martedì 21 Ottobre 2025

Fincantieri: l’azienda italiana di Stato si butta nel business dei droni di sorveglianza

Fincantieri, gruppo controllato dallo Stato e conosciuto per le sue navi militari e da crociera, ha firmato un’intesa strategica con la start-up italiana Defcomm, fondata dall’imprenditore Federico Zarghetta e specializzata nei droni per il settore marittimo, per accelerare lo sviluppo di unità navali autonome e droni di superficie destinati a missioni di sorveglianza, pattugliamento e raccolta dati. Il messaggio è chiaro: l’Italia non solo si riaffaccia sul mercato globale dei sistemi senza equipaggio, ma lo fa attraverso una società pubblica radicata nel tessuto economico nazionale, aprendo nuovi scenari industriali e politici.

L’accordo prevede un cofinanziamento per accelerare la produzione delle piattaforme navali sviluppate da Defcomm, mezzi che – secondo quanto dichiarato da Fincantieri – hanno già superato test di lunga durata. I droni potranno operare in modo completamente autonomo, oppure, essere controllati a distanza, e saranno integrabili sulle unità navali del gruppo. L’obiettivo è duplice: servire clienti italiani e stranieri e, allo stesso tempo, rafforzare la cosiddetta “sovranità tecnologica” del Paese. Il progetto rientra nella più ampia strategia di modernizzazione della cantieristica nazionale, che punta sempre più verso la produzione militare e la difesa avanzata. Il nodo critico è evidente. In un momento in cui il dibattito pubblico in Italia si interroga sulla crescita della spesa militare e sul ruolo delle aziende di Stato nel settore della difesa, la mossa di Fincantieri segna un’ulteriore accelerazione verso una visione in cui sicurezza e industria diventano strettamente intrecciate. Non si tratta solo di innovazione tecnologica: è un segnale politico. L’Italia vuole inserirsi nella catena produttiva mondiale della sorveglianza marittima, un comparto che supera la costruzione navale tradizionale e tocca questioni geopolitiche, economiche e morali.

La presenza dello Stato in questa scelta industriale ne amplifica la portata e le responsabilità. Da un lato, lo sviluppo interno di tecnologie autonome rappresenta un passo verso una maggiore indipendenza strategica e un rafforzamento dell’apparato industriale nazionale, dall’altro, evidenzia una tendenza ormai consolidata: la progressiva concentrazione di risorse pubbliche e competenze nel settore militare, a scapito di altri ambiti essenziali come la sanità, la ricerca civile o l’istruzione. La scelta di Fincantieri si inserisce in una strategia che privilegia la sicurezza e la difesa come assi portanti dello sviluppo economico. Questo modello, che intreccia sempre più strettamente Stato e industria bellica, rischia di ridefinire le priorità del Paese, orientandolo verso una logica di potenziamento militare e controllo tecnologico. La sfida per l’Italia sarà quella di mantenere un equilibrio tra innovazione, autonomia e responsabilità sociale, evitando che la corsa alla sicurezza diventi un motore esclusivo di crescita a discapito della dimensione civile e democratica.

 

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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