mercoledì 12 Novembre 2025

Milano, inchiesta sul turismo di guerra in Bosnia: «pagavano per sparare ai civili»

La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta su un gruppo di cittadini italiani sospettati di aver partecipato, negli anni Novanta, all’assedio di Sarajevo come “turisti della guerra”. Avrebbero pagato somme ingenti per unirsi ai reparti serbo-bosniaci e sparare sui civili intrappolati nella capitale assediata. L’indagine, coordinata dal pm Alessandro Gobbis per omicidio volontario plurimo aggravato da crudeltà e motivi abietti, punta a far luce su una delle pagine più rimosse del conflitto balcanico: quella di uomini partiti dall’Italia per comprare un posto accanto ai cecchini e trasformare l’orrore di Sarajevo – in cui furono uccise oltre 11.500 persone, tra cui 1.601 bambini – in un sinistro gioco di morte.

L’inchiesta della Procura di Milano nasce da un esposto presentato lo scorso 28 gennaio dal giornalista, fotografo e regista Ezio Gavazzeni, da anni impegnato su temi di mafia e terrorismo, insieme all’ex giudice Guido Salvini. Il documento, lungo 17 pagine, raccoglie testimonianze e contatti con fonti bosniache che, agli inizi degli anni Novanta, avevano segnalato la presenza di cittadini italiani nei dintorni di Sarajevo. Gavazzeni ha allegato anche la trascrizione di uno scambio con Edin Subašić, un ex agente dei servizi di intelligence militare bosniaci, che confermerebbe l’esistenza di un presunto giro di “finti soldati” provenienti da Torino, Milano e Trieste, che avrebbero pagato per ottenere un “pass” utile a muoversi tra le linee e raggiungere le postazioni dei cecchini sulle colline della capitale. Protetti da ufficiali serbo-bosniaci, i 5 italiani avrebbero preso parte a vere e proprie “sessioni di tiro” contro civili disarmati, ambulanze e persino bambini. I “clienti”, ha raccontato l’ex 007, erano «persone molto ricche e probabilmente influenti nelle loro comunità», con coperture politiche, che potevano «permettersi economicamente una sfida così adrenalinica», tra cui appassionati di caccia e armi, vicini all’estrema destra. La «copertura dell’attività venatoria serviva per portare, senza sospetti, i gruppi a destinazione a Belgrado». L’ex funzionario dei servizi segreti della Serbia Jovica Stanišić, condannato per crimini di guerra, avrebbe svolto «un ruolo chiave in questo servizio». Nell’esposto si fa riferimento anche al tariffario dell’orrore: «I bambini costavano di più, poi gli uomini (meglio in divisa e armati), le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis». Tra i “turisti della guerra” figurerebbe un triestino di mezza età, ex militare con legami nell’estrema destra europea e un imprenditore lombardo, titolare di una clinica privata di medicina estetica, che negli anni successivi avrebbe raccontato di “aver visto la guerra da vicino”. La Procura di Milano, in collaborazione con l’Interpol e le autorità di Sarajevo, sta ora ricostruendo flussi di denaro e i contatti tra intermediari serbi e italiani.

La vicenda era già stata raccontata nel 2014 da Luca Leone nel libro I bastardi di Sarajevo, in cui descriveva il fenomeno dei cecchini paganti come un vero “pacchetto turistico” di guerra. Lo scrittore, esperto di Balcani, confermò che giornalisti e cittadini di Sarajevo conoscevano quei casi: «Stranieri da tutta Europa – c’erano anche italiani – pagavano ai checkpoint gestiti dai paramilitari serbi sia in Croazia sia in Bosnia per poi passare un fine settimana a sparare sui civili» sopra Sarajevo. Una vicenda tanto macabra da sembrare la trama di un film e che ha ispirato, infatti, il documentario Sarajevo Safari – oggi tra i materiali dell’esposto – del regista sloveno Miran Zupanič. Presentato nel 2022 all’Al Jazeera Balkans Documentary Film Festival, attraverso testimonianze di ex agenti e civili, la pellicola indaga il fenomeno dei cosiddetti “turisti della guerra”, provenienti da diversi Paesi europei. Benjamina Karic, ex sindaca di Sarajevo e oggi docente universitaria, ha chiesto ufficialmente di essere ascoltata dalla Procura di Milano. L’ex sindaca sostiene che «un’intera squadra di persone instancabili sta lottando affinché la denuncia non rimanga lettera morta».

Già negli anni Novanta il Sismi aveva ricevuto segnalazioni su presunti viaggi organizzati dall’Italia verso i Balcani. Alcuni dossier, rimasti secretati per decenni, indicavano che l’intelligence italiana aveva intercettato movimenti sospetti di cittadini diretti in Serbia e in Bosnia attraverso la Slovenia. L’inchiesta milanese è al momento a carico di ignoti. Gli inquirenti cercano di capire se i presunti “turisti della guerra” italiani possano rispondere anche di crimini di guerra e violazione delle convenzioni internazionali e restano da chiarire i nodi della prescrizione e della competenza territoriale. Non si esclude che dietro i viaggi si muovessero gruppi di mercenari europei già attivi nei Balcani. A trent’anni di distanza, la Bosnia chiede giustizia e verità. Le indagini proseguono tra rogatorie internazionali e l’esame degli archivi italiani, alla ricerca di segnalazioni rimaste per troppo tempo inascoltate.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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