Una vasta coalizione composta da 500 organizzazioni sociali, sindacali e politiche si unisce per opporsi alla «deriva bellicista» dell’Unione Europea e ai suoi piani di riarmo. La campagna «Stop ReArm Europe – Italia» tiene oggi, giovedì 18 dicembre, un’assemblea online dal titolo emblematico “Se vuoi la Pace, prepara la Pace“, prima tappa di un percorso che culminerà in un’assemblea nazionale a Bologna i prossimi 24 e 25 gennaio. Finalità dei promotori – tra cui Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Greenpeace e Arci – è creare una convergenza per fermare quella che definiscono una pericolosa spirale di militarizzazione, che sottrae risorse allo stato sociale e minaccia la pace stessa. Al centro della protesta c’è il piano europeo “Rearm Europe” (ribattezzato “Readiness 2030”), che prevede di mobilitare circa 800 miliardi di euro per gli armamenti.
L’assemblea odierna, in partenza alle ore 17, sarà articolata in sessioni tematiche, affrontando i diversi fronti della militarizzazione. Si parlerà del conflitto in Ucraina, del piano di riarmo europeo, della militarizzazione dei territori e delle produzioni, con interventi di rappresentanti di Acli, Movimento 5 Stelle, Rifondazione Comunista, Sinistra Italiana, Fiom Cgil e comitati locali come quelli di Colleferro e i No Tav. Una sezione specifica sarà dedicata alla «militarizzazione del sapere», con la partecipazione di Rete Studenti Medi e Unione degli Universitari, nell’ambito della quale nascerà un gruppo di lavoro permanente sui giovani e le scuole.
La preoccupazione dei promotori è che l’Europa, avviluppata nel conflitto ucraino e nonostante i massacri ai danni dei palestinesi a Gaza, abbia puntato esclusivamente sulla logica militare. «Non c’è tempo da perdere: convergiamo per fermare guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo», ha dichiarato Raffaella Bollini di Arci nazionale, spiegando che l’iniziativa si inserisce in un autunno di forte mobilitazione. «Lo diciamo dall’inizio: la guerra non è ineluttabile», ha aggiunto.
Il cuore della contestazione è il piano “ReArm Europe”, oggi “Readiness 2030”, che la Commissione Europea intende finanziare attivando flessibilità fiscali e un nuovo strumento di prestiti (SAFE). Secondo le organizzazioni promotrici, si tratta di una scelta miope e pericolosa. «Ci opponiamo al piano dell’UE di spendere 800 miliardi di euro in armi. Saranno 800 miliardi rubati. Rubati alle spese sociali, alla salute, all’educazione, al lavoro, alla costruzione della pace, alla cooperazione internazionale, alla transizione giusta e alla giustizia climatica», si legge nella piattaforma dedicata all’iniziativa.
La campagna sostiene che questi fondi andranno a beneficio esclusivo dei produttori di armi, renderanno la guerra più probabile e genereranno «più debito, più austerità, più frontiere», approfondendo il razzismo e alimentando la crisi climatica. Al contrario, la mobilitazione chiede un cambio di paradigma verso una «sicurezza reale, sociale, ecologica e comune». La petizione lanciata a livello europeo invita i parlamentari a fermare l’aumento dei bilanci militari e a dirottare le risorse verso welfare, sanità, educazione e giustizia climatica.
Il network di organizzazioni coinvolte sta costruendo collegamenti con movimenti analoghi in altri Paesi europei, dove la protesta sta crescendo. «Già in Germania c’è stata una poderosa manifestazione contro la reintroduzione della leva e sciopereranno di nuovo il 5 marzo», ricorda Bollini, evidenziando la dimensione transnazionale della resistenza al riarmo. L’appuntamento di Bologna di fine gennaio si prospetta quindi come il primo grande momento di convergenza nazionale di questa ampia e composita opposizione civile, che punta tutto su una strategia di costruzione della pace dal basso, contrapponendosi frontalmente e senza esitazioni alla logica degli investimenti militari.
Nel frattempo, però, in Commissione Europea tira tutt’altra aria. Secondo la presidente dell’organo, Ursula von der Leyen, l’Europa deve infatti prepararsi alla guerra ibrida e deve farlo in fretta. «L’Europa deve essere responsabile per la propria sicurezza: non è più un’opzione, ma un dovere – ha detto di fronte ai parlamentari europei -. Conosciamo le minacce che dobbiamo affrontare e le affronteremo. Dobbiamo sviluppare e dispiegare nuove capacità per poter combattere una guerra ibrida moderna». La minaccia è sempre la stessa: la Russia. L’unico modo per difendersi da un ipotetico attacco: più armi, più investimenti nella difesa. I famosi 800 miliardi del piano “Rearm”.




