della coalizione, è rimasto vago.
Macron ha sempre rifiutato in maniera netta l’opzione di dimettersi. Il presidente, inoltre, ha affermato che non intende sciogliere l’Assemblea e che assegnerà l’incarico a qualcun altro nei prossimi giorni, dopo essersi consultato con i vari partiti. Nonostante i rifiuti di abbandonare il proprio posto e di sciogliere il parlamento, a Macron restano poche opzioni. Il presidente può assegnare l’incarico alla sinistra come richiesto da Socialisti ed Ecologisti, ma Mélenchon si è detto apertamente contrario, criticando i propri alleati di coalizione. Può provare a sfruttare le momentanee divergenze interne dell’NFP, tentando di formare un esecutivo centrista aperto alla presenza dei Socialisti; i media francesi ripresentano ciclicamente questa opzione a ogni crisi di governo, perché considerano Olivier Faure, il leader del partito, più vicino a Macron di quanto non lo sia Mélenchon; lo stesso Faure, tuttavia, ha detto di volere formare un governo di minoranza con soli rappresentanti di sinistra, escludendo esplicitamente un appoggio macroniano. Il presidente può anche guardare al Rassemblement National, ma per quanto i suoi leader non si siano espressi in merito, le parole di Le Pen sembrano non lasciare spazio a una esplorazione dell’incarico; in generale, tale opzione sembra la più irrealizzabile, a causa delle storiche resistenze francesi nei confronti di un ipotetico governo di destra.
Macron, infine, può cercare di formare un altro governo di minoranza di centro, formato dai parlamentari del proprio partito e dal centrodestra repubblicano; tanto il governo Bayrou quanto quello del suo predecessore, Michel Barnier, godevano infatti del sostegno esterno del Rassemblement National, che, pur non appoggiandoli, non vi si opponeva come la sinistra. La formazione di un governo centrista perseguirebbe lo stesso scopo dei suoi predecessori, ossia quello di escludere dalla guida dell’esecutivo la sinistra e la destra, cercando al contempo di non scontentare almeno una delle due parti. Le richieste del Rassemblement National e le parole di Le Pen, tuttavia, sembrano andare contro tale opzione.
Su la guardia presidente. Stanno arrivando altre sberle
I “socialisti” e gli “ecologisti ” europei e non solo francesi, ormai si può tranquillamente affermare, sono i veri responsabili del collasso della società contemporanea e gli ignari ed inconsapevoli (perché stupidi), accaniti sostenitori del perverso sistema neo-liberista.