Con l’arrivo dell’estate e il progressivo aumento delle temperature, il lavoro sotto il sole cocente torna a rappresentare una seria minaccia per la salute di migliaia di lavoratori. Edilizia, agricoltura, logistica, vigilanza, trasporti e persino il lavoro in bicicletta dei rider sono tra i settori più esposti. In questo contesto, il governo ha deciso di intervenire: è stato firmato al ministero del Lavoro, alla presenza di sindacati e imprese, il nuovo Protocollo sulle condizioni climatiche estreme. Un’intesa che, almeno sulla carta, punta a coniugare la continuità delle attività produttive con la tutela della salute dei lavoratori, specialmente quelli che operano all’aperto. Non mancano, però, alcuni punti di non ritorno, sottolineati dalle stesse sigle sindacali.
La firma del documento è avvenuta alla presenza della ministra del Lavoro Marina Calderone, dei sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl) e delle principali associazioni datoriali (tra cui Confindustria, Ance, Coldiretti, Confartigianato, Confagricoltura, Cna). Per la ministra Calderone, «con la sottoscrizione del protocollo caldo al ministero del Lavoro, le parti sociali hanno dato una risposta importante ai lavoratori e alle imprese in un momento certamente eccezionale». Il protocollo, che sarà recepito con un decreto ministeriale, definisce un insieme di misure organizzative, formative e tecniche rivolte a prevenire gli effetti del caldo estremo. Tra i punti cardine c’è il «ricorso ampio ed automatico» agli ammortizzatori sociali, in particolare alla Cassa Integrazione Ordinaria (CIGO) con causale «eventi meteo» — anche per i lavoratori stagionali — evitando che le ore di sospensione vengano computate nei limiti massimi previsti dalla normativa. Il trattamento può essere richiesto «non solo in presenza di temperature “realmente” superiori ai 35 °C, ma anche quando quelle “percepite” rendono impossibile lo svolgimento in sicurezza dell’attività, o in caso di ordinanze di sospensione».
Per garantire un’attivazione tempestiva delle misure di protezione, il datore di lavoro dovrà avvalersi del bollettino ufficiale pubblicato sul sito del Ministero della Salute, o di altri strumenti idonei come le mappe Worklimate sviluppate da Inail e Università di Bologna. La valutazione del rischio deve inoltre tenere conto del microclima locale, prevedendo azioni mirate come l’installazione di aree d’ombra e ristoro, la fornitura di acqua e sali minerali, la modifica degli orari di lavoro o la sospensione delle attività nelle ore più calde. Il Protocollo si sviluppa su quattro ambiti di intervento fondamentali: informazione e formazione, sorveglianza sanitaria, dispositivi di protezione individuale (DPI) adeguati, riorganizzazione dei turni e degli orari. Grande attenzione è rivolta alla prevenzione e alla corretta attuazione della sorveglianza sanitaria, con percorsi condivisi validi anche per studenti in alternanza scuola-lavoro e per tutti i lavoratori, senza distinzione.
Il protocollo firmato da governo, sindacati e associazioni datoriali per affrontare le emergenze climatiche nei luoghi di lavoro è stato accolto con favore, ma anche con una serie di critiche. Francesca Re David, della CGIL, ha evidenziato l’urgenza di uscire da una logica emergenziale, chiedendo misure strutturali e soglie climatiche precise oltre le quali attivare tutele e ammortizzatori sociali, che nel 2025 saranno estesi anche ai lavoratori stagionali. A sollevare critiche anche Fillea Cgil, secondo cui il limite primario del protocollo sul caldo è la necessità di stipulare accordi locali o di categoria, che rischiano di arrivare troppo tardi. Per il segretario generale Antonio Di Franco, infatti, mancano norme organiche, aggiornamento delle tabelle sulle malattie professionali e integrazione del rischio climatico nella pianificazione dei lavori pubblici.
Intanto, merito ai rider, il Piemonte ha fatto da apripista: è la prima Regione ad aver esteso le tutele anche ai ciclofattorini, lavoratori esposti in prima linea al caldo urbano durante le ore dei pasti. Nel frattempo, però, la piattaforma di delivery Glovo ha proposto ai propri rider un «cottimo climatico», costituito da un bonus dal 2% all’8% per effettuare le consegne anche quando le temperature salgono sopra i 32 gradi. Il sindacato Cgil ha criticato fortemente Glovo, affermando che «nessun compenso può giustificare il lavoro in condizioni di rischio estremo», che «la salute viene prima dei bonus» e che tale iniziativa rischia «di trasformare un pericolo per la salute in un incentivo economico».
😂😂😂😂😂 e per fortuna siete indipendenti… Il caldo estremo a 36 gradi? Scusate ma se continuate così dovrò cancellare l’abbonamento.. queste notizie le leggi dai giornali di merda