mercoledì 29 Ottobre 2025

Gaza: la tregua mediatica per coprire il genocidio e silenziare le proteste

Negli appena 16 giorni trascorsi da quando è stata siglata la tregua tra Israele e Hamas e il giorno in cui questo mensile va in stampa, Israele ha commesso almeno 125 violazioni della tregua, ha ucciso oltre 200 persone e ne ha ferite almeno 600. Nel frattempo prosegue, a ritmo furibondo, la colonizzazione della Cisgiordania, mentre il parlamento di Tel Aviv ha approvato l’annessione totale dei territori occupati che, secondo il diritto internazionale, appartengono allo Stato di Palestina (misura sospesa su ordine degli USA) e sta discutendo di introdurre la pena di morte solo per i palestinesi accusati di terrorismo, certificando una volta di più la propria trasformazione in uno Stato non democratico che pratica l’apartheid.

Che tregua è questa? Dal punto di vista militare quasi non esiste, ma dal punto di vista mediatico e politico tutto va alla grande. Da quando è stata approvata, infatti, è immediatamente iniziato il grande processo di normalizzazione: sui media ciò che accade a Gaza è scomparso dalle prime pagine e dai salotti televisivi; il Parlamento Europeo ha rinviato a mai la discussione delle sanzioni contro Israele, che si era quasi visto costretto ad adottare sulla spinta delle proteste; tutte le istituzioni sportive e culturali internazionali – dall’Eurovision alla UEFA – hanno bloccato le proposte di espellere Israele dalle competizioni. Nel frattempo, vanno avanti le manovre di palazzo per criminalizzare le critiche al genocidio, anche in Italia, dove il solito Gasparri ha depositato un disegno di legge per equiparare critiche a Israele e odio contro gli ebrei, ossia antisionismo e antisemitismo.

Annotare queste cose, però, non deve togliere importanza a ciò che la tregua improvvisamente voluta da Netanyahu e Trump ha realmente dimostrato. La verità è che il criminale di guerra e il suo protettore hanno bisogno di riorganizzarsi perché non sanno più come andare avanti. Non è un caso che l’accordo sia arrivato al culmine del movimento di protesta globale che aveva reso ingestibile per l’Occidente insistere nell’appoggio al genocidio: la Flottilla, le piazze piene, gli scioperi generali in Italia e non solo, la campagna di boicottaggio che stava colpendo le aziende complici, e i sondaggi americani – certamente letti alla Casa Bianca – che mostravano come, per la prima volta, anche negli Stati Uniti la maggior parte della popolazione stava con i palestinesi, inclusi molti elettori conservatori. E non è un caso che sia arrivata dopo che Israele, pur avendo ridotto la Striscia in una sconfinata tabula rasa di macerie e morte, si era impantanata, non riuscendo a conquistare Gaza City e subendo centinaia di perdite tra i soldati, vittime degli agguati di una guerriglia palestinese tutt’altro che sconfitta. 

Si tratta quindi di una tregua tattica che è insieme militare, politica e mediatica. L’intento, del tutto chiaro, è quello di trovare un modo meno vistoso per proseguire nel disegno di pulizia etnica della Palestina, sperando che l’onda dell’attenzione globale passi. Starà ancora una volta ai popoli sfidare il silenzio complice e impedirlo.

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Andrea Legni

Giornalista professionista dal 2013, autore di documentari, reportage e inchieste pubblicate sui principali quotidiani italiani. È cofondatore e direttore de L’Indipendente.

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