Ogni super-ricco emette quattromila volta l’anidride carbonica di una persona che fa parte della fascia meno abbiente della popolazione, è quanto emerge dall’ultimo rapporto Oxfam, che dimostra come le diseguaglianze economiche abbiano grandi conseguenze anche dal punto di vista ambientale. Così, mentre la politica spesso si concentra nel colpire le auto vecchie di chi non può permettersi di cambiarla o le stufe a legna, scopriamo che il principale problema per le emissioni sono i jet privati dei paperoni, che solcano liberamente i cieli sopra alle teste delle persone normali.
Nello specifico, l’analisi di Oxfam rivela che il 10% più abbiente della popolazione mondiale è responsabile del 48% delle emissioni globali di CO₂, mentre la metà più povera dell’umanità ne produce appena l’8%. Ma sono i vertici della piramide a inquinare in modo sproporzionato: una persona appartenente all’1% più ricco emette in media 75 tonnellate di CO₂ all’anno, contro le 0,2 tonnellate di una persona nel 10% più povero. Questo significa che i più ricchi emettono 375 volte di più dei più poveri. E lo 0,1% superiore, con 298 tonnellate pro capite, arriva a emettere quasi quattromila volte tanto.
La differenza è ancor più smaccata se si considera l’uso del cosiddetto “carbon budget”, la quantità di CO₂ che, secondo gli studi, ogni abitante del pianeta avrebbe a disposizione per rispettare i limiti stabiliti dai Trattati per il clima. Dal 1990, l’1% più ricco ha consumato da solo il 15% di questo budget globale. Le emissioni dirette, però, sono solo la punta dell’iceberg. I super-ricchi possiedono, controllano e investono nelle corporation più inquinanti. Oxfam ha calcolato che nel 2024 le emissioni legate agli investimenti di 308 miliardari – derivanti dalle società di cui possiedono almeno il 10% – hanno totalizzato 586 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente, più delle emissioni combinate di 118 paesi. Se fossero una nazione, si classificherebbero come il quindicesimo paese più inquinante al mondo. In media, le emissioni di investimento pro capite annuali di un miliardario sono 1,9 milioni di tonnellate di CO₂e, che è 346mila volte superiore a quelle della persona media. Quasi il 60% dei loro investimenti è in settori ad alto impatto climatico, come i combustibili fossili.
Questo potere economico si traduce in un’influenza politica schiacciante. Le grandi multinazionali inquinanti spendono miliardi in attività di lobbismo per indebolire le politiche che vorrebbero imporre un tetto alle loro emissioni. Alla COP29, spiega il rapporto, «1.773 lobbisti del carbone, del petrolio e del gas hanno avuto accesso», un numero superiore a tutte le delegazioni nazionali tranne tre. Inoltre, meccanismi opachi come l’ISDS permettono alle aziende di citare in giudizio gli Stati che introducono normative ambientali, con cause che spesso colpiscono i paesi più poveri.
Sottolineando che il futuro del pianeta dipende dalla capacità di fermare il «saccheggio climatico» di una piccola élite, Oxfam avanza raccomandazioni chiare per invertire tale pericolosa rotta: tassare la ricchezza e i redditi elevati, imporre tributi sulle attività e i beni di lusso ad alto impatto (yacht, jet privati), tassare gli extra-profitti delle grandi aziende e riformare i meccanismi di regolazione finanziaria per evitare che il capitale continui a finanziare nuovi progetti fossili. Serve anche limitare l’influenza politica dei grandi investitori, vietando donazioni e attività lobbistiche dei maggiori inquinatori.




