martedì 2 Dicembre 2025

L’esercito respinto da Filosofia: l’Università di Bologna dice no al corso per ufficiali

L’Esercito vuole studiare filosofia: tre anni di lezioni per 180 crediti formativi complessivi per «creare un pensiero laterale e dare la possibilità di pensare in maniera differente, uscendo dallo stereotipo». Il capo di Stato Maggiore, Carmine Masiello, aveva deciso nei mesi scorsi di avviare un percorso universitario in filosofia per i giovani ufficiali dell’Accademia di Modena. L’obiettivo era formare quindici ufficiali all’interno di un regolare corso di laurea dell’Università di Bologna. Ma la proposta è stata respinta dal Dipartimento di Filosofia, che — secondo Masiello — avrebbe detto no «per timore di militarizzare la facoltà». Sul tema non si è fatta attendere la reazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha definito «incomprensibile» e «inaccettabile» la decisione dell’Ateneo.

Il caso è venuto alla luce lo scorso sabato, quando il generale, intervenendo sempre a Bologna agli Stati Generali per la Ripartenza, ha denunciato pubblicamente l’episodio, aggiungendo di essere rimasto «sorpreso e deluso» dalla decisione dei docenti. Nel giro di poche ore si è acceso il consueto carosello di dichiarazioni indignate: la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, si è detta «delusa» dalla scelta di Unibo, sostenendo che «un dipartimento che teme la militarizzazione davanti a un percorso di studi rischia di compromettere la funzione stessa del sapere». Galeazzo Bignami ha parlato di un «pessimo esempio di esclusione», mentre il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha rivendicato su X l’urgenza di avere «forze militari più preparate e più colte possibile», aggiungendo un commento rivolto agli stessi docenti: «quegli ufficiali che loro rifiutano sdegnati, oggi, domani e sempre, saranno pronti a difenderli ugualmente, ove e in caso fosse necessario».

A parlare a nome dell’Università è stato il rettore Giovanni Molari che, invece di rivendicare apertamente la decisione del dipartimento, ha preferito una difesa d’ufficio, definendo la vicenda «una scelta autonoma del dipartimento». Molari ha poi precisato le modalità con cui si sarebbe dovuto tenere questo corso: in pratica, i docenti si sarebbero dovuti recare all’Accademia di Modena per tenere lezione direttamente in caserma, con l’Esercito che si era reso disponibile a sostenere i costi di docenza. Tuttavia — ha spiegato il rettore — i costi sarebbero stati superiori rispetto ai normali contratti per il personale. Dai docenti coinvolti non sono arrivati commenti ufficiali.

In realtà, la questione non è esplosa all’improvviso. Già dal mese di ottobre, all’interno della facoltà di Filosofia circolavano documenti, dubbi e discussioni sull’ipotesi di attivare un curriculum dedicato agli ufficiali dell’Esercito. A dichiararsi apertamente contrari erano stati, innanzitutto, i collettivi studenteschi, ma anche docenti, ricercatori e personale TAB che, sull’onda delle grandi proteste di quei giorni contro il genocidio a Gaza, avevano denunciato il progetto come una forma di “normalizzazione” della presenza militare in università. «Troviamo inaccettabile che si possa anche solo pensare un corso esclusivo per chi produce morte e devastazione nei nostri territori – avevano dichiarato dal CUA, il Collettivo Universitario Autonomo – Questo curriculum è l’ennesima prova che i nostri atenei si stanno piegando alle logiche della guerra e del riarmo. Con un genocidio ancora in corso, non possiamo ignorare che retoriche belliciste e accordi per la produzione di armi passano anche dalle università».

In realtà, la richiesta di attivare corsi dedicati al personale militare non è una novità: negli ultimi anni sono già stati avviati percorsi formativi specifici per gli allievi delle Forze armate a Modena, Reggio Emilia e Torino, senza suscitare particolare clamore. Questa volta, però, l’opposizione organizzata degli studenti e dei collettivi ha avuto un peso decisivo, convincendo il direttore del dipartimento, Daniele Guidetti, a fare marcia indietro e a rinunciare all’accordo con l’Esercito.

Il caso, però, sembra destinato a non chiudersi qui. Tanto che lunedì è intervenuta direttamente la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, anche lei con toni tutt’altro che distensivi: «Una decisione incomprensibile – ha scritto in un post un gesto inaccettabile e lesivo dei doveri costituzionali che fondano l’autonomia dell’Università». Il Ministero della Difesa ha già lasciato intendere che l’interlocuzione con gli atenei continuerà, mentre una parte della maggioranza chiede apertamente che l’università «non si chiuda» alle esigenze delle Forze armate.

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Fulvio Zappatore

Nato a Cesena nel 1984, muove i primi passi nel giornalismo scrivendo articoli per la stampa locale. Dopo la laurea in Storia contemporanea diventa professionista e inizia a dedicarsi anche al giornalismo televisivo. Collabora a L’Indipendente come corrispondente dall’Emilia-Romagna.

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