venerdì 23 Maggio 2025

Gli astronomi hanno individuato il più grande campo di galassie mai osservato

Comprende quasi 1.700 gruppi di galassie tra cui molti mai osservati prima, copre un intervallo di tempo cosmico di oltre 12 miliardi di anni ed è stato immortalato in un’immagine ritenuta tra le migliori del mese dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA): è il nuovo catalogo ritenuto senza precedenti e ottenuto grazie all’uso del telescopio spaziale James Webb, il quale ha permesso a un team di ricercatori guidati dall’Università di Aalto di ottenere risultati molto rilevanti e dettagliati in uno studio sottoposto a revisione paritaria e appena pubblicato sulla rivista scientifica Astronomy and Astrophysics. Analizzando una regione di cielo già nota e ampiamente studiata, chiamata COSMOS Web, e utilizzando – oltre al telescopio – un particolare algoritmo innovativo, gli esperti hanno rilevato una quantità e diversità di gruppi galattici tali che, secondo gli autori, permetteranno di effettuare studi senza precedenti riguardo a l’evoluzione di tali ammassi nella storia dell’universo: «Con questo campione, possiamo studiare l’evoluzione delle galassie in gruppi negli ultimi 12 miliardi di anni di tempo cosmico. Siamo in grado di osservare effettivamente alcune delle prime galassie formatesi nell’universo», commentano i coautori.

Il telescopio spaziale James Webb è in funzione dal 2022 e, grazie alla sua sensibilità e risoluzione senza precedenti, consente agli astronomi di osservare oggetti molto lontani nello spazio e nel tempo. Quando guardiamo una galassia a miliardi di anni luce, infatti, la stiamo osservando com’era e come si presentava miliardi di anni fa. Questo principio, spiegano gli scienziati, ha permesso di ricostruire una sorta di archivio visivo dell’universo primordiale, dove le galassie erano più piccole, irregolari e attive nella formazione stellare. Per quanto riguarda la scoperta appena effettuata, i dati usati provengono dalla regione COSMOS Web, ora osservata anche da Webb. Per individuare con elevata precisione i gruppi di galassie, è stato utilizzato un algoritmo chiamato AMICO (Adaptive Matched Identifier of Clustered Objects), capace di identificare strutture spaziali attraverso la distribuzione delle galassie e la loro luminosità. Ne è risultato un catalogo vastissimo – il più vasto finora secondo gli autori – che spinge l’osservazione dei gruppi di galassie fino al cosiddetto redshift a z = 3.7, corrispondente a circa 12 miliardi di anni fa, ovvero ben oltre quanto fosse possibile in passato.

L’immagine di un gruppo di galassie, selezionata come Immagine del mese dell’ESA per aprile, risale a 6,6 miliardi di anni fa, a una distanza di 7,3 miliardi di anni luce, e rappresenta il nucleo del campione di grandi gruppi scoperto in questo progetto. Credit: ESA/Webb, NASA & CSA, G. Gozaliasl

Tutti risultati che, secondo il coautore a capo del team Ghassem Gozaliasl, sono fondamentali per comprendere la storia dell’universo perché “ospitano” materia oscura, gas caldo e buchi neri supermassicci, ovvero tutti elementi che influenzano il ciclo vitale delle galassie. «Le complesse interazioni tra queste componenti svolgono un ruolo cruciale nel plasmare i cicli vitali delle galassie e l’evoluzione dei gruppi stessi», spiega Gozaliasl, aggiungendo che tali ammassi non sono distribuiti in modo uniforme, ma si raggruppano in ambienti densi collegati da filamenti e pareti, formando la cosiddetta “rete cosmica”. Persino la nostra stessa galassia, infatti, la Via Lattea, fa parte di un piccolo gruppo chiamato Gruppo Locale, e le nuove osservazioni combinate con studi futuri, forse, potrebbero fornire nuove risposte alle domande riguardanti la storia dell’evoluzione dei corpi celesti a noi più noti. In tutti i casi, come descritto dagli autori, rimane il record di una scoperta definita mozzafiato e la speranza che possa dimostrarsi di estrema rilevanza per la comunità scientifica mondiale: «Quando osserviamo molto in profondità nell’universo, le galassie hanno forme più irregolari e stanno formando molte stelle. Più vicino a noi, la formazione stellare è ciò che chiamiamo ‘spenta’: le galassie hanno strutture più simmetriche, come le galassie ellittiche o a spirale. È davvero emozionante vedere le forme cambiare nel tempo cosmico. Possiamo iniziare a rispondere a tantissime domande su ciò che è accaduto nell’universo e su come si sono evolute le galassie», ha concluso Gozaliasl.

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Roberto Demaio

Laureato alla facoltà di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

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