domenica 12 Ottobre 2025

María Corina Machado: biografia della golpista filo-americana che ha vinto il Nobel per la Pace

L’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2025 a María Corina Machado è stata accolta con favore da molte personalità di spicco e politici all’interno dell’UE, ma ha aperto un dibattito politico e mediatico. La leader dell’opposizione venezuelana, premiata per i suoi sforzi «a favore della democrazia e dei diritti umani», descritta dal Comitato norvegese come «una coraggiosa e impegnata paladina della pace», che mantiene accesa «la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente», viene celebrata in Occidente come simbolo della resistenza al chavismo. Lungi dall’essere pacifista, però, Machado è una golpista filo-americana, che non ha esitato a ricorrere alla violenza e a richiedere interventi esterni contro il suo Paese, collocandosi nella costellazione delle forze politiche della destra radicale che contemplano l’uso della pressione esterna come leva per il regime change venezuelano.

Un premio per “procura”

Il Nobel a Machado, più che un tributo alla pace, appare, inoltre, come un gesto politico dell’Occidente verso Caracas e, indirettamente, verso Washington, sebbene formalmente la Casa Bianca abbia criticato la decisione, con Donald Trump che sperava di ricevere il premio. Secondo alcuni osservatori, infatti, si sarebbe trattato di una vittoria “per procura” per il presidente statunitense, che lei stessa nell’aprile 2024, in un’intervista a Estadão, ha definito «un alleato costante» della causa venezuelana. Proveniente dall’ala più radicale dell’opposizione venezuelana, María Corina Machado si è distinta nel tempo per le sue posizioni estreme, arrivando in passato a sostenere anche la necessità di un intervento militare per rovesciare il governo di Nicolás Maduro.

Una golpista sotto l’ombrello di Washington

La sua figura emerse già durante il fallito colpo di Stato dell’aprile 2002 contro Hugo Chávez, quando partecipò attivamente alle proteste e fu tra i civili che firmarono il decreto di Pedro Carmona, con cui si tentò di sciogliere le istituzioni democratiche e instaurare un governo provvisorio. Quel gesto la collocò tra i protagonisti del tentativo di golpe, sostenuto da settori imprenditoriali e con l’appoggio implicito degli Stati Uniti. Da allora, Machado è rimasta un punto di riferimento della destra radicale venezuelana, filo-occidentale e apertamente contraria a ogni forma di compromesso politico, assumendo posizioni incompatibili con i princìpi di dialogo, sovranità e non interferenza che un riconoscimento dedicato alla pace dovrebbe invece rappresentare.

Súmate e i finanziamenti del NED

María Corina Machado Parisca è nata a Caracas il 7 ottobre 1967, da una famiglia benestante e legata all’élite venezuelana. Ha studiato ingegneria industriale e poi finanza, e si è avvicinata alla politica fondando nel 2002 insieme all’ingegnere Alejandro Plaz l’organizzazione “civica” di monitoraggio elettorale e la promozione della partecipazione democratica in Venezuela Súmate. Presentata ufficialmente come un’ONG apartitica, Súmate è in realtà divenuta presto un potente strumento politico dell’opposizione anti-chavista. L’associazione ottenne notorietà internazionale nel 2004 quando organizzò la raccolta firme per il referendum revocatorio contro Hugo Chávez. In quell’occasione, emersero i legami finanziari con il National Endowment for Democracy (NED), l’ente statunitense che da decenni finanzia progetti di “promozione della democrazia” all’estero, spesso in contesti geopoliticamente sensibili. Documenti pubblici del NED confermano un finanziamento di circa 53.400 dollari a Súmate per «programmi di educazione elettorale» e «partecipazione civica», ma il governo venezuelano denunciò l’operazione come un tentativo di ingerenza politica diretta. Rapporti d’analisi suggeriscono che il NED, oltre a finanziare Súmate, abbia sostenuto altre organizzazioni dell’opposizione venezuelana, servizi d’informazione e campagne politiche indirette, contribuendo a una rete di supporto esterno alla dissidenza.

L’accusa di cospirazione

Nel 2005, Machado e Plaz furono incriminati per “cospirazione” e “ricezione di fondi esteri illegali”, poiché la Costituzione venezuelana vieta il finanziamento straniero a iniziative di carattere politico. Il NED, da parte sua, difese l’operazione come un normale sostegno alla società civile, mentre Washington accusò Caracas di «criminalizzare l’attivismo democratico». Analisti indipendenti e inchieste giornalistiche hanno mostrato come i progetti del NED in Venezuela abbiano storicamente agito in sinergia con le strategie di destabilizzazione del Dipartimento di Stato. Súmate, pur definendosi “neutrale”, ha operato in costante opposizione al chavismo, promuovendo azioni che hanno avuto un chiaro impatto politico. Di fatto, l’associazione ha rappresentato il trampolino di lancio per l’ascesa pubblica di Machado e il suo consolidarsi come riferimento dell’ala filo-americana e neoliberale dell’opposizione venezuelana. Apertamente anticomunista, nel 2011 è stata eletta deputata nazionale, restando fino al 2014. Uno dei volti visibili dell’opposizione venezuelana nelle manifestazioni del febbraio 2014, chiamate La Salida, nel marzo dello stesso anno è stata rimossa dall’incarico di deputata, per la presunta flagrante violazione degli articoli 149 e 191 della Costituzione del Venezuela del 1999, dopo aver accettato l’incarico di “ambasciatore supplente” di Panama presso l’Organizzazione degli Stati Americani. Nel maggio 2014, un alto funzionario del governo venezuelano, Jorge Rodríguez, ha presentato accuse di un complotto da parte di politici e funzionari dell’opposizione, tra cui la stessa Machado, per rovesciare il governo di Nicolás Maduro.

L’ascesa di Machado

Con il tempo, si è affermata come una delle figure più visibili dell’opposizione anti-chavismo. Nel 2023 si è candidata alle primarie dell’opposizione e ha ottenuto l’investitura, ma poco dopo è stata esclusa dalla vita politica: Contraloría General de la República – l’organo supremo di controllo contabile e amministrativo dello Stato venezuelano – l’ha dichiarata ineleggibile per quindici anni, una misura che le ha impedito formalmente di partecipare al voto, con accuse di finanziare attività contro lo Stato e collusione con atti connessi a Juan Guaidó. Di fatto, il suo campo d’azione è diventato la mobilitazione esterna sempre sotto l’ombrello di Washington, gli appelli internazionali, la denuncia continua del governo di Maduro. Nel 2023, ha vinto le primarie dell’opposizione in vista delle presidenziali, ma le autorità elettorali le hanno impedito la candidatura. Machado ha, quindi, guidato la campagna per il candidato Edmundo Gonzalez Urrutia. Nel 2024 il Parlamento europeo ha assegnato a Machado e Urrutia il Premio Sakharov per la libertà di pensiero.

L’arma della destabilizzazione

Il Comitato norvegese ha motivato il premio «per il suo lavoro instancabile nella promozione dei diritti democratici in Venezuela e per la transizione giusta e pacifica da una dittatura a una democrazia», ma non si può ignorare il suo orientamento ideologico: Machado è di fatto una golpista che ha invocato più volte l’intervento di Washington contro il suo Paese. In Spagna, il partito Podemos ha denunciato che assegnare il Nobel della Pace a Machado equivale a premiare «golpisti e criminali di guerra». La portavoce Ione Belarra ha affermato che il riconoscimento indebolisce il prestigio dell’istituto Nobel se viene destinato a chi, secondo lei, ha una storia politica che non esclude l’uso della destabilizzazione. L’ex leader Pablo Iglesias è andato più lontano, affermando che Machado «da anni tenta un golpe di Stato in Venezuela». I suoi detrattori, infatti, accusano Machado di aver promosso, direttamente o indirettamente, strategie rivolte alla destabilizzazione del governo di Nicolás Maduro, fino a essere considerata una figura disposta a ricorrere a meccanismi esterni per ottenere il cambio di regime, compreso il ricorso ad azioni violente contro il Palacio de Miraflores, provocazioni con morti e feriti e assalti da presentare come atti legittimi di rivolta, utili a giustificare un intervento internazionale.

Le sanzioni come metodo di pressione

Machado ha anche sostenuto apertamente l’uso delle sanzioni economiche contro il regime venezuelano, convinta che esse siano uno strumento indispensabile per esercitare pressione, sebbene le sanzioni siano un’arma che danneggia la popolazione civile e una modalità d’ingerenza esterna. Secondo Caracas, le sue posizioni favoriscono da tempo la linea statunitense di isolamento del Venezuela. Nel 2024 il governo ha avviato un’indagine contro di lei per “tradimento alla patria” e “cospirazione con Paesi stranieri”, accusandola di appoggiare una legge del Congresso USA che proibisce contratti con entità venezuelane. Machado è legata al “Comando Con Venezuela” (Con Vzla), piattaforma che ha coordinato la sua candidatura e le attività elettorali (anche dall’estero) quando lei è stata inabilitata. Il governo venezuelano accusa tale struttura di operare come una cabina politica di orientamento esterno, vista come un mezzo per influenzare dall’estero il processo elettorale venezuelano.

Un piano di restaurazione neoliberista

L’attivista venezuelana sostiene, inoltre, un piano di privatizzazioni massiccio che prevede la riduzione del ruolo statale, l’apertura al libero mercato e la forte partecipazione delle sanzioni internazionali come strumento di pressione sul regime chavista. In altre parole, è una leader di destra che propone la restaurazione neoliberista come alternativa al chavismo. La sua vicinanza alle politiche statunitensi non si limita alle idee: nel 2005 visitò la Casa Bianca e venne accolta come paladina della democrazia contro il regime venezuelano, ricevendo il sostegno implicito dell’amministrazione Bush. Più recentemente, nel 2018, è circolata una lettera controversa che la vedeva chiedere a Benjamin Netanyahu, allora primo ministro israeliano, un intervento di «forza e influenza» contro il governo venezuelano. Parallelamente, Machado ha tessuto rapporti con Javier Milei, il presidente argentino ultraliberista. Nell’agosto di quest’anno lo ha ringraziato pubblicamente per il suo sostegno alla causa venezuelana. Questo tipo di alleanza è già di per sé un segnale politico: la rete internazionale di Machado è costruita sul filo della retorica antiautoritaria, ma con un’agenda economica ferocemente neoliberista.

Un Nobel per compiacere Trump

La scelta del Nobel cade in un contesto globale instabile, con scontri ideologici tra blocchi e un riemergere dell’America Latina come terreno di contesa. Molti analisti suggeriscono che il Comitato del premio abbia voluto evitare l’effetto boomerang di assegnare il premio direttamente al presidente USA, ma abbia scelto un’alternativa che potesse comunque fungere da pedina simbolica nel suo ecosistema politico. Nei media americani si è parlato apertamente di un «rimbalzo simbolico»: il riconoscimento non è andato direttamente a Trump, ma a una figura sostenuta dall’amministrazione USA attuale che, proprio di recente attraverso le parole Marco Rubio, ha ribadito di considerare “illegittimo” il governo di Maduro. La decisione del comitato norvegese ha il chiaro sapore del gesto politico: in un’epoca segnata da guerre geograficamente distanti, da pressioni statunitensi in America Latina camuffate da lotta al narcotraffico e dalla polarizzazione tra blocchi internazionali, Machado diventa l’immagine presentabile dell’opposizione golpista, il volto scelto per una manovra ideologica che intreccia Stati Uniti, destra radicale latino-americana, neoliberismo e nuove forme di ingerenza ibrida.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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4 Commenti

  1. Già intitolare un premio per la Pace ad un “dinamitardo” di nome Nobel è quantomeno curioso. Se poi lo regalano a chicchessia allora siamo al ridicolo. Mi auguro che questo premio venga quanto prima abolito e che se del caso venga concesso a persone defunte da tempo che abbiano veramente lavorato per la pace. Non sono molte in verità ma tra loro si possono citare: Lao Tzu, Siddharta Gautama, Gesù di Nazareth, San Francesco e Gandhi.

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