Lo Stato brasiliano di Rio de Janeiro ha lanciato la più grande e sanguinosa operazione nelle favelas della propria capitale. L’operazione, denominata “Operazione Contenimento”, ha mobilitato 2.500 agenti tra polizia di Stato e polizia militare, con il supporto di droni e mezzi blindati; l’obiettivo era quello di colpire i vertici del gruppo criminale Comando Vermelho, attivo nel traffico di stupefacenti. Nel corso dell’operazione, si sono verificati duri scontri tra gli agenti e i membri del gruppo, che hanno aperto il fuoco, incendiato autobus ed eretto barricate; al termine della giornata, sono state arrestate 81 persone, e altre 64 tra civili, agenti e miliziani sono state uccise; a queste si aggiungono altri 68 cadaveri trovati dai residenti dei quartieri coinvolti dall’Operazione. Davanti a tale bilancio, l’ONU e quasi 30 ONG hanno condannato la violenza perpetrata dallo Stato di Rio, e il presidente Lula ha organizzato una riunione governativa per parlare della questione.
L’Operazione Contenimento è scattata nella mattina di ieri, martedì 28 ottobre. I 2.500 agenti dello Stato di Rio sono stati dispiegati nei complessi di Alemão e in quelli del quartiere di Penha, nel nord della città, dove si stima che vivano complessivamente circa 200.000 persone. Al lancio dell’operazione, il governatore dello Stato, Cláudio Castro, ha intimato ai residenti di rimanere nelle loro case fino al termine dei raid. La missione era rivolta alla «esecuzione di decine di mandati di cattura» ed è stata lanciata dopo oltre un anno di indagini condotte dalla Divisione per il Contrasto agli Stupefacenti. Oltre agli agenti e ai militari, sono stati coinvolti membri della Procura di Stato, e sono stati messi a disposizione diversi droni, 2 elicotteri, 32 veicoli terrestri blindati e 12 veicoli da demolizione.
La giornata ha portato a diversi scontri tra le parti: gli agenti hanno prima di tutto circondato e isolato i quartieri; i miliziani hanno risposto ingaggiando scontri a fuoco con le forze dello Stato di Rio, e hanno anche impiegato droni per lanciare ordigni esplosivi e rallentare l’avanzata degli agenti. Durante i combattimenti, durati diverse ore, i membri del Comando Vermilho hanno rubato decine di autobus, dato fuoco ad altrettanti veicoli, bloccato strade e quartieri ed eretto barricate per contrastare l’operazione. Al termine dell’operazione sono morte 132 persone, di cui almeno 4 agenti. Lo Stato di Rio ha fatto sapere di avere arrestato diversi membri di spicco della banda, facendo i nomi del braccio destro di “Doca”, uno dei leader del Comando Vermelho, e di Thiago do Nascimento Mendes, noto come “Belão do Quitungo”, leader del gruppo in un’area della città. Oltre ad avere arrestato 81 persone, gli agenti hanno anche sequestrato diverse armi, tra cui 18 fucili nella zona di Vacaria, all’interno del complesso della favela di Penha.
L’Operazione Contenimento ha causato un forte moto di sdegno da parte della società civile. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari si è detto «inorridito» dall’operazione di polizia, ricordando «alle autorità i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani». Alle dichiarazioni dell’ONU hanno fatto eco quelle di 27 ONG brasiliane e internazionali che hanno chiesto alle autorità di indagare sui fatti di ieri accusando l’amministrazione di Rio di porre la città in uno «stato di terrore». Sul versante politico, invece, Lula ha chiamato una riunione di emergenza che si terrà oggi stesso, mentre il governatore Castro – politicamente vicino all’ex presidente Bolsonaro – ha rivendicato il «duro colpo inferto alla criminalità» e predicato la necessità di «unione» con il governo centrale nel contrasto al narcotraffico. In passato Castro è stato molto duro con l’amministrazione Lula affermando che il presidente starebbe lasciando Rio da sola a gestire l’emergenza delle favelas.
Le favelas sono le baraccopoli brasiliane che hanno sede all’interno di interi quartieri di molte grandi città del Paese. Sebbene presenti in diverse aree del Brasile, esse sono prevalentemente diffuse nella stessa Rio de Janeiro, dove sorge questa forma di insediamento. La nascita delle favelas risale alla fine del XIX secolo: con l’abolizione della schiavitù tramite la legge aurea del 1888 e l’ondata migratoria dall’Europa, Rio visse un ingente sviluppo demografico, che affollò le aree centrali della città e spinse le persone più povere a cercare forme alternative di abitazione. In quegli anni erano diffusi i cosiddetti Cortiços case con i servizi in comune le cui singole stanze venivano date in affitto a intere famiglie. Vista la proliferazione dei Cortiços, l’amministrazione cittadina ne contrastò la diffusione, demolendoli. In seguito a una grande operazione di demolizione, i cittadini rimasti senza casa si organizzarono per mettere in piedi un nuovo insediamento presso il Morro da Providência (letteralmente “Collina della Provvidenza”), dove più tardi, nel 1897, vennero raggiunti dai soldati che avevano combattuto la Guerra di Canudos. Con il loro arrivo, si fa coincidere la nascita effettiva della prima favela.
Negli anni che vanno dall’inizio del ‘900 agli anni ’70, le favelas si espansero e iniziarono a ospitare sempre più cittadini: negli anni ’40 la loro costruzione fu trainata dalla crisi abitativa del Paese, e nei decenni successivi dal processo di industrializzazione del Brasile, che spinse sempre più persone dalle aree rurali all’interno delle città. Nonostante il governo centrale abbia più volte provato a smantellarle, non ci è mai riuscito; con gli anni, il degrado sociale e le condizioni di povertà dei residenti hanno favorito la nascita e il concentramento all’interno delle favelas di attività criminali. Al 2022, si stimava che all’interno delle favelas vivessero circa 16,4 milioni di persone (più dell’8% della popolazione); negli ultimi anni, il numero di residenti e di insediamenti è aumentato. Le famiglie vivono all’interno di case costruite con materiali di recupero dalle condizioni sanitarie e di sicurezza precarie; registrano entrate per circa 100 dollari al mese, meno di un sesto dello stipendio medio nazionale. All’interno dei quartieri, le bande di narcotrafficanti esercitano una forte influenza, controllando interi territori e infiltrandosi nelle istituzioni locali.




