martedì 30 Dicembre 2025

Trump e Netanyahu parlano a una voce sola: la fase 2 per Gaza, di fatto, non esiste

L’incontro di lunedì tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu a Mar-a-Lago sancisce una convergenza politica orientata a ribadire una linea comune sui teatri di guerra e i “nemici” da affrontare. Un vertice presentato come decisivo per la seconda fase della tregua non ha chiarito il futuro di Gaza, ma si è concentrato su Hamas, Iran, Siria e sull’ipotesi di una forza internazionale, senza produrre impegni né dettagli concreti. I due leader si muovono come un fronte unico, sincronizzati su tempi, obiettivi e linguaggio, dettando richieste unilaterali difficilmente realizzabili. Il messaggio che emerge è inequivocabile: quanto promesso sulla carta – la fase due del piano per Gaza – viene accantonato nei fatti, consolidando lo status quo voluto da Tel Aviv e rinviando sine die qualsiasi passo che possa ridurne il controllo operativo sulla Striscia.

La visita si inserisce mentre ambienti statunitensi lavorano alla presentazione di un Consiglio per la Pace presieduto da Donald Trump, pensato per affiancare una forza di stabilizzazione internazionale e un governo tecnico palestinese. Il progetto si scontra, però, con un nodo politico evidente: la riluttanza di Israele ad andare oltre la prima fase dell’accordo su Gaza. Un ostacolo che Trump non sembra intenzionato a rimuovere, sconfessando nei fatti il suo stesso Piano di pace. Nonostante le tensioni emerse negli ultimi mesi tra Netanyahu, settori dell’amministrazione americana e la basa MAGA, il tycoon ha ribadito pubblicamente la sua piena fiducia nel premier, celebrando un rapporto definito «straordinario» e fondato sulla forza e sulla vittoria militare comune. Nel corso della conferenza stampa congiunta, Trump ha rivolto parole di grande stima verso Netanyahu, definendolo un «eroe di guerra» e asserendo, con una nota che è stata subito smentita da fonti ufficiali israeliane, che l’attuale presidente di Israele Isaac Herzog avrebbe garantito un’imminente grazia presidenziale per il premier contro le accuse di corruzione in patria.

In questo quadro di teatralizzazione della politica, la “fase due” del piano su Gaza viene di fatto accantonata, limitandosi a dire che «inizierà molto presto». Trump ha sottolineato con forza che Hamas deve disarmarsi subito attribuendo al gruppo l’onere della responsabilità prima di intraprendere ulteriori passi nell’attuazione della seconda fase del cessate il fuoco. Se Hamas non si disarmasse, «sarebbe orribile per loro», ha minacciato il presidente statunitense. Parole dure, senza un effettivo calendario politico negoziale, che suonano come un ultimatum. Netanyahu, dal canto suo, ha indicato che l’avanzamento dipende dal ritorno della salma dell’ultimo ostaggio ancora nelle mani di Hamas e dal raggiungimento di condizioni che Israele stesso giudica accettabili. Parlando della possibilità di trasferire i palestinesi dalla Striscia di Gaza in altre località del mondo, Trump ha affermato gli è stato detto che «metà di Gaza se ne andrà», spiegando che «sarebbe una grande opportunità» per loro se si presentasse l’occasione. L’allineamento tra i due leader è tanto netto che, secondo il quotidiano israeliano Haaretz, le parole di Trump sembrano un «copione scritto direttamente da Netanyahu».

Al di là della questione palestinese, il vertice ha toccato altri temi caldi. Trump ha lanciato un messaggio molto duro contro l’Iran, minacciando ulteriori azioni militari qualora Teheran dovesse riprendere lo sviluppo di programmi nucleari o missilistici, rivendicando una conoscenza dettagliata delle attività iraniane. Se ciò dovesse avvenire, «Lo abbatteremo. Lo faremo a pezzi. Ma speriamo che questo non accada», ha dichiarato Trump. La possibile partecipazione di una forza di pace turca e il ruolo di altri attori regionali sono stati citati, ma senza che venissero definite nuove tappe concrete. Sul fronte siriano e libanese, il dossier resta complesso: le tensioni con Hezbollah e i rapporti con il nuovo governo siriano sono stati menzionati, ma senza passi avanti tangibili. Il presidente USA ha accennato al fatto che lui e Netanyahu non sono pienamente d’accordo sulla questione della Cisgiordania occupata da Israele. Secondo Axios, Trump e i suoi principali consiglieri avrebbero sollecitato Netanyahu a rivedere le politiche in Cisgiordania, invitando il premier israeliano a evitare mosse provocatorie e a “calmare le acque”. Al di là delle possibili divergenze, il vertice di Mar-a-Lago consegna un esito netto: senza impegni né scadenze, l’asse Trump-Netanyahu mostra che la seconda fase, nei fatti, è stata al momento accantonata, sostituita da un’agenda dettata da Tel Aviv che congela ogni ipotesi di transizione politica o di reale autonomia palestinese per mantenere il controllo nella Striscia.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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