lunedì 29 Settembre 2025

Electronic Arts vicina all’uscita da Wall Street per un maxi accordo da 55 miliardi

L’industria videoludica da tempo muove ricavi superiori a quelli del cinema e della musica messi insieme, confermandosi come uno dei comparti più rilevanti dello spettacolo globale. In questo scenario, Electronic Arts (EA), colosso statunitense da decenni ai vertici del settore, ha annunciato un accordo epocale per trasformarsi in una società privata, abbandonando così i listini di Wall Street dopo oltre trent’anni di presenza in Borsa. L’operazione, stimata intorno ai 55 miliardi di dollari, coinvolge tra gli altri il fondo sovrano dell’Arabia Saudita e il genero del Presidente USA ed ex consigliere della Casa Bianca per il Medio Oriente, Jared Kushner.

Le trattative hanno coinvolto un consorzio guidato da Silver Lake – già presente nel settore tech grazie a investimenti in aziende quali Dell, Klarna, Twitter e Airbnb – affiancato dal Public Investment Fund (PIF), fondo saudita da anni impegnato a diversificare l’economia del Regno nell’ambito della strategia nazionale denominata Vision 2030, e da Affinity Partners, la società d’investimento fondata da Kushner con il sostegno di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. L’operazione è però caratterizzata da una struttura finanziaria complessa, in quanto assume la forma di un leveraged buyout (LBO), ossia è un’acquisizione sostenuta impiegando fondi presi a prestito, attraverso l’indebitamento. In altre parole, qualora l’accordo andasse in porto, 20 miliardi di dollari di oneri d’acquisto verranno caricati sulla stessa Electronic Arts, la quale dovrà poi ripagarli a JPMorgan attraverso ricavi futuri. Secondo i documenti, 18 milioni di dollari dovrebbero essere saldati in tempi contenuti, una prospettiva che suggerisce che l’azienda sarà presto protagonista di una campagna di tagli al personale. L’operazione rappresenterà uno dei più sostanziosi LBO della storia e viene etichettato come “il più grande investimento privato in contanti”.

Sin dalle prime indiscrezioni trapelate dal Wall Street Journal, il Mercato è andato in visibilio: il titolo EA ha registrato nell’arco di un weekend un rialzo superiore al 15%, segnale che gli investitori ritengono concreta la possibilità di un accordo e che la valutazione ipotizzata rappresenta una prospettiva favorevole rispetto agli attuali multipli. La società, che prima della notizia capitalizzava circa 42 miliardi di dollari, ha d’altronde dalla sua un portafoglio di franchise ben consolidati: The Sims, Battlefield, Dragon Age, Mass Effect, e soprattutto i titoli sportivi come EA Sports FC – noto fino a non molto tempo fa come FIFA – e Madden NFL. Proprio questi brand rappresentano da anni un motore di crescita, alimentato da servizi live, microtransazioni e contenuti aggiuntivi che vengono spesso considerati predatori, ma che sono anche estremamente proficui.

Negli ultimi anni il settore dei videogiochi ha conosciuto un forte processo di consolidamento. Nel 2023, Microsoft ha completato l’acquisizione di Activision Blizzard, un’operazione finita temporaneamente nel mirino dell’antitrust statunitense, mentre Sony continua a rafforzare l’ecosistema PlayStation attraverso acquisizioni mirate e il gigante cinese Tencent investe massicciamente in società occidentali per estendere la propria presenza oltre i confini nazionali. Anche nel caso di Electronic Arts non manca un aspetto geopolitico. Il fondo PIF ha acquisito partecipazioni in aziende come Nintendo, Capcom e Take-Two, con l’obiettivo di rendere l’Arabia Saudita un hub globale per l’intrattenimento e i contenuti digitali. Una strategia che si inserisce nel piano Vision 2030, volto a modernizzare e diversificare l’economia del Paese, ma che viene anche letta come una forma di sportwashing, volta a migliorare la reputazione di un regime accusato di gravi violazioni dei diritti umani e di limitazioni delle libertà civili.

La prospettiva della vendita di Electronic Arts ha sorpreso molti osservatori, tuttavia l’idea che la società sia pronta a lasciare Wall Street non ha stupito nessuno. Negli Stati Uniti sono sempre più pressanti le critiche al modello di governance finanziaria imposto dalla Borsa, in particolare per quanto riguarda la trasparenza e la pubblicazione dei risultati trimestrali, considerata un vincolo che spinge le aziende a perseguire obiettivi di breve periodo a scapito di strategie di lungo respiro. Lo stesso Presidente USA, Donald Trump, ha ventilato l’idea di ritoccare il modello consolidato per limitare la presentazione degli utili a sole due volte l’anno.

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.

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