sabato 5 Luglio 2025

Arruolare alla paura

Disorientare alla logica, fare deragliare i pensieri, favorire aspettative contraddittorie, seguire soluzioni laterali. Il ragionamento paradossale può risultare molto utile in psicanalisi ma in politica è sconcertante. 

In politica prendere decisioni contro il senso comune, volendo ottenere comunque consenso rivela una strategia estrema tesa a far prevalere il potere sulle aspettative naturali (ad es. il benessere, la felicità esistenziale ecc.). 

Questo ci fa venire il sospetto che chi governa abbia qualche serio problema psicologico. Predisporsi infatti alla guerra, senza sapere contro chi, è un atteggiamento insensato. 

Preparare per di più i propri concittadini a prospettive belliche senza dichiarare chiaramente i nemici, rivela, nella migliore delle ipotesi la sindrome di Don Chisciotte, il bisogno di affermare una forza che non c’è, come se si fosse animati da nobili sentimenti. 

Mi sembra invece che abbiamo fatto un passo avanti, uno però di quei passi con la gamba distesa come nelle parate militari che di norma celebrano la potenza dei regimi totalitari. 

Per di più il meccanismo servo-padrone, gestito non sul piano della produzione ma su quello dei rapporti internazionali, produce la cancellazione della classica idea della alleanza più o meno paritaria a vantaggio della passività delirante che consiste nell’obbedire a prescindere, rendendo categorici ordini che non lo sono ancora esplicitamente. 

La compiacenza succube prepara per di più ritorsioni sul versante dei deboli, genera la dittatura del consenso fondata sulla onnipotenza del leader. 

Un recente sondaggio, uno di quelli che si fanno non per rilevare come vanno le cose ma per condizionare e orientare il pubblico, mostra che quasi il 50% dei giovani italiani sarebbe pronto ad arruolarsi

Venti reali di guerra? No, secondo me, niente di tutto questo. Arruolarsi per prepararsi a una guerra che non si sa ancora contro chi non è mettere le mani avanti ma istruire a un atteggiamento distruttivo facendo magari balenare un lavoro sicuro. 

Una azione che non è soltanto servile ma anche analfabeta e arrogante. Analfabeta perché si ritiene che governare significhi fare accettare qualsiasi cosa, in una specie di Covid perenne, arrogante perché si ostenta sicurezza quando invece è impossibile fare altre previsioni se non quelle catastrofiche, le uniche che legittimano il potere in qualsiasi caso. 

Arruolare alla paura è una azione anti-terapeutica, ci fa pensare che il gusto del potere abbia in sé qualcosa di patologico. La sola terapia vincente in questo caso è pensarsi sotto esame da parte dei propri governati, è riuscire a fare passare la sola strategia vincente nei prossimi decenni: più poveri ma più liberi. Ognuno di voi ha di sicuro delle buone, o meno buone, idee al riguardo.

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Gian Paolo Caprettini

Ha insegnato all'Università di Torino dal 1975 al 2013, dove è stato professore ordinario di Semiotica e Semiologia del Cinema, ha diretto Extracampus, la TV dell'Università, e il Master di Giornalismo. I suoi libri più recenti: Scrivere come sognare (Cartman), Vertigini dell'immaginario (con A. Bálzola, Meltemi), Complice la poesia (L'Indipendente), Dizionario della fiaba italiana (Meltemi).

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