giovedì 26 Giugno 2025

La NATO ha approvato il più grande aumento di spese militari della sua storia

Dopo il vertice della NATO dell’Aia, è stato approvato l’aumento delle spese militari fino al 5% del PIL annuo entro il 2035. L’aumento è stato concordato da tutti gli Stati membri, che durante il vertice hanno firmato una dichiarazione congiunta. L’unico disobbediente sembra il governo spagnolo, che ha firmato ma afferma che non si atterrà all’aumento previsto. Il rinnovamento delle soglie di spesa comprenderà due investimenti giudicati «essenziali» dai Paesi: in primo luogo, i membri dell’Alleanza saranno tenuti a stanziare almeno il 3,5% del PIL annuo destinandolo al fabbisogno di armi; il restante 1,5% del PIL nazionale potrà venire indirizzato verso il più generale comparto della sicurezza. I Paesi saranno inoltre tenuti a presentare piani annuali che traccino un percorso progressivo per raggiungere tale obiettivo, che sarà ridiscusso nel 2029.

La dichiarazione dei membri dell’Alleanza Atlantica è stata rilasciata ieri, mercoledì 25 giugno al termine del summit dell’Aia. Con questa nuova soglia di spesa, i Paesi della NATO, si legge nella dichiarazione, intendono fare fronte «alle profonde minacce e sfide per la sicurezza, in particolare la minaccia a lungo termine posta dalla Russia alla sicurezza euro-atlantica e la persistente minaccia del terrorismo». Entro il 2035, continua la dichiarazione, il 3,5% del PIL di ciascun Paese dovrà essere destinato ai «requisiti fondamentali della difesa» e al raggiungimento «degli obiettivi di capacità della NATO». Gli alleati si impegnano a presentare piani annuali che indichino un percorso credibile e graduale per raggiungere questo obiettivo. La restante somma destinata ai cosiddetti progetti inter alia, può includere investimenti relativi alle infrastrutture critiche, alla «difesa delle reti», alla «preparazione e resilienza civile», alla ricerca e al generale rafforzamento del comparto industriale di difesa.

L’unico Paese che sembra volersi opporre alla decisione è la Spagna di Pedro Sánchez. I primi attriti erano iniziati a farsi sentire sin da prima del vertice dell’Aia, quando Sánchez si era opposto pubblicamente alla stipula del nuovo obiettivo. Dopo gli incontri, durante cui il premier spagnolo ha firmato la dichiarazione congiunta, Sánchez ha indetto una conferenza stampa, in cui ha ribadito la sua posizione per cui «la spesa al 2,1% è sufficiente», scatenando l’ira di Trump. Dopo le dichiarazioni di Sánchez, il presidente degli USA ha giudicato le parole del premier spagnolo «terribili», minacciando di fare pagare al Paese «il doppio» dei dazi.

Il raggiungimento dell’accordo è stato invece accolto con entusiasmo dal Segretario generale della NATO, Mark Rutte, che da tempo chiedeva ai membri di destinare più spese al comparto della difesa, facendo eco alle richieste di Trump. Proprio nei confronti di Trump, Rutte ha avuto un atteggiamento particolarmente reverenziale, ringraziandolo per il suo contributo giudicato «unico» e «storico». Anche la premier Meloni si è mostrata favorevole all’aumento delle spese militari, rispolverando il vecchio detto latino si vis pacem para bellum (Se vuoi la pace prepara la guerra), e assumendo una posizione che ha attirato parecchie critiche dall’opposizione. In precedenza, l’Italia aveva annunciato la propria intenzione a raggiungere la soglia del 2% del PIL in difesa entro quest’anno contando tanto le spese esclusivamente militari quanto quelle inter alia.

Secondo l’osservatorio sulle spese militari Mil€x, l’ostacolo fondamentale da superare per raggiungere la soglia del 5% come concordata dalla NATO è rappresentato dal 3,5% delle spese militaricore”, ossia quelle destinate ai requisiti fondamentali della difesa. L’osservatorio sostiene che a oggi l’Italia destina circa l’1,57% del PIL a tali voci di spesa: questo significa che per raggiungere il 3,5% entro il 2035, dovrà aumentarle di poco meno del 2% in dieci anni. «Questo si traduce in un impegno cumulativo decennale di spesa di quasi 700 miliardi di euro, circa 220 miliardi in più rispetto a quello che si spenderebbe in dieci anni se invece del 3,5% si puntasse a raggiungere il 2% in spese militari ‘core’, con aumenti di spesa annuali medi nell’ordine dei 2 miliardi».

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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6 Commenti

  1. Ma se si spende così tanto per le armi, già che a parte i giochi di parole per fregare il popolo, le armi servono solo per uccidere e non per difesa della vita per la quale invece servono i medici, poi con che soldi ci apriremo una via di fuga da questo Mondo che diventerà inabitabile?

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