giovedì 9 Ottobre 2025

Cessate il fuoco a Gaza: quali sono i prossimi passi

Oggi, 9 ottobre, è stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza che prevede l’accettazione tra le parti della prima fase del piano di Trump e Netanyahu per Gaza. Tra entusiasmo generale e dubbi sull’efficacia del programma, comprendere quali siano i prossimi passi risulta alquanto confuso. Oggi pomeriggio sono previsti degli incontri del gabinetto di sicurezza e del governo israeliani, in seguito a cui l’accordo dovrebbe essere ratifico in via ufficiale. Alla ratifica dovrebbe seguire l’istituzione della effettiva tregua: le truppe israeliane smetterebbero di bombardare e inizierebbero a ritirarsi gradualmente dalla Striscia, mantenendo però una presenza in oltre il 50% del territorio; intanto, gli aiuti tornerebbero a entrare, e i gruppi palestinesi preparerebbero il terreno per lo scambio degli ostaggi. A partire dalla prossima settimana inizierebbero dunque le discussioni per il futuro della Striscia, che dovrebbero avvenire sullo sfondo di un cessate il fuoco permanente.

L’accordo tra Israele e Hamas è stato raggiunto nella notte di oggi, ma deve ancora essere ratificato dalla parte israeliana. Esso prevede l’accettazione della prima fase del piano Trump-Netanyahu per Gaza, che prevede l’istituzione di una tregua, l’entrata degli aiuti, un primo ritiro delle truppe dalla Striscia e lo scambio di ostaggi. Alle 17 italiane è previsto un incontro del gabinetto di sicurezza israeliano che verrà seguito da una riunione del governo, alle 18; nella sera dovrebbe venire annunciata la ratifica ufficiale dell’accordo e, con essa, un iniziale cessate il fuoco. Con la tregua dovrebbe arrivare una fase di preparazione che andrà avanti fino a domenica: nei primi due giorni dovrebbero entrare 400 camion di aiuti umanitari al giorno, mentre a partire dal terzo, l’entrata degli aiuti dovrebbe proseguire a pieno regime, con l’entrata di almeno 600 camion al giorno. Mentre i valichi di frontiera verrebbero riaperti, le truppe israeliane si ritirerebbero entro la “linea gialla” del piano Trump-Netanyahu, mantenendo tuttavia il controllo del 53% della Striscia. Tra domenica e lunedì è previsto lo scambio degli ostaggi, che prevede il rientro delle persone vive e dei corpi dei defunti israeliani in cambio di 1950 palestinesi, tra cui 250 ergastolani.

Hamas sta lavorando a una lista di palestinesi incarcerati da chiedere in cambio degli ostaggi israeliani, così come quella dei corpi dei defunti che vorrebbe rientrassero. Da quanto riportano le fonti israeliane, Israele avrebbe già posto il veto su alcune delle richieste del gruppo palestinese: lo Stato ebraico ha negato la consegna di Marwan Barghouti, politico di spicco incarcerato in Israele dal 2002, e dei corpi dei fratelli Sinwar. Nonostante inizino già a emergere le prime frizioni, la fase critica giungerebbe settimana prossima: una volta effettuati gli scambi di ostaggi, si dovrebbe infatti procedere con la discussione per l’istituzione di una pace. In una intervista all’emittente Al Araby TV, il diplomatico palestinese Osama Hamdan ha affermato che Hamas parteciperà alle discussioni e che tutti i gruppi palestinesi dovranno essere coinvolti. La seconda fase del piano Trump-Netanyahu prevede infatti l’istituzione di un «corpo di pace» internazionale con a guida lo stesso Trump e la partecipazione dell’ex premier britannico Tony Blair. Hamdan ha affermato che tale condizione non può venire imposta dall’alto né accettata dalla sola Hamas, rivendicando il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. In Palestina, ha spiegato Hamdan, ci sono diversi attori: «Hamas non ha il diritto di esprimersi per tutti su queste questioni».

Solo dopo il raggiungimento di un accordo sulla gestione della Striscia si potrebbe effettivamente parlare di pace. La terza e ultima fase del piano Trump-Netanyahu prevede la consegna di Gaza a una amministrazione politica palestinese: se il piano della Casa Bianca fa esplicito riferimento a un’ANP riformata, Trump e Netanyahu, durante la conferenza, sono stati ben più vaghi, affermando che nessun gruppo palestinese attualmente attivo, ANP compreso, governerebbe Gaza. In ogni caso, al termine del processo, il piano vedrebbe una Gaza completamente smilitarizzata, mentre la gestione della sicurezza verrebbe affidata nelle mani dell’esercito israeliano, che nel frattempo istituirebbe una zona di controllo interna alla Striscia. Tutti questi punti, tuttavia, dovrebbero essere discussi nella seconda fase: Hamas ha già affermato di essere pronta a cedere il controllo di Gaza a un gruppo di palestinesi eletti dalla popolazione, ma sembra riservare maggiori dubbi sul tema del disarmo della Striscia e chiede il ritiro completo di Israele dal territorio palestinese.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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