mercoledì 27 Agosto 2025

Turchia, non si ferma la repressione: centinaia di arresti tra gli oppositori di Erdogan

Nel silenzio stampa del mondo, gli episodi di repressione delle opposizioni in Turchia non si stanno fermando. Dopo l’avvio dell’ondata di arresti dello scorso marzo, inaugurata con l’incarcerazione del principale leader dell’opposizione, Ekrem İmamoğlu, le autorità turche hanno infatti continuato ad arrestare sindaci, politici e avvocati vicini alla maggiore forza di opposizione del Paese, il Partito Popolare Repubblicano (CHP). L’ultimo episodio risale proprio a oggi, martedì 26 agosto, con l’arresto di uno dei due legali di İmamoğlu. Erdoğan descrive la propria stretta repressiva come un’operazione di epurazione della corruzione dal Paese, per combattere «la piovra con tentacoli in tutta la Turchia e all’estero». Nel frattempo, il governo sta stringendo la morsa anche attorno ai gulenisti, i seguaci del movimento dell’ex alleato Fethullah Gülen, accusato di aver orchestrato il fallito colpo di Stato contro Erdoğan nel 2016.

L’ultimo episodio di repressione che ha coinvolto un esponente del CHP risale alla scorsa settimana. Ad essere arrestato è stato il sindaco di Beyoğlu, distretto di Istanbul, İnan Güney, assieme ad altre 44 persone; di queste, 27 sono state rilasciate sotto controllo giudiziario. Le accuse mosse a Güney sono le stesse rivolte agli altri esponenti del CHP, e lo ritraggono coinvolto in una fitta rete di frode e corruzione che affonderebbe le radici in tutto il Paese. L’arresto di Güney ha scatenato un’ondata di proteste da parte del CHP, che si è scagliato contro il presidente Erdoğan. In generale, la stretta repressiva dell’AKP (il partito del presidente) ha fatto esplodere un duro scontro con il principale partito di opposizione che, utilizzando la stessa metafora di Erdoğan, sostiene che la vera “piovra” sarebbe proprio l’AKP, «una struttura tentacolare di corruzione con molte armi, protetta dal silenzio e dall’impunità».

Prima di Güney, a luglio, le forze dell’ordine hanno portato avanti una massiccia operazione anticorruzione, che aveva portato all’arresto dei sindaci di Adana, Adalia e Adıyaman, anch’essi esponenti del CHP. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Reuters, da gennaio a luglio le autorità turche hanno arrestato oltre 500 esponenti dell’opposizione, e di questi almeno 220 sono stati incarcerati. I sindaci arrestati sono almeno 18. Secondo il New York Times, invece, dalla stretta repressiva inaugurata a marzo con l’arresto di İmamoğlu fino a metà agosto le autorità turche hanno arrestato 390 esponenti dell’opposizione. «Eppure la posizione geopolitica di Erdoğan», fa notare il NYT, «appare solida». Il quotidiano rileva come, nonostante l’aumento di arresti e l’uso della violenza nelle manifestazioni, media e governi occidentali non dicano una parola sulla condotta dell’AKP, attribuendo tale silenzio alla posizione privilegiata che il Paese ricopre nei dialoghi con la Siria e la Russia. Qualunque sia il motivo dietro l’assenza di condanne da parte dei governi occidentali, l’unica iniziativa a sostegno del CHP emersa è stata organizzata da alcuni sindaci ed ex sindaci europei (tra cui figura l’ex sindaco di Firenze, Dario Nardella), che hanno annunciato che visiteranno Istanbul per mostrare solidarietà a İmamoğlu.

Nell’ultimo mese, il ministro dell’Interno Ali Yerlikaya ha annunciato anche gli arresti di centinaia di persone accusate di far parte di reti di corruzione, gioco d’azzardo, contrabbando, droga e cybercrimini; gli annunci delle operazioni di polizia escono con un ritmo serrato almeno due o tre volte alla settimana. I bersagli, tuttavia, oltre ai membri del CHP, sono i gulenisti. Secondo lo Stockholm Centre for Freedom, ONG ritenuta vicina al movimento del defunto predicatore islamico, nelle ultime settimane le autorità turche avrebbero arrestato almeno 49 persone affiliate ai gulenisti. Fethullah Gülen era un predicatore turco dalle posizioni neo-ottomaniste; egli riteneva che l’Islam fosse conciliabile con il secolarismo e con le idee democratiche, era vicino al dialogo con Israele e, secondo alcuni, agli Stati Uniti. Nel corso degli anni, le sue idee si diffusero molto in Turchia e, nonostante i suoi seguaci si siano sempre detti disinteressati alla politica, finirono per essere sempre più influenti. Gülen è stato un vicino alleato di Erdoğan fino al 2016, anno in cui ci fu un tentativo di golpe militare che il presidente attribuì proprio ai seguaci del predicatore. Da allora, quella che l’AKP definisce Organizzazione del Terrore Gülenista (FETÖ) è stata dichiarata un’organizzazione terroristica.

La nuova ondata di repressione in Turchia è scoppiata lo scorso marzo, con l’arresto di Ekrem İmamoğlu, sindaco di Istanbul e principale leader dell’opposizione turca. İmamoğlu è stato eletto due volte sindaco di Istanbul, la prima nel 2019 e la seconda l’anno scorso. Con l’elezione del 2019, che si dovette ripetere per decisione di Erdoğan, İmamoğlu mise fine a circa 25 anni di governo dell’AKP. Con i suoi mandati da sindaco ha acquisito grande notorietà, diventando gradualmente il principale politico dell’opposizione turca. Il raid in casa sua è avvenuto solo due giorni dopo la decisione dell’Università di Istanbul di ritirare a İmamoğlu il diploma di laurea, requisito fondamentale per candidarsi alle elezioni. İmamoğlu, inoltre, è finito più volte al centro di vicende giudiziarie che l’opposizione giudica come tentativi di delegittimazione e di ostacolare una sua possibile candidatura. Il suo arresto è avvenuto poco prima della sua conferma come candidato alle prossime presidenziali, che si dovrebbero tenere nel 2028. Tuttavia, in molti ritengono che i cittadini possano essere chiamati alle urne ben prima, così da permettere la rielezione di Erdoğan, che ha esaurito il limite di mandati. Una modifica alla Costituzione turca introdotta dallo stesso Erdoğan nel 2017, infatti, prevede una sola rielezione per presidente, ma solo se il mandato arriva a scadenza naturale. Questo significa che, in caso di scioglimento del Parlamento, il presidente può ricandidarsi anche per un terzo mandato. L’arresto di İmamoğlu ha causato un forte moto di sollevamento popolare, che ha portato all’arresto di migliaia di persone.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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