martedì 23 Settembre 2025

Roma rompe la collaborazione con Mekorot, l’azienda israeliana che ruba l’acqua ai palestinesi

Il 18 settembre il Consiglio Comunale di Roma ha approvato una mozione inaspettata. In appena due righe si è sancito il più grande atto di boicottaggio istituzionale che si è visto in Italia ai danni dello Stato di Israele dall’inizio del genocidio in corso: la rottura della collaborazione tra l’azienda municipalizzata dell’acqua, Acea, e Mekorot, l’azienda israeliana complice dell’apartheid idrico in Palestina. 

Tra le due società era in vigore un accordo dal 2013 che riguarda uno scambio di conoscenze nel settore delle risorse idriche, con possibilità di scambio di expertise specifiche  e sperimentazione di tecnologie, in quello che viene definito un Memorandum of Understanding (MoU). L’Assemblea capitolina ha votato a maggioranza la cessazione di questo accordo e quindi Acea, che è controllata a maggioranza da Roma Capitale, ha ricevuto mandato di interrompere immediatamente la partnership. 

I dettagli dell’accordo in vigore tra Acea Spa e Mekorot Water Company Ltp e il valore economico della collaborazione non sono mai stati resi pubblici ma solo citati in un documento ufficiale e in passato i tentativi di accesso agli atti effettuati da alcuni consiglieri municipali della città sono caduti nel vuoto. Quello che è noto è invece l’azione di Mekorot sulla vita dei palestinesi. L’azienda israeliana, società a totale monopolio ministeriale israeliano, è infatti uno strumento di pressione bellica e di controllo sociale sulla vita di migliaia di palestinesi, basti sapere che già dal 1967 una combinazione di controllo regolatorio, permessi e gestione centralizzata ha consolidato quello che molte analisi definiscono «colonialismo idrico» evoluto in un regime di apartheid come denuncia anche l’ultimo rapporto di Francesca Albanese Dall’economia di occupazione, all’economia di genocidio.

Israele detiene le leve principali su estrazione, stoccaggio e distribuzione delle risorse idriche tanto nelle città israeliane quanto negli insediamenti nei Territori palestinesi occupati, condizionando quotidianità, sviluppo e salute delle comunità palestinesi. L’insicurezza idrica in cui vivono i gazawi è testimoniata da tempo e già nel 2018, in un rapporto di Rand Corporation, (tra l’altro Think Thank statunitense finanziato dallo stesso Dipartimento della Difesa) si è affermato come tra le principali cause di mortalità infantile nella Striscia vi erano le malattie causate dall’inquinamento idrico.

La spinta di un giovane gruppo di ricerca chiamato Zenobia il giorno prima della deliberazione ha generato la spinta propulsiva per un’azione concreta.

Dai simbolismi alle azioni concrete

 Impianto di estrazione di minerali nei pressi della colonia di Mishor Adumim. Credits Lorenzo Ianiro

I precursori della mozione, appartenenti alla lista civica territoriale Aurelio in Comune, si erano sollevati in un consiglio municipale della Capitale, nel XIII Municipio, già appena pochi mesi dopo il 7 ottobre 2023, seguiti da Roma Futura e SCE  nei Municipi XV e VIII.  Un gesto che ha fatto seguito a un’inchiesta avviata da un collettivo indipendente, progetto Zenobia, che ha dato i suoi frutti alla fine dell’estate del 2025.

Dopo una spinta del Movimento 5 Stelle a inizio estate che con una mozione urgente che proponeva diverse azioni di solidarietà e scelte operative tra cui l’esposizione della bandiera Palestinese in Campidoglio e la sospensione della collaborazione con le aziende israeliane coinvolte nell’occupazione. Dopo altre pressioni municipali delle tante anime del centro sinistra, astensioni e rinvii, lo scorso 18 settembre dal Campidoglio viene approvata una proposta omnibus a prima firma della capogruppo del PD Baglio che prevede tre operazioni:

Con oggetto. «Mozione Ex. Art. 58 Impegno per la Pace, i diritti umani e la soluzione dei due Stati nel conflitto Israele – Palestina, alla luce delle recenti iniziative ONU della Flotilla e dell’offensiva su Gaza City» si richiede al Sindaco e alla Giunta:

  • Di impegnarsi per il riconoscimento dello Stato Palestinese;
  • L’esposizione della bandiera Palestinese fuori dal Campidoglio;
  • «Ad adottare, infine,» e cito testualmente nelle poche righe che chiudono la mozione «ogni utile iniziativa finalizzata a non dare seguito al Memorandum stipulato nel 2013 tra Acea Spa e Mekorot Water Company Ltd fino al superamento della drammatica crisi».

Per la prima volta la mozione vede tutti e tutte d’accordo con 31 favorevoli e un astenuto di Fratelli D’Italia.

Un’accelerazione che nasce dal basso e fuori le aule del Campidoglio. All’alba dell’approvazione della mozione dove la bandiera sembra aver preso il primo piano nella discussione mediatica, dall’altra parte della città, in una fattoria metropolitana e durante una festa di quartiere promossa dalla lista civica Aurelio in Comune nel XIII municipio, era in corso un dibattito intitolato Roma contro il Genocidio. Due giovani attivisti del collettivo Zenobia presentavano un dossier inedito a testimonianza dell’urgenza della mozione Acea – Mekorot intitolato Colonialismo idrico. Le complicità di Acea con il sistema israeliano di controllo dell’acqua.

Questo documento ora pubblico, frutto di due anni di lavoro dal basso e realizzato sul campo in collaborazione con importanti ONG palestinesi è diventato uno strumento per esortare i Consiglieri Comunali presenti al dibattito, rispettivamente Ferdinando Bonessio di Europa Verde e Alessandro Luparelli di SCE, a compiere un atto politico dai risvolti economici per agire in modo concreto contro l’impunità sionista: chiedere una mozione condivisa per interrompere la collaborazione tra Acea a Mekorot. Lo stesso strumento utilizzato due anni prima dal collettivo per spingere ad approvare analoghe mozioni nei Municipi è così servito a fare pressioni per tradurre la battaglia in Aula Giulio Cesare.

Impianto di estrazione di minerali nei pressi della colonia di Mishor Adumim. Credits Lorenzo Ianiro

Zenobia è un collettivo nato da alcuni under 30 tra i quali Iacopo Smeriglio, portavoce di GazaFreestyle e Lorenzo Ianiro, consigliere del XIII Municipio e attivista per l’area MENA. Il rapporto si basa sul lavoro di inchiesta portato avanti sul campo da Al Haq, la prima ONG palestinese per la difesa dei diritti umani. Con uno status consultivo speciale presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, la ONG, che ogni anno promuove anche una scuola di diritto sul campo aperta a tutti e tutte per dare massima diffusione alle violazioni subite dai civili palestinesi, lo scorso 5 settembre è stata sanzionata dagli Stati Uniti per aver collaborato all’istruzione delle indagini della Corte Penale Internazionale sui crimini di guerra condotti da esponenti del Governo Israeliano. 

Il documento fa leva sui rischi che corre Acea nel collaborare con una società direttamente coinvolta nell’infrastruttura coloniale in Cisgiordania, come dimostra la presenza di esponenti di Mekorot nel think tank deputato alla redazione dell’ultimo Masterplan per l’espansione delle colonie in Cisgiordania nel 2020. Rischi, dunque, etici, reputazionali ma anche legali, vista l’aperta violazione che gli insediamenti illegali rappresentano nei termini del diritto internazionale istituito con la IV Convenzione di Ginevra.

Il logo del progetto Zenobia sulla maglia di un educatore palestinese intento a riparare una cisterna dell’acqua. Credits Lorenzo Ianiro

Un’indagine su cui i due attivisti hanno continuato a dare battaglia negli anni, raccogliendo il testimone dai movimenti per l’acqua pubblica e dal Comitato contro l’accordo Acea-Mekorot sorto nel 2013, contribuendo a portare in Campidoglio la vertenza.

«Nessuna illusione» – dichiarano gli attivisti del progetto Zenobia in un comunicato – «sappiamo che gran parte di questo spazio è dettato da opportunismo legato al consenso, ma, come a Roma, è il caso di coglierne il valore tattico e realizzare avanzamenti che rimarranno effettivi anche quando l’attenzione della politica istituzionale tornerà a concentrarsi altrove. C’è voluto un allineamento fortunato per rompere quel blocco granitico che solitamente si compatta a difesa degli interessi israeliani. La battaglia non è finita, ma l’atto approvato in Assemblea Capitolina è decisivo e dovrà essere fatto rispettare ad Acea, di cui il 51% di quote societarie sono detenute dal Comune di Roma, che ne nomina la maggioranza dei membri del Consiglio di Amministrazione. La partita, dunque, si sposta dentro ad Acea, e può finalmente servirsi di una leva politica importante e vincolante».

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Samyra Musleh

Giornalista ambientale italo-giordana di formazione antropologa e attivista, da anni si occupa di crisi climatica e diritto al cibo. Opera nel direttivo dell’Associazione Nonna Roma ODV dove coordina anche un Polo Civico ai margini della Capitale. Ha scritto un libro per bambini intitolato: E la terra non casca più.

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