Continuano le mobilitazioni in Francia, dove la crisi politica e socioeconomica ha innescato animate proteste da parte dei cittadini, soprattutto contro i tagli alla spesa pubblica proposti dal governo. Ieri centinaia di migliaia di persone hanno partecipato allo sciopero nazionale in tutta la Francia contestando le politiche di austerità e chiedendo l’annullamento dei piani fiscale del precedente governo, l’aumento della spesa pubblica, una tassazione maggiore per le fasce ricche della popolazione e l’annullamento di una modifica che prevede l’estensione degli anni lavorativi per andare in pensione. Giovedì è stata la seconda giornata di ampie proteste negli ultimi dieci giorni, dopo la manifestazione organizzata lo scorso 10 settembre che ha dato vita al movimento “Bloquons tout” (“Blocchiamo tutto”). Insieme alla mobilitazione contro la riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron, quelle attuali sono state le manifestazioni di contestazione più partecipate degli ultimi due anni e si sono svolte in forma prevalentemente pacifica.
Secondo la confederazione di sindacati CGT, alle proteste hanno preso parte un milione di persone, mentre secondo le autorità i partecipanti sarebbero stati circa la metà. I disordini hanno coinvolto anche le città di Nantes, di Rennes e di Lione. Sebbene siano state mobilitazioni prevalentemente pacifiche, si sono verificati alcuni scontri con le forze dell’ordine a margine delle manifestazioni e il ministero dell’Interno ha riferito di 181 persone arrestate, di cui 31 nella capitale. Sono stati circa 80.000 i poliziotti e i gendarmi schierati nel corso della giornata, insieme a unità antisommossa, droni e veicoli blindati. A Parigi, la polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che lanciavano loro lattine di birra e pietre ed è intervenuta anche per impedire che alcuni dimostranti prendessero di mira le banche. Il livello di violenza è stato comunque contenuto rispetto a quanto aveva ipotizzato il ministro dell’Interno Bruno Retailleau, ma l’ira dei francesi è incontenibile: «La rabbia è immensa, così come la determinazione. Il mio messaggio al signor Lecornu oggi è questo: sono le strade a dover decidere il bilancio», ha affermato Sophie Binet, presidente del sindacato CGT.
I settori più colpiti dagli scioperi sono stati quelli dell’istruzione e del trasporto pubblico, ma anche dell’elettricità: secondo il sindacato FSU-SNUipp, un insegnante di scuola primaria su tre era in sciopero in tutto il paese e quasi uno su due ha abbandonato il lavoro a Parigi. I treni regionali, invece, hanno subito interruzioni, mentre la maggior parte delle linee ferroviarie ad alta velocità TGV del Paese è rimasta in funzione. Gran parte delle farmacie è rimasta chiusa e la società energetica EDF ha avvisato di un calo nell’erogazione di energia elettrica di circa 4000 megawatta a causa dello sciopero del personale in alcune centrali del paese. Nei settori dell’elettricità e del gas, dove il sindacato CGT ha indetto uno sciopero dall’inizio di settembre per chiedere salari più alti e tasse sull’energia più basse, il sindacato ha segnalato una «forte mobilitazione». Alcuni manifestanti si sono inoltre radunati per rallentare il traffico su un’autostrada vicino alla città sudorientale di Tolone.
Le proteste si inseriscono in un clima politico caratterizzato da crisi e tensioni parlamentari: la scorsa settimana, l’8 settembre, l’ex primo ministro François Bayrou, è stato sfiduciato dal parlamento proprio a causa del suo piano di bilancio lacrime e sangue, pensato per fare risparmiare alle casse statali quasi 44 miliardi di euro. È proprio l’austerità di Bayrou che ha innescato le ampie proteste degli ultimi giorni. Da parte sua, il nuovo primo ministro voluto da Macron, Sebastien Lecornu, in un post sulla piattaforma X ha promesso di incontrare nuovamente i sindacati «nei prossimi giorni». Questa mattina i dirigenti delle otto principali organizzazioni sindacali francesi si sono incontrati per redigere una dichiarazione congiunta, in base alla quale se Lecornu non fornirà una risposta adeguata alle aspettative dei lavoratori entro il 24 settembre, i sindacati inviteranno nuovamente la popolazione a scendere in piazza e a scioperare. Secondo il quotidiano francese Le Monde, il titolo del comunicato stampa menziona anche l’invio di un “ultimatum” al capo del governo.
Macron e Lecornu si trovano sotto pressione da parte di due fronti opposti tra loro: da un lato, i manifestanti e i partiti di sinistra contrari al taglio della spesa pubblica; dall’altro, la finanza e gli investitori preoccupati dal possibile sforamento del deficit della seconda economia dell’eurozona. La situazione attuale vede la Francia in una crisi politica e sociale senza precedenti, in cui allo scontento popolare si aggiunge la profonda divisione parlamentare: nessuno dei tre partiti principali, infatti, ha la maggioranza.
La crisi della Francia non è però un problema solo nazionale, ma riflette in modo marcato la divisione sociopolitica, la crisi economica e lo scollamento tra governo e cittadini delle nazioni europee. Al momento Lecornu, messo all’angolo dalla collera popolare, ha manifestato la volontà di scendere a compromessi.