L’Italia ha ricevuto l’ennesima condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Questa volta, a finire nel mirino dei giudici, è stata la violenza scatenata dalla polizia a Napoli nel marzo del 2001 (quattro mesi prima del G8 di Genova), quando la città si animò di manifestazioni no global. La sentenza si sviluppa su due piani: il primo riconosce le violenze subite dall’allora avvocato praticante Andrea Cioffi, per una chiara violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sul cui rispetto vegliano appunto i giudici della Corte; il secondo, invece, richiama l’Italia su indagini e misure realizzate a seguito dei fatti per assicurare alla giustizia i responsabili, «non considerabili adeguate» — sottolinea la CEDU. I reati commessi dagli agenti coinvolti sono infatti finiti in prescrizione, fatta eccezione per tre poliziotti che hanno rinunciato a tale istituto.
Il 17 marzo 2001 una marea di oltre 30mila persone provenienti da tutta Italia ed Europa invase Napoli per gridare il proprio no alla globalizzazione. All’altezza di Piazza Municipio il corteo si trovò davanti un imponente schieramento delle forze dell’ordine. Scoppiarono cariche e scontri, a seguito dei quali Andrea Cioffi finì in un pronto soccorso cittadino, da cui venne presto prelevato dalla polizia insieme ad altri, per essere trasferito alla caserma Raniero. Qui si consumò un’anteprima di quanto sarebbe accaduto da lì a pochi mesi alla Diaz di Genova: percosse, umiliazioni, minacce. Una serie di abusi che negli anni si arricchirà di decine di testimonianze, al centro dei processi che porteranno alla sbarra 31 agenti di polizia imputati e accusati di vari reati ma non di tortura (introdotto nell’ordinamento giuridico italiano solo nel 2017 e oggi sotto attacco da Fratelli d’Italia) — un punto su cui la CEDU era intervenuta nel 2015 con la sentenza Cestaro. Quest’ultima invitò Roma a introdurre l’apposita fattispecie di reato per impedire ai responsabili di tortura di sottrarsi alla giustizia.
Ad ogni modo, per i fatti di Napoli 10 agenti vennero inizialmente condannati per sequestro di persona a pene detentive fino a un massimo di 2 anni e 8 mesi, a cui si aggiunse la sospensione dai pubblici uffici. Tale impianto è stato ribaltato prima dalla Corte d’Appello di Napoli nel 2013 e poi, due anni dopo, dalla Cassazione, per decorso dei termini di prescrizione. «Al termine del procedimento, tutti i reati sono stati definitivamente prescritti, ad eccezione di tre agenti che avevano presentato una rinuncia espressa alla prescrizione. La maggior parte dei reati è stata definitivamente prescritta», scrivono i giudici nella sentenza che condanna l’Italia per la grave inadempienza nei confronti del diritto internazionale, in particolare dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il quale vieta trattamenti inumani e degradanti. Viene quindi condannata la gestione delle forze dell’ordine, che hanno messo in piedi un sistema di abusi e violenze, e la mancata assicurazione della giustizia.
Al di là del riconoscimento del danno morale – consistente nel risarcimento di 30mila euro ad Andrea Cioffi – la sentenza della CEDU è destinata a fare scuola e fare pressione sullo Stato italiano affinché riveda il triangolo istituzionale tra tutela dei diritti, abusi delle forze dell’ordine e giustizia, che al momento permette ad esempio a uno dei responsabili del massacro della Diaz di diventare questore di Monza. L’intervento dei giudici europei segue di qualche giorno l’approvazione definitiva dell’ex decreto sicurezza, attaccato su più fronti da associazioni, organismi internazionali e giuristi per la sua portata repressiva, tanto da guadagnarsi l’appellativo di legge da Stato di polizia. Da anni, inoltre, l’Italia è un’osservata speciale per i casi di abusi e tortura commessi dalle forze dell’ordine, tanto in strada quanto nelle carceri e nelle caserme.
Ma sanno che è il 2025?