lunedì 14 Luglio 2025

Il governo italiano continua a tacere sulla persecuzione contro Francesca Albanese

Dopo l’annuncio delle sanzioni statunitensi contro la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, il mondo ha reagito con una generale condanna alle misure degli Stati Uniti; eppure, di fonte al coro di voci che si sono schierate al fianco di Albanese, ce n’è una – la più importante – che non si è ancora fatta sentire: quella del governo del Paese della quale la relatrice ONU è cittadina, l’Italia. Quando la Corte Penale Internazionale rilasciò il mandato d’arresto contro Netanyahu, Salvini disse che il primo ministro israeliano sarebbe stato il «benvenuto in Italia», e Tajani rigettò l’ordine della Corte liquidando le richieste di esecuzione del mandato come «irrealizzabili». Oggi, tuttavia, quello stesso governo che sui concetti di patria e di orgoglio nazionale ha costruito la propria identità politica tace di fronte alla persecuzione di una propria illustre cittadina che, ricoprendo un importante incarico internazionale, si sta battendo per il rispetto dei diritti umani in Palestina. Davanti alle restrizioni ad Albanese imposte dagli USA sulla base di accuse pescate alla rinfusa dal bagaglio della retorica filo-israeliana, il governo del “prima gli italiani” non sembra avere nulla da ridire, e preferisce, anzi, non interferire con le politiche degli alleati statunitense e israeliano.

È un silenzio assordante quello italiano sulla questione delle sanzioni a Francesca Albanese. La misura era stata annunciata lo scorso 9 luglio, e include diverse limitazioni, come il divieto di ingresso negli Stati Uniti, il congelamento dei beni e l’impossibilità di ricevere fondi e donazioni da aziende statunitensi. A favore di Albanese si sono sollevate voci provenienti da tutte le sfere della società: diversi relatori ONU hanno condannato le sanzioni definendole «pericolose e inaccettabili», e chiedendo che venissero revocate; a loro hanno fatto eco capi di uffici delle Nazioni Unite, come l’Alto Commissario per gli Affari Umanitari, Volker Türk; diverse ONG, come Amnesty e Human Rights Watch, hanno definito l’attacco ad Albanese «vergognoso» e chiesto agli Stati di prendere misure per respingere «vigorosamente» le sanzioni; la stessa società civile si è mobilitata, facendo fioccare petizioni sulla piattaforma change.org per chiedere al governo italiano di prendere posizione. Sul fronte politico, seppur timidamente, si è mossa persino l’UE, che per bocca del portavoce Anouar El Anouni ha «espresso rammarico» per la decisione di imporre sanzioni ad Albanese, e riaffermato il proprio sostegno al sistema ONU per i diritti umani.

Insomma, tra società civile, ONG, politica, istituzioni e uffici internazionali hanno parlato tutti. Manca solo il governo italiano. Quello stesso governo che, lo scorso novembre, giudicava la scelta di emettere mandati d’arresto contro Netanyahu e il suo ministro Gallant «sbagliata», e che addirittura per voce del ministro Salvini invitava un criminale di guerra nel Paese. Meloni, forte del suo ideale di “difesa dell’italianità”, si è sempre messa di punta davanti le accuse di razzismo contro i propri cittadini: era successo l’anno scorso, quando la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Inclusione accusava le forze dell’ordine e la politica italiana di portare avanti pratiche di profilazione razziale: «Le nostre Forze dell’Ordine sono composte da uomini e donne che, ogni giorno, lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni. Meritano rispetto, non simili ingiurie», diceva allora la premier.

Sulle accuse di antisemitismo che gli USA hanno ripetutamente lanciato contro Albanese, invece, il governo non ha mai speso una parola. Eppure queste non sono mai state corredate da rapporti, e, anzi, hanno sempre puntato il dito contro la mera attività della Relatrice italiana. Quando ne chiedevano l’estromissione dall’ONU, gli USA accusavano Albanese di un «virulento antisemitismo», sostenendo che esso emergesse dalle sue richieste di fare rispondere Israele delle proprie azioni in Palestina. Una definizione quanto meno curiosa del termine, visto che l’antisemitismo si identifica con l’odio razziale nei confronti degli ebrei, e non nelle critiche documentate a uno Stato che sta compiendo crimini contro l’umanità. Le sanzioni degli Stati Uniti ad Albanese, e come prima di esse le accuse e i tentativi di boicottarne il lavoro, si configurano come una vera e propria intimidazione, da parte di uno Stato i cui interessi vengono costantemente minati dalla attività della relatrice. È il caso del suo ultimo rapporto, in cui Albanese esplora «i meccanismi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano», citando proprio decine di realtà statunitensi.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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2 Commenti

  1. Se non sbaglio questo governo e il pdr ha stretto le mani insanguinate di questi criminali!
    Se non sbaglio Leonardo è società partecipata dal ministero del tesoro o qualcosa di simile. Albanese ha puntato il dito contro Leonardo, cioè contro lo stato italiano… Difficile che le istituzioni facciano salti di gioia!

  2. Cosa vi aspettate dai neo Fascisti, come i fascisti obbedivano a Hitler questi obbediscono a Trump e al Viminale Nethanyau, nemmeno per paura ma perché il fascista per natura non sa proprio cosa fare, patria, Dio e famiglia è la sua religione che non dice niente riguardo i motori o i circuiti elettronici, perciò il fascista deve farsi comandare e di solito a comandare sono i criminali.

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