martedì 25 Novembre 2025

Nel 2025 quasi 1.700 esseri umani sono morti in mare per raggiungere l’Europa

Sono almeno 1.697 le persone – uomini e donne, bambini e anziani – che sono morti nel Mediterraneo cercando di giungere alle coste europee nel solo 2025. I dati del Missing Migrants Projects (MMP), il progetto dell’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) che si occupa di tenere conto dei migranti morti o scomparsi nel mondo, traccia anche quest’anno la rotta di un fenomeno che, seppure in diminuzione rispetto allo scorso anno, rimane allarmante. Di queste persone si sa che 125 erano di sesso femminile, 545 di sesso maschile, 93 erano bambini. Per i restanti 1.027 l’identità è indeterminata. Il bacino mediterraneo si conferma così, ancora una volta, il luogo più mortale al mondo per i migranti in fuga dai propri Paesi d’origine.

In generale, la tendenza a livello globale è di una leggera diminuzione dei decessi, anche se va tenuto in conto che l’anno non è ancora concluso e che questi aumenteranno ancora priam della fine dell’anno. Nel solo 2025 sono 1.521 i morti lungo la tratta asiatica, cui si sommano gli 822 nell’Asia occidentale. Altri 973 sono morti in Africa, 89 all’interno dell’Europa (lungo il canale della Manica o ai confini di Polonia e Bielorussia), 384 in Sudamerica. All’interno del bacino mediterraneo, la rotta del Mediterraneo centrale si conferma come la più mortale al mondo, con 568 migranti morti solamente in questo tratto e altri 619 scomparsi. Dal 2014, ovvero da quando esiste il progetto MMP, delle 33.172 morti avvenute nel Mediterraneo, ben 25.772 si collocano nel tratto centrale.

Ad influire su questi numeri vi sono vari fattori, uno su tutti la criminalizzazione della migrazione e delle organizzazioni non governative impegnate nel salvataggio dei migranti da parte delle istituzioni europee e dei governi, quello italiano in primis. Con il decreto Flussi approvato all’inizio dell’anno dal governo Meloni, per esempio, il governo ha introdotto sanzioni più severe nei confronti delle imbarcazioni che operano in mare, disponendo fermi amministrativi più lunghi, multe più salate e confisca dei mezzi. Tutto questo ha conseguenze dirette sul numero di persone portate in salvo dai naufragi, oltre che dalle violenze delle guardie costiere che rastrellano le navi dei migranti nel Mediterraneo, quali quella libica e quella turca. Con entrambe i governi, l’UE e l’Italia hanno però stretto accordi e patti bilaterali, proprio per delegare a questi Paesi il controllo delle migrazioni e fermare i migranti prima ancora che questi partano. D’altronde, Libia e Tunisia sono i Paesi dai quali provengono la quasi totalità dei migranti che attraversano il Mediterraneo centrale. Il ruolo dei due Paesi e delle rispettive guardie costiere nelle opere di massacro, tortura e persecuzione dei migranti è noto ormai da tempo, confermato da inchieste giornalistiche, rapporti di ONG e report ufficiali. Realtà sulle quali Italia e UE hanno scelto di voltarsi dall’altra parte – come dimostra, d’altronde, il mancato arresto da parte di Roma del “torturatore” libico Almasri, poi arrestato dalle stesse autorità libiche proprio per i crimini commessi nei centri di detenzione per migranti. Proprio grazie al decreto flussi, tra l’altro, sarà impossibile conoscere l’entità dei finanziamenti che l’Italia erogherà alle autorità libiche per bloccare le partenze.

Le morti in mare solo una parte di quelle causate indirettamente dalle politiche europee e italiane, volte sempre più alla chiusura totale delle frontiere e alla loro esternalizzazione. Alarmphone, ONG impegnata nella segnalazione di situazioni critiche nel Mar Mediterraneo, riferisce come in Tunisia il razzismo delle istituzioni operi in modo sistematico e come i migranti riportati indietro dalle imbarcazioni della Guardia Costiera vengano poi deportati nel deserto e abbandonati, con l’effetto di andare incontro a morte certa. Una situazione analoga è stata descritta da molti migranti anche per quanto riguarda l’Algeria.

Eppure, come sempre capitato nel corso della storia, politiche più restrittive non fermano le migrazioni. Anzi, gli ultimi dati messi a disposizione dal ministero dell’Interno raccontano che, al 25 novembre 2025, il numero di migranti sbarcati sulle coste italiane era già superiore a quello del 2024 – 63.260 persone, contro le 60.845 dell’anno scorso. L’ennesima conferma che politiche restrittive aumentano le morti, ma non fermano le persone.

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.

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