Ieri, 14 ottobre 2025, si è chiuso un capitolo fondamentale della storia digitale: Microsoft ha ufficialmente terminato il supporto per Windows 10, il sistema operativo che per un decennio ha accompagnato milioni di utenti nel lavoro, nello studio e nella vita quotidiana. La fine del servizio non comporta l’immediata inutilizzabilità dei dispositivi: i computer basati su Windows 10 continueranno a funzionare normalmente, tuttavia non riceveranno più aggiornamenti di sicurezza, correzioni di bug né patch per nuove vulnerabilità, rendendoli progressivamente più esposti ai rischi informatici propri di un ecosistema digitale sempre più ostile.
A primo colpo d’occhio potrebbe sembrare una cosa da poco, una normale rivoluzione tecnica, tuttavia, nonostante sia stato lanciato ormai nel 2015, Windows 10 risulta ancora oggi estremamente popolare. Secondo i dati raccolti dal portale Statcounter, lo scorso luglio il 42,88% degli utenti era ancora fedele al sistema operativo in via di rottamazione. Microsoft, ben consapevole della situazione, non manca di raccomandare ai suoi clienti di trasferirsi su Windows 11, idealmente di comprare un computer del tutto nuovo, ma non manca un’ultima, valida, alternativa.
A seguito delle pressioni esercitate da Euroconsumer, la Big Tech ha deciso di estendere la protezione dei sistemi critici di Windows 10 per gli utenti residenti nell’Area Economica Europea, offrendo un anno aggiuntivo di aggiornamenti tramite il programma gratuito ESU (Extended Security Updates). Le patch rilasciate copriranno esclusivamente le vulnerabilità più gravi e, per accedere al servizio, è necessario utilizzare un account Microsoft anziché un account locale. Inoltre, se l’utente non effettua l’accesso al suddetto account entro 60 giorni, il servizio viene disattivato automaticamente. Coloro che desiderano utilizzare il proprio dispositivo senza sottostare a queste condizioni possono comunque aderire al programma ESU versando una quota una tantum di 30 dollari, ottenendo così la copertura di sicurezza fino al 13 ottobre 2026.
Rimanere su Windows 10 è alle volte una scelta obbligata: Right to Repair stima che almeno 400 milioni di personal computer nel mondo non potranno essere aggiornati, in gran parte a causa dei nuovi requisiti hardware introdotti da Microsoft per l’upgrade a Windows 11, come la presenza del modulo TPM 2.0 e l’avvio UEFI protetto. Questo numero elevato suggerisce non soltanto un’onda potenziale di dispositivi obsoleti, ma anche un impatto ambientale da non sottovalutare. L’impossibilità di emigrare al nuovo sistema si traduce nel fatto che molti utenti saranno costretti a sostituire componenti o addirittura a cambiare il computer, contribuendo all’aumento dei rifiuti elettronici. Molte applicazioni, driver, periferiche e software esterni inizieranno a perdere compatibilità con Windows 10, generando malfunzionamenti, blocchi o instabilità. La transizione non è dunque semplicemente tecnica, è anche economica e sociale.
Diversa è la situazione per i sistemi aziendali. Microsoft garantisce il supporto di Windows 10 Enterprise LTSC 2021 almeno fino al 12 gennaio 2027, ma nel frattempo diverse aziende informatiche private stanno già predisponendo soluzioni per estendere ulteriormente tale scadenza. Nel mondo industriale, infatti, non è raro che l’adozione di tecnologie venga protratta ben oltre i limiti considerati accettabili in altri contesti: strumentazioni e software gestionali ritenuti anacronistici continuano a essere mantenuti in vita per ragioni di compatibilità, stabilità o costi. Emblematico è il caso di alcune infrastrutture critiche, dagli aeroporti agli archivi, che negli Stati Uniti e in Giappone si affidano ancora oggi a sistemi Windows 95 equipaggiati con lettori di floppy disk.
Il 14 ottobre ha segnato l’inizio del lento e inesorabile declino di Windows 10, il sistema operativo che, paradossalmente, era stato concepito come soluzione informatica definitiva, destinata a superare ogni modello precedente e a incarnare il paradigma del “Windows as a Service”. Naufragata quell’ambizione, gli utenti si ritrovano oggi con una piattaforma che diventerà progressivamente più vulnerabile all’evoluzione delle minacce digitali, in un contesto di crescente attività hacker e sofisticazione degli attacchi. Da qui l’appello di esperti e associazioni di consumatori: è urgente pianificare una transizione consapevole, gestita con attenzione e responsabilità, che tenga conto non solo della sicurezza digitale, ma anche dell’impatto ambientale. Ogni PC dismesso rappresenta infatti un frammento tangibile dell’impronta tecnologica sul mondo reale, e ignorare il valore ecologico di questa fase di passaggio significa perpetuare una logica di obsolescenza che il settore non può più permettersi.