giovedì 18 Dicembre 2025

Il governo Meloni ha modificato la legge di bilancio aumentando l’età pensionabile

Il governo Meloni ha inserito nella legge di bilancio una serie di modifiche che rialzano i requisiti per il pensionamento e allungano i tempi di decorrenza dell’assegno, con effetti progressivi dal 2027 in poi. Accanto al ritorno dell’adeguamento automatico dei requisiti alla speranza di vita (con +1 mese nel 2027 e scatti più consistenti dal 2028), il maxiemendamento introduce anche l’allungamento della “finestra” tra maturazione dei requisiti e percezione della pensione, nonché una parziale sterilizzazione del riscatto della laurea. Le misure hanno scatenato contestazioni sindacali e dissensi nella maggioranza, mentre la premier ha escluso effetti retroattivi sul riscatto già perfezionato. Tale mossa viene inquadrata dai critici come l’ennesimo tradimento al mandato elettorale da parte delle forze di governo, che più volte avevano attaccato gli effetti della riforma Fornero sulle pensioni, ma che ora l’hanno resa addirittura più restrittiva.

L’intervento principale conferma il meccanismo di adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. Dopo un aumento “soft” di un mese nel 2027, il sistema torna a regime pieno dal 2028. Secondo le ultime proiezioni, ciò comporterà un progressivo innalzamento dei contributi necessari. Per la pensione anticipata, ad esempio, si passerà dagli attuali 42 anni e 10 mesi per gli uomini a 43 anni e 1 mese nel 2028, fino a raggiungere 43 anni e 9 mesi dal 2037. La vera novità dell’emendamento riguarda la cosiddetta “finestra mobile”, il periodo di attesa tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione. Attualmente fissata a tre mesi, sarà gradualmente allungata: salirà a quattro mesi per chi matura i requisiti nel 2032-2033, a cinque mesi per il 2034 e a sei mesi a partire dal 2035. Questo posticipo, unito all’adeguamento demografico, comporterà un significativo rinvio dell’uscita effettiva dal lavoro. «Formalmente la finestra non è un requisito contributivo, ma nei fatti costringe lavoratrici e lavoratori a restare più a lungo nel lavoro o senza reddito, rinviando la decorrenza della pensione», hanno fatto notare i sindacati.

La misura che ha scatenato le polemiche politiche, anche all’interno della maggioranza, riguarda il riscatto della laurea. Il testo originario prevedeva una penalizzazione progressiva di questo strumento a partire dal 2031: nel conteggio dei contributi utili per la pensione anticipata, verrebbero “sterilizzati” dai 6 ai 30 mesi degli anni riscattati. Dopo le proteste, la premier Meloni è intervenuta correggendo il tiro: «Nessuno che ha riscattato la laurea vedrà cambiata l’attuale situazione. Qualsiasi modifica che dovesse intervenire varrà solo per il futuro». La Lega, attraverso il senatore Claudio Borghi, ha presentato un subemendamento per cancellare completamente le misure sulle finestre e sul riscatto, definendole «clausole di salvaguardia inserite da qualche tecnico troppo zelante». Ma Meloni appare intenzionata a tirare dritto.

L’impatto sociale è al centro delle critiche: la Cgil evidenzia come l’aumento dei requisiti non colpisca tutti allo stesso modo ma pesi in modo sproporzionato sui redditi più bassi e sulle carriere discontinue. L’analisi del sindacato segnala che 5,1 milioni di dipendenti del settore privato — il 29% del totale — non riescono oggi a maturare un anno pieno di contributi, spesso per contratti brevi, part-time involontari o salari che restano sotto il «minimale contributivo». Dal 2022 al 2026 tale soglia è salita del 16,5%, più rapidamente delle retribuzioni, e per il 2026 per far valere 12 mesi saranno necessari almeno 12.551 euro annui: chi resta al di sotto “perde” settimane di contribuzione anche lavorando tutto l’anno.

A nemmeno due settimane dalla scadenza della conversione in legge alle Camere, per venire incontro ai desiderata di Confindustria il governo ha proposto di prolungare per altri tre anni agevolazioni fiscali sugli investimenti; inoltre, ha stanziato risorse aggiuntive — 1,3 miliardi e 532 milioni — destinate rispettivamente a incentivi legati a Transizione 4.0 e ai crediti d’imposta per gli investimenti nelle Zone economiche speciali (ZES). Parallelamente, c’è stato l’intervento sulle pensioni. Il paradosso evidenziato dai sindacati è che un governo che aveva promesso il superamento della legge Fornero ne ripristina invece la logica degli adeguamenti automatici, scaricando gli oneri della sostenibilità del sistema proprio sulle categorie più fragili. «Flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso facilitato alla pensione, favorendo al contempo il ricambio generazionale», «stop all’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita», «un sistema pensionistico che garantisca anche le giovani generazioni e chi percepirà l’assegno solo in base al regime contributivo», si leggeva a chiare lettere nel programma con cui Fratelli D’Italia ha vinto le elezioni nel 2022. Il vicepremier Matteo Salvini, nel corso degli anni, ha più volte parlato della legge Fornero come di «una schifezza» e qualcosa di «disumano» e «immorale», annunciando che la sua cancellazione – definita un «impegno morale» – sarebbe stata «la prima cosa da fare una volta al governo». Dal 2018 Salvini è salito al governo per tre volte, ma la Legge Fornero è ancora lì.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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