sabato 11 Ottobre 2025

Il cessate il fuoco a Gaza non ferma le violenze in Cisgiordania: raid e arresti nella notte

Dopo che, nella mattinata di ieri, il gabinetto di Netanyahu ha ratificato l’accordo con Hamas per l’entrata in vigore della prima fase del cessate il fuoco a Gaza, le bombe hanno per il momento smesso di cadere sull’enclave, dando un giorno di tregua al genocidio in corso da due anni. Nel mentre però, le violenze in Cisgiordania, dove Israele prosegue indisturbato i propri piani di annessione, si stanno intensificando di giorno in giorno. Solamente tra le giornate di ieri e oggi, una quarantina di persone, tra le quali numerosi giornalisti, sono rimaste ferite nelle incursioni da parte di coloni e militari israeliani nei terreni e nelle città palestinesi, mentre numerose altre sono state arrestate. Gli attacchi si sono concentrati in particolare contro i contadini impegnati nella raccolta delle olive, attività fondamentale per la popolazione palestinese.

Nella serata di ieri, venerdì 10 ottobre, almeno cinque persone sono state arrestate dalle forze di occupazione israeliane nel campo di Nur Shams, ad est di Tulkarem, mentre incursioni dei militari si sono verificate anche nei campi di Balata, ad est di Nablus, e nella città di Ramallah, nella zona in cui si trovano gli uffici di Al Jazeera. Nella città di Dura, nel governatorato di Hebron, i militari hanno sparato a un ragazzo, impedendo poi ai medici di avvicinarsi per prestargli soccorso. Diversi attacchi sono stati poi registrati da parte dei coloni israeliani, scortati dalle forze di occupazione, durante le operazioni di raccolta delle olive da parte dei contadini palestinesi, con almeno 36 persone ferite nelle località di Beita, Huwara e Deir Sharaf, nel governatorato di Nablus. Di queste, cinque sono state colpite da armi da fuoco, mentre numerose altre sono state ferite gravemente dopo essere state prese a sassate e bastonate. Tra di essere vi erano anche numerosi giornalisti, tra i quali il reporter di AFP Jafaar Jshtayeh, la cui macchina è stata colpita a sassate e poi data alle fiamme dai coloni che lo avevano già ripetutamente colpito con colpi di bastone alla schiena. Ishtayeh ha riferito che i militari israeliani, che hanno assistito all’intera violenza dei coloni, non hanno fatto nulla per fermarli. A Beita in particolare, secondo quanto riportano i media palestinesi, si sarebbero verificati numerosi casi di soffocamento a seguito dell’uso intensivo di gas lacrimogeni da parte dei coloni.

Dal 7 ottobre 2023, almeno 1.025 palestinesi sono stati uccisi dai militari israeliani e dai coloni nella Cisgiordania occupata, 9.527 feriti. In aggiunta a ciò, quasi 7 mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case, mentre Israele ha raso al suolo oltre 3200 case e strutture di altro genere. Secondo un report delle Nazioni Unite datato 29 settembre 2025, la violenza dei coloni nella Cisgiordania occupata è aumentata notevolmente nel corso dell’anno corrente. Solamente nel periodo compreso tra il 18 giugno e il 19 settembre, le autorità israeliane hanno costruito o portato avanti i progetti di costruzione di quasi 21 mila unità abitative, anche a Gerusalemme Est. Sono in aumento anche demolizioni e sfratti: mentre per i palestinesi i permessi di costruzione sono praticamente impossibili da ottenere da parte di Israele, «le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o costretto le persone a demolire 455 strutture», scrive l’ONU. Le Nazioni Unite riscontrano anche come, mentre decine di civili rimangono uccisi nei raid e migliaia feriti da lacrimogeni, incursioni e aggressioni fisiche (e anche qui, come a Gaza, non vengono risparmiati nemmeno i bambini), proseguono le operazioni su larga scala da parte di Israele nelle città e nei campi profughi della Cisgiordania settentrionale, in particolare nella zona di Tulkarem e Jenin. A questo, si aggiunge il «disastroso» piano di costruzione di circa 3400 unità abitative nella zona E1 che, una volta realizzate, romperanno il collegamento tra la Cisgiordania settentrionale e meridionale, «minando ulteriormente la contiguità di uno Stato palestinese indipendente e sovrano, aumentando il rischio di sfollamenti forzati e alimentando le tensioni». Il rapporto si conclude ribadendo che gli insediamenti israeliani «non hanno alcuna validità giuridica» e che «costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite».

Lo scorso 9 ottobre, il think-tank belga International Crisis Group ha pubblicato un report nel quale si afferma che gli attori internazionali, compresi i Paesi arabi, dovrebbero approfittare del cessate il fuoco a Gaza «per agire, piuttosto che aspettare un’annessione formale della Cisgiordania, probabilmente superflua» e «usare la propria influenza, compresi il commercio e la vendita di armi, per esercitare pressioni su Israele affinchè interrompa il consolidamento e la diffusione dell’annessione e inizi a fare marcia indietro». Per il momento, tuttavia, gli occhi della comunità internazionale (salvo poche eccezioni, come la Spagna) sembrano essere puntati altrove. D’altronde, del destino della Cisgiordania, all’interno del piano per Gaza di Netanyahu e Trump e acclamato da numerosi Paesi, Italia inclusa, non è fatta menzione alcuna.

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.

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