sabato 20 Dicembre 2025

Cortina ’26: l’inchiesta archiviata che mostra gli effetti della fine dell’abuso d’ufficio

Un’inchiesta su oltre trenta assunzioni anomale nella Fondazione Milano Cortina 2026, l’ente che organizza le prossime Olimpiadi invernali, si è scontrata con un muro giuridico e sarà archiviata. La Procura di Milano ha infatti chiesto al giudice delle indagini preliminari di chiudere il fascicolo. Interessante è però la motivazione: ciò è stato fatto non perché non siano state riscontrate opacità – che sono invece assolutamente confermate – ma perché la fattispecie principale per cui si indagava, l’abuso d’ufficio, «non è più previsto dalla legge come reato». Il caso, che coinvolge assunzioni di figli di esponenti politici e parenti di grandi manager, diventa così uno dei più emblematici esempi delle conseguenze pratiche dell’abolizione di quel reato, sancita dalla riforma che porta la firma del Guardasigilli Carlo Nordio.

Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, hanno messo sotto la lente 35 posizioni lavorative. Gli inquirenti hanno rilevato una «mancanza di trasparenza in oltre 30 contratti», attestando che le procedure di selezione siano state caratterizzate da segnalazioni «caldamente» inoltrate da «esponenti pubblici». In un passaggio della richiesta di archiviazione, si legge che la carente applicazione dei principi di trasparenza «ha alimentato, a partire dagli organi di informazione, sin dai primi mesi di operatività, i dubbi circa malsani fenomeni di favoritismo, nepotismo o clientelari». A parlare chiaro sono state anche le parole dell’ex amministratore delegato della Fondazione, Vincenzo Novari, ascoltato dai pm. L’uomo ha descritto un clima di pressioni costanti: «Ogni settimana arrivavano pacchi di curriculum… Politici, non politici, imprenditori, amici, figlio, cugino, chiunque c’aveva qualcuno da portarmi».

Tra i casi più noti figurano l’assunzione di Lorenzo Cochis La Russa, figlio del presidente del Senato, e di Livia Draghi, nipote dell’ex premier Mario Draghi. Su quest’ultima, Novari ha specificato che il suo nome fu caldeggiato dal presidente della Fondazione, Giovanni Malagò, ma che «era esattamente il profilo che stavo cercando». Sul figlio di La Russa, invece, ha raccontato: «Il padre mi ha detto “Fai come vuoi“, quindi non c’era alcun tipo di pressione». Oltre ai criteri di selezione, gli investigatori hanno segnalato «l’esistenza di alcuni benefit, difficilmente giustificabili». Nel contratto di Livia Draghi, ad esempio, è stata riscontrata «l’aggiunta» del «rimborso integrale biglietti aerei e ferroviari per la tratta Milano-Roma, andata e ritorno, per 3 mesi dall’inizio del rapporto, Sim e portatile aziendale». Per un altro assunto, Antonio Marano, è stata notata la circostanza della «vettura con autista a spese della Fondazione», di cui l’attuale ad Andrea Varnier «si lamenta con Malagò» in una conversazione intercettata.

Nonostante questo quadro, I pm — Francesco Cajani e Alessandro Gobbis, con l’aggiunta di Tiziana Siciliano — hanno redatto una richiesta di archiviazione di 92 pagine che ora attende l’esame della gip Patrizia Nobile. Nel documento si prende infatti atto che l’abuso d’ufficio, fino a poco tempo fa lo strumento privilegiato per perseguire condotte di favoritismo nella pubblica amministrazione, è stato abrogato dalla riforma penale nota come legge Nordio. Contemporaneamente, i magistrati ritengono non perseguibile la turbativa per le selezioni di personale, «in quanto le gare sono riferite solo alle procedure comparative relative alla acquisizione di beni e servizi e non a quelle relative all’assunzione di personale». L’archiviazione evidenzia un paradosso: le indagini hanno documentato anomalie, opacità e benefici difficilmente giustificabili, ma la modifica normativa ha ridotto la leva penale a disposizione per sanzionarle. Per questo motivo gli atti sono stati trasmessi alla Corte dei Conti, affinché valuti possibili profili di danno erariale e responsabilità amministrativa; resta aperto inoltre il fronte degli appalti e delle fatture tra la Fondazione e fornitori esterni, al centro di altri filoni d’inchiesta e di una questione più ampia sulla natura pubblica o privata dell’ente, attualmente sottoposta alla Corte costituzionale.

L’abuso d’ufficio (ex art. 323 c.p.) fungeva da “clausola generale” che puniva, in via residuale, qualsiasi condotta di un pubblico ufficiale che, violando leggi o regolamenti, arrecasse un danno ingiusto o procurasse un ingiusto vantaggio. La sua abolizione, con la riforma Nordio, ha quindi provocato la rimozione di questo strumento penale di ampio spettro. Il caso delle assunzioni nella Fondazione Milano Cortina ne è un esempio concreto: condotte descritte come opache e potenzialmente clientelari, ma non inquadrabili in altri delitti specifici, non possono più essere sanzionate penalmente. La riforma crea così un vuoto di tutela penale rispetto a una vasta area di comportamenti amministrativi irregolari, spostando l’onere dell’accertamento e della eventuale sanzione verso sedi diverse, come quella contabile presso la Corte dei Conti.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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