Le associazioni italiane AssoPacePalestina, A Buon Diritto, ATTAC, ARCI, ACLI, Pax Christi e Un Ponte Per, insieme alla cittadina palestinese Hala Abulebdeh, hanno depositato un ricorso al Tribunale Civile di Roma contro Leonardo Spa, chiedendo l’annullamento di tutti i contratti tra l’azienda italiana e lo Stato di Israele. Parallelamente, a sostegno dell’azione legale, è stata lanciata la campagna In nome della legge! – Giù le armi, Leonardo!. L’iniziativa segna una nuova frattura tra la posizione del governo, alleato di Tel Aviv, e quella della società civile, che riconosce in Israele uno Stato genocida, i cui crimini sono commessi anche grazie alle armi fornite dal nostro Paese.
Secondo chi la sostiene, l’azione legale rappresenta un’iniziativa potenzialmente rivoluzionaria. «Non è accettabile che un’azienda partecipata dello Stato continui a fornire armi a Israele», ha dichiarato Camilla Silotti, portavoce dell’associazione A Buon Diritto. Secondo gli avvocati che rappresentano le parti ricorrenti – Luca Saltalamacchia, Veronica Dini, Michele Carducci e Antonello Ciervo – i contratti di compravendita di armi e servizi bellici tra Leonardo e Israele dovrebbero essere considerati nulli. Tali accordi rappresenterebbero infatti un contributo a crimini internazionali commessi dall’IDF, il braccio armato dello Stato israeliano.
A supporto di questa tesi ci sono la Legge 9 luglio 1990, n. 185, che regola il commercio di armamenti in Italia, e l’articolo 11 della Costituzione, che sancisce il ripudio della guerra. Inoltre, il Trattato ONU sul commercio di armi del 2013, entrato nell’ordinamento italiano con rango costituzionale, vieta agli Stati esportatori di autorizzare la vendita di armi se vi è un rischio “chiaro” che possano essere impiegate per crimini internazionali. Secondo un rapporto della Commissione indipendente del Consiglio dei Diritti Umani, le condotte israeliane verso il popolo palestinese costituiscono effettivamente un genocidio, quindi un crimine internazionale.
Le ricerche sulle relazioni commerciali tra Leonardo e Israele hanno ricostruito un quadro dettagliato del coinvolgimento diretto dei prodotti dell’azienda nel conflitto. «Parliamo di aerei ed elicotteri sui quali vengono addestrati i piloti che dall’ottobre 2023 bombardano la Striscia di Gaza», spiega l’avvocato Luca Saltalamacchia. «Leonardo produce componenti degli F-35, radar, camion a due assi, cannoni super-veloci per la Marina israeliana e le alette delle bombe GBU-39, utilizzate in vari massacri, compresi attacchi a scuole e civili».
Secondo Antonello Ciervo, la vendita di questi prodotti ha portato a un aumento del 200% del valore nominale delle azioni di Leonardo dall’8 ottobre 2023 a oggi. Poiché lo Stato italiano possiede circa il 30% di Leonardo, l’azione legale rappresenta un appello di giustizia al governo da parte della società civile. Armare Israele significa, secondo i ricorrenti, alimentare la pulizia etnica del popolo palestinese e rendersi complici di un genocidio. Richiedere l’annullamento dei contratti tra Leonardo e lo Stato israeliano significa chiedere all’organo giudiziario di far valere il diritto di fronte agli interessi commerciali. La presidente ARCI, Raffaella Bollini, ha sottolineato l’importanza del ricorso: «Difendere il diritto alla giustizia significa difendere l’unico potere di chi non ha potere».




