In meno di due mesi dalla tregua mediata da Donald Trump a Kuala Lumpur, la pace fra Thailandia e Cambogia è già crollata: oltre 500 mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni dopo i nuovi scontri al confine. Lunedì la Thailandia ha lanciato attacchi aerei sulla vicina Cambogia, con entrambe le parti che si incolpano per i rinnovati combattimenti sul confine conteso. L’escalation militare tra i due Paesi rientra in una storia di rivalità pluridecennale sulla demarcazione coloniale dei loro 800 chilometri di confine e sulla sovranità rivendicata su alcuni templi.
Gli scontri di questa settimana sono i più sanguinosi dai cinque giorni di combattimenti di luglio, che hanno causato 43 morti e circa 300 mila sfollati su entrambi i lati del confine, prima che fosse concordata una tregua precaria mediata dagli Stati Uniti. Il 26 ottobre le due parti avevano firmato un accordo di cessate il fuoco, sotto l’egida di Trump. Una tregua fragile che si è sgretolata in poche settimane, con gli scontri che si sono estesi a nuove aree del confine, costringendo a un esodo di massa di civili. Bangkok e Phnom Penh si incolpano a vicenda per la ripresa dei combattimenti, che il 9 dicembre si sono estesi a cinque province dei due Paesi. Lunedì l’esercito thailandese ha colpito con raid aerei le postazioni cambogiane lungo il confine. Phnom Penh denuncia almeno quattro civili uccisi, Bangkok parla di un soldato morto e rivendica azioni difensive. I governatori delle province di frontiera hanno annunciato l’evacuazione di decine di migliaia di persone. In molte zone si segnalano code chilometriche e fughe disperate, con famiglie che abbandonano ogni bene. «I civili hanno dovuto evacuare in gran numero a causa di quella che abbiamo valutato come una minaccia imminente alla loro sicurezza. Oltre 400 mila persone sono state trasferite in rifugi sicuri» in 7 province, ha spiegato ai giornalisti il portavoce del ministero della Difesa thailandese, Surasant Kongsiri. In Cambogia, «101.229 persone sono state evacuate in rifugi sicuri e presso le case dei parenti in 5 province», ha dichiarato invece la portavoce del ministero della Difesa Maly Socheata.
Il conflitto fra Thailandia e Cambogia non è una novità: la disputa su quella frontiera si trascina da un secolo e riguarda soprattutto aree contese in base a vecchie mappe coloniali, con al centro siti di grande valore storico e simbolico. Le violenze di confine più gravi risalgono proprio agli scontri intorno al tempio di Preah Vihear tra il 2008 e il 2011, che causarono almeno 28 morti e costrinsero all’evacuazione di decine di migliaia di residenti locali. Nel corso degli anni, la contesa ha ripetutamente alimentato sentimenti nazionalistici in entrambi i Paesi e ciclici scontri armati. La tregua di ottobre, raggiunta grazie all’intervento del presidente degli Stati Uniti e agli sforzi diplomatici di Cina e Malesia, sembravano aver rappresentato un raro successo, tantoché la Cambogia aveva persino candidato Trump al Premio Nobel per la Pace. L’accordo prevedeva la riduzione delle truppe lungo il confine, il dispiegamento di osservatori e l’accelerazione delle operazioni di sminamento. Tuttavia, il patto era apparso in bilico già il mese scorso, quando la Thailandia ne aveva sospeso l’attuazione accusando la Cambogia di aver piazzato nuove mine nelle aree contese.
Ora, il ritorno dei bombardamenti chiude brutalmente quella che Trump aveva presentato come una pace storica. Di fronte all’escalation, la comunità internazionale ha lanciato appelli al contenimento. Giorni fa il segretario di Stato americano Marco Rubio aveva invitato entrambe le parti a rispettare gli impegni presi a Kuala Lumpur, chiedendo la rimozione delle armi pesanti dal confine, il coordinamento della rimozione delle mine terrestri e altre misure. Sul campo, tuttavia, le posizioni rimangono rigide. Durante un evento politico in Pennsylvania, il presidente statunitense ha commentato la ripresa degli scontri, annunciando di dover fare una telefonata «per far finire la guerra». «Ho risolto otto guerre, inclusa quella fra Thailandia e Cambogia, che oggi hanno ripreso. Domani le chiamerò. Chi può fare una telefonata e risolvere una guerra?», ha ribadito Trump.




