sabato 13 Dicembre 2025

La Catalogna dichiara lo stato di emergenza a causa della peste suina

BARCELLONA – La Generalitat della Catalogna ha diramato lo stato d’emergenza per contenere la diffusione di un nuovo focolaio della peste porcina africana. Il virus, per il momento, la situazione sembra essere sotto controllo, ma il rischio epidemico è tale da mettere gravemente in pericolo il settore della carne di suino, uno dei mercati essenziali dell’economia catalana e spagnola. I primi casi sono datati 26 novembre, quando a Bellaterra, in un’area limitrofa del Parco Naturale della Collserola (alla periferia di Barcellona), sono stati rivenuti i cadaveri di due cinghiali. Nel corso delle due settimane successive, fin quando è stata approvata l’applicazione dello stato di emergenza, i casi di cinghiali infetti sono saliti a tredici, spingendo le autorità a dichiarare l’emergenza e il blocco delle esportazioni di carne.

Immediatamente la Generalitat, in accordo con la Commissione Europea, ha adottato misure di contenimento per evitare che il virus possa diffondersi fuori dal perimetro nel quale sono stati ritrovati i vari cinghiali infetti. Per 91 municipi dell’area sono state imposte alla popolazione restrizioni d’accesso ai parchi naturali, alle zone boschive, ai prati, ai campi coltivati e ai sentieri di campagna esterni alle aree urbane, fatta eccezione per le aree di accesso delle case. Inoltre si proibisce il trasporto di mandrie fuori dall’area d’alto rischio e l’introduzione di maiali domestici e prodotti d’origine suina all’interno del territorio. A questo si aggiunge il divieto di caccia, escludendo l’attività necessaria per contrastare il virus.

Intanto nel perimetro circostante al rinvenimento dei due primi casi è stata definita una fascia di controllo di venti chilometri, che include il Parco Naturale della Collserola, nel quale è stata messa in moto una ricerca approfondita di eventuali altri cinghiali infetti o resti di cibo contaminato.

Il virus, che non rappresenta rischi per gli esseri umani, né per le specie animali che non siano suine, può presentare una carica virale molto alta e, in alcuni casi, la mortalità dovuta all’infezione raggiunge il 100% delle probabilità. Le vie di trasmissione possono essere oronasali, cutanee, subcutanee ed endovenose e il periodo di incubazione oscilla tra i tre e i ventuno giorni. Nonostante al momento non sia stato riscontrato alcun tipo di infezione in maiali, né d’allevamento, né domestici, la diffusione del virus può avvenire attraverso contatto tra animali, ingestione d’alimenti, trasporto, contatto con abbigliamento e parassiti. 

Nonostante il virus non rischi di compiere il salto di specie e risultare così pericoloso per la salute degli umani, la diffusione tra i cinghiali si sta ripercuotendo rapidamente sull’economia legata al settore. La crisi ha portato alla sospensione delle esportazioni di prodotti derivati dal suino a più di quaranta paesi nel mondo, tra i quali si annoverano Russia, Brasile, Stati Uniti, Messico e Giappone. La Cina, invece, principale importatore di prodotti spagnoli derivati dal suino, continua a mantenere gli accordi commerciali, applicando delle restrizioni esclusivamente ai prodotti provenienti dalla provincia di Barcellona. Soltanto lo scorso novembre, in occasione della visite dei reali di Spagna a Pechino e dell’incontro tra Felipe VI e Xi Jinping, il colosso asiatico aveva approvato tre nuovi protocolli destinati a beneficiare il settore della pesca e della carne di suino. Nel 2024 le esportazioni spagnole verso la Cina hanno raggiunto le 540.000 tonnellate con un valore superiore al miliardo di euro. 

Il blocco delle destinazioni d’esportazione si è riflesso rapidamente anche nel mercato interno: in poco più di due settimane il valore della carne di maiale all’ingrosso ha subito un calo drastico per tre volte, raggiungendo in queste ultime ore la cifra di 1,04 euro al chilo. La conseguenza diretta colpisce violentemente il settore dell’allevamento, che già per la prossima settimana stimano una perdita economica media di 31 milioni di euro, che si sommano ai 30 milioni persi dal ritrovamento dei cinghiali infetti. Inoltre, la crisi sta colpendo anche le persone che lavorano nel settore; negli ultimi giorni 458 persone impiegate nei macelli dell’area hanno subito una sospensione del contratto di lavoro da parte di Grupo Jorge, azienda aragonesa di prodotti carnici.

Resta da capire l’origine del virus: nonostante non sia ancora stata data una spiegazione ufficiale, il Ministero dell’Agricoltura ha annunciato l’apertura di un’investigazione. Difatti, il primo cadavere di cinghiale sarebbe stato rinvenuto a cento metri dal centro di ricerca IRTA CreSA che negli ultimi giorni stava lavorando sul virus. Nonostante ciò non si scartano altre ipotesi, tra le quali la possibilità che il virus provenga da resti di salumi infetti provenienti dall’estero gettati nella spazzatura in un’area vicina al parco naturale della Collserola.

Se da un lato questa situazione mette in evidenza il disastro economico che potrebbe esplodere in caso di epidemia tra gli allevamenti, dall’altro gli effetti e le responsabilità della crisi non sono da limitare alla diffusione del virus. Negli ultimi anni la Catalogna ha visto un incremento senza eguali della produzione di prodotti derivati dal suino attraverso un processo che ricalca le caratteristiche delle monocolture intensive. Come affermato da Javier Guzmán, direttore della ONG Justicia Alimentaria, il collasso scaturito dalla crisi è il risultato di un mercato gestito da poche aziende ma che fa sì che un intero territorio, tanto umanamente, quanto ambientalmente, sia organizzato verso un’unica attività economica. Questo processo, monopolizza la forza lavoro e si fonda su un paradossale circolo vizioso nel quale, a volte,  due impostazioni economiche fondate su questo principio sono relazionate, come nel caso delle monocolture intensive di soia e mais che diventano il mangime destinato all’allevamento dei maiali. 

Il settore della carne di maiale, motivo d’orgoglio per le istituzioni nazionali e comunitarie, si è dimostrato fragile. Nonostante la situazione non sia ancora divenuta tragica, l’affidabilità economica di questo colosso leader nel settore alimentare in Europa e nel mondo ha già iniziato a vacillare.

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Armando Negro

Laureato in Lingue e Letterature straniere, specializzato in didattiche innovative e contesti indipendentisti. Corrispondente da Barcellona, per L’Indipendente si occupa di politica spagnola, lotte sociali e questioni indipendentiste.

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