martedì 30 Dicembre 2025

Corte Costituzionale: Green pass e restrizioni sono legittimi in pandemia

Le misure adottate dallo Stato italiano durante la fase più acuta dell’emergenza Covid superano il vaglio della Corte costituzionale. La Consulta ha infatti ritenuto conformi alla Costituzione sia il Green pass sia l’obbligo vaccinale per gli over 50, giudicandoli proporzionati al contesto sanitario dell’epoca e fondati sulle conoscenze scientifiche allora disponibili. I giudici hanno ritenuto proporzionata anche la sospensione dal lavoro senza stipendio per i non vaccinati. La Corte ha richiamato sentenze e pareri dell’Istituto di Sanità e dell’Agenzia Italiana del Farmaco, parlando della vaccinazione come di una «misura di prevenzione fondamentale». I cosiddetti eventi avversi gravi sono stati ritenuti dalla Corte «rari o molto rari» e comunque non in grado di superare i benefici.

La sentenza ha respinto le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Catania sulle norme che introdussero l’obbligo di certificazione verde per l’accesso ai luoghi di lavoro (dl 127/2021) e l’obbligo vaccinale per gli ultra cinquantenni (dl 1/2022). Il giudizio è stato costruito su due livelli: la valutazione della ragionevolezza e proporzionalità dell’obbligo alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili al momento dell’adozione e la verifica delle conseguenze pratiche (divieto d’accesso ai luoghi di lavoro, assenza ingiustificata e perdita della retribuzione). Sul piano scientifico e di politica sanitaria, la Consulta ha dato grande rilievo agli elementi forniti da ISS e AIFA e ai lavori preparatori della norma, sottolineando che tali misure, pur limitando libertà individuali, rispondevano all’esigenza di «tutelare la salute pubblica» e «mantenere adeguate condizioni di sicurezza» in un contesto di «gravità e imprevedibilità del decorso della pandemia». L’obbligo per gli over 50, in partico

La Corte ha ritenuto non fondata l’eccezione di violazione dell’articolo 32 Costituzione sul trattamento sanitario obbligatorio, affermando che «la vaccinazione anti-COVID-19 costituisce una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2» e che «la maggior parte delle reazioni avverse ai vaccini sono non gravi e con esito in risoluzione completa». I giudici affermano infatti che «le reazioni avverse gravi hanno una frequenza da rara a molto rara e non configurano un rischio tale da superare i benefici della vaccinazione». Di conseguenza, «il rischio remoto di eventi avversi anche gravi» non può «in quanto tale, reputarsi non tollerabile».

La pronuncia affronta poi i profili di dignità e lavoro sollevati dal giudice rimettente: la perdita temporanea del diritto alla retribuzione e l’esclusione dall’ambiente lavorativo non costituiscono, secondo la Corte, un vulnus tale da rendere la norma incostituzionale. La scelta di non vaccinarsi, pur legittima, determina a detta dei giudici una «sopravvenuta e temporanea impossibilità» a svolgere la prestazione lavorativa in sicurezza». In tale situazione, dunque la mancata corresponsione della retribuzione e dell’eventuale assegno alimentare si giustifica in base al «principio generale di corrispettività» del rapporto di lavoro: poiché la prestazione non può essere eseguita in condizioni sicure, viene meno il diritto al compenso. La Corte ha evidenziato che si tratta di una misura «meramente transitoria» che non comporta la perdita del posto né sanzioni disciplinari.

Occorre a ogni modo ricordare che, negli ultimi anni, sono fioccati i casi di riconoscimenti giudiziali e amministrativi rispetto a danni gravi e permanenti, da paralisi a miocarditi fino a decessi, correlati alla campagna vaccinale. Si tratta di pronunce che pongono interrogativi assai significativi sugli effetti collaterali dei vaccini e sul dovere dello Stato di tutelare chi subisce danni da misure di profilassi pubbliche. Lo scorso ottobre, il Tribunale di Asti ha stabilito in primo grado il nesso causale tra il vaccino anti-Covid Pfizer e una grave mielite che ha reso invalida una tabaccheria di 52 anni, condannando il Ministero della Salute a versarle un indennizzo permanente. A marzo la medesima decisione era arrivata per una donna di Terni di 67 anni, ad aprile per un’altra di 60 anni di La Spezia, a luglio per una terza di Pescara, 70 anni. Nel gennaio 2023, una donna italiana di 67 anni, rimasta semiparalizzata dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid (AstraZeneca) aveva ottenuto dall’ente pubblico un indennizzo mensile di 913 euro come «equa indennità». Nel gennaio 2024, una commissione medica di Messina aveva riconosciuto a una donna di 36 anni un indennizzo a vita per «danni irreversibili» da vaccino anti-Covid. Nel febbraio 2024, a Colletorto, in Molise, era stato riconosciuto il nesso causale tra la somministrazione del vaccino anti-Covid a un uomo di 72 anni e il suo decesso, avvenuto circa venti giorni dopo l’iniezione.

Nel settembre 2023, inoltre, il giudice monocratico del Tribunale del lavoro dell’Aquila, Giulio Cruciani, aveva emesso una pronuncia con cui aveva dichiarato illegittima la sospensione dal lavoro per la mancata vaccinazione Covid dei lavori sottoposti all’obbligo. Il caso era relativo a un ultracinquantenne che si era rivolto al tribunale a seguito della sua sospensione dal lavoro. Oltre a dichiarare il fatto illegittimo, la sentenza aveva imposto al datore di lavoro il pagamento dei mancati stipendi e di un risarcimento per il «danno biologico causato dallo stress al lavoratore». Rispetto ad altre sentenze simili che già erano intervenute, il giudice era entrato maggiormente nel merito delle motivazioni, specificando che le caratteristiche stesse dei vaccini anti-Covid disponibili non rispettano «il fondamento per imporre l’obbligo vaccinale», in quanto non conferiscono «la garanzia della prevenzione dall’infezione». Segno evidente che su questi temi, nel corso del tempo, si sono alternate pronunce giudiziarie assai contrastanti.

Avatar photo

Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

1 commento

  1. «la vaccinazione anti-COVID-19 costituisce una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2» Già allora si sapeva che i vaccini anti-covid-19 non provenivano proprio nulla: sono stati migliaia e migliaia i vaccinati che si sono ammalati di Covid-19, dov’è l’efficacia di questa misura? In compenso hanno imposto la vaccinazione anche ai guariti e anche alle donne incinte. Ma evidentemente anche in questo caso la C.C. tirerebbe fuori una nuova supercazzola per giustificare questi provvedimenti.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria