mercoledì 29 Ottobre 2025

Solo nell’ultimo anno, in Italia è stata cementificata un’area grande come la città di Pisa

Il paesaggio italiano continua a trasformarsi silenziosamente, metro dopo metro, sotto la spinta della cementificazione e dell’impermeabilizzazione del territorio. Secondo il nuovo Rapporto ISPRA “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici 2025”, l’Italia ha perso nel solo 2024 quasi 84 chilometri quadrati di suolo naturale. Per rendere l’idea si tratta di un’area grande quanto l’intera città di Pisa trasformata da natura a cemento in un solo anno. Si tratta del peggior dato registrato dal 2012 e rappresenta un incremento del 16% rispetto al 2023: la cementificazione dell’Italia procede al ritmo medio di 159 metri quadrati al minuto, una scelta che ha conseguenze non solo sulla vivibilità delle città ma anche sulla sicurezza in caso di alluvioni.

Il consumo di suolo – ricorda l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) – rappresenta infatti una delle maggiori minacce alla biodiversità, alla sicurezza alimentare e alla resilienza agli eventi metereologici estremi. Il suolo ospita il 25% della biodiversità mondiale e da esso dipende il 95% della produzione alimentare. Eppure, guardando all’Europa tutta, fino al 70% dei suoli non è in buone condizioni. Il rapporto indica che oltre 21.500 chilometri quadrati del territorio italiano risultano oggi artificializzati: più del 7% della superficie nazionale, contro una media europea del 4,4%. Le regioni più colpite restano Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%), mentre l’Emilia-Romagna guida la classifica del consumo annuale con oltre 1.000 ettari di nuovi suoli impermeabilizzati, seguita da Lombardia (834 ettari), Puglia (818), Sicilia (799) e Lazio (785). La stessa Emilia-Romagna, tuttavia, risulta anche la regione più attiva nei processi di recupero e “consumo reversibile”, con interventi su cantieri temporanei e aree smantellabili che rappresentano l’86% delle nuove coperture. In quindici regioni italiane la quota di suolo consumato supera ormai il 5%. In fondo alla classifica si collocano invece Valle d’Aosta, Liguria e Molise, uniche a registrare incrementi inferiori ai 50 ettari.

L’ISPRA segnala poi una tendenza preoccupante: nel 2024 il consumo di suolo è aumentato anche nelle aree a pericolosità idraulica e franosa, con oltre 1.300 ettari aggiuntivi nelle zone a rischio alluvioni e 600 ettari in quelle soggette a frane. La pressione è inoltre fortissima lungo le fasce costiere, dove la percentuale di suolo consumato entro i primi 300 metri dal mare è del 23%, più del triplo della media nazionale. In parallelo, si riduce ulteriormente il verde urbano: nel 2024 sono scomparsi 3.750 ettari di aree naturali all’interno delle città. Neppure le aree protette restano immuni, dove sono stati coperti ulteriori 81 ettari, di cui il 73% all’interno di parchi nazionali e regionali, mentre nelle zone Natura2000 – aree protette a livello comunitario – le nuove superfici artificiali raggiungono 192 ettari, con un aumento del 14% rispetto al 2023. Tra i principali fattori a guidare il nuovo consumo figurano la logistica, i grandi impianti fotovoltaici a terra e i data center. I pannelli solari installati su suolo agricolo sono quadruplicati in un anno, passando da 420 ettari nel 2023 a oltre 1.700 nel 2024, per l’80% su superfici coltivate. Le regioni più coinvolte sono Lazio (443 ettari), Sardegna (293) e Sicilia (272). Dal 2006 a oggi, la sola logistica ha invece sottratto più di 6.000 ettari di territorio agricolo o naturale, mentre nel 2024 i data center – infrastrutture per il digitale sempre più diffuse – hanno occupato oltre 37 ettari, concentrati soprattutto nel Nord Italia.

La pubblicazione del rapporto ISPRA è coincisa, paradossalmente, con l’approvazione da parte del Parlamento europeo della nuova Direttiva per il Monitoraggio e la Resilienza del Suolo, primo quadro normativo comunitario dedicato alla tutela e alla rigenerazione dei terreni. Il provvedimento – parte integrante del Green Deal europeo – mira a raggiungere suoli sani entro il 2050 e impone agli Stati membri di mappare i siti contaminati e avviare piani di risanamento entro dieci anni. La direttiva, tuttavia, non introduce nuovi obblighi per agricoltori o proprietari terrieri, ma richiede ai governi nazionali di sostenere le pratiche di gestione sostenibile, attraverso formazione, ricerca, innovazione e sensibilizzazione.

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Simone Valeri

Laureato in Scienze Ambientali e in Ecobiologia, attualmente frequenta il Dottorato in Biologia ambientale ed evoluzionistica della Sapienza. Oltre alle attività di ricerca, si dedica al giornalismo ambientale e alla divulgazione scientifica.

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