mercoledì 17 Settembre 2025

Il ritrovamento di antiche statuette racconta il ruolo della Sardegna nel Mediterraneo antico

Un enigma che ha affascinato gli studiosi per decenni sembra aver finalmente trovato una risposta: la provenienza dei metalli con cui furono realizzati i celebri bronzetti nuragici, ovvero piccole statuette raffiguranti guerrieri, divinità e animali, simbolo della Sardegna dell’età del bronzo, era principalmente la Sardegna stessa, anche se talvolta venivano effettuati miscugli con metalli importati dalla penisola Iberica. È quanto emerge da un nuovo studio condotto da un team internazionale, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista PLOS One. Analizzando 48 bronzetti e tre lingotti di rame provenienti da importanti santuari nuragici con un innovativo approccio chiamato “multi-proxy”, i ricercatori hanno chiarito che non vi fu impiego di rame dal Levante e che lo stagno doveva invece essere importato. «I risultati mostrano che i bronzetti erano realizzati principalmente con rame proveniente dalla Sardegna», spiega Daniel Berger, spiegando che la miscela dei metalli seguiva scelte strategiche.

Nell’età del bronzo la Sardegna era spesso considerata periferica nel panorama mediterraneo, vista più come destinataria di metalli che come produttrice e nodo commerciale. L’ipotesi prevalente attribuiva un ruolo centrale a Cipro e ad altre regioni orientali, ridimensionando l’apporto dell’isola. A complicare il quadro erano le difficoltà nel distinguere le firme isotopiche del rame sardo da quelle iberiche o levantine, oltre all’incertezza sull’uso effettivo delle miniere locali. Il nuovo studio, però, ritiene di aver superato questi limiti con un approccio multi-proxy – cioè l’integrazione di diverse analisi chimiche e isotopiche – che ha combinato isotopi di rame, stagno, piombo e osmio. Quest’ultimo, raramente applicato in archeometallurgia, si è rivelato decisivo per escludere con chiarezza l’uso di metalli provenienti dal Levante, ovvero l’area orientale del Mediterraneo comprendente Israele e Giordania. Le analisi, spiegano gli autori, hanno così permesso di tracciare i flussi di approvvigionamento e di mostrare come le scelte metallurgiche della cultura nuragica fossero più articolate e consapevoli di quanto si pensasse.

Il cuore della ricerca è stato lo studio dei bronzetti provenienti da tre santuari principali: Su Monte di Sorradile, Abini di Teti e Santa Vittoria di Serri. In questi luoghi, veri centri politici e religiosi, le statuette erano offerte votive e simboli identitari. Le analisi hanno mostrato che il rame utilizzato proveniva in gran parte dalle miniere locali del distretto Iglesiente-Sulcis, talvolta mescolato con rame importato dalla Penisola Iberica. Al contrario, altri metalli disponibili sull’isola, come stagno e piombo, non furono impiegati: lo stagno necessario per la lega bronzea era importato, probabilmente dalla Penisola Iberica, mentre il piombo locale non venne utilizzato. Secondo i ricercatori, il metallo lavorato nei diversi santuari mostra firme chimiche molto simili, segno di una strategia comune nella produzione. «I metodi archeologici costituiscono una solida base che i più recenti metodi scientifici possono perfezionare e spiegare. Questo porrà fine a vecchie discussioni. Nel nostro caso, le più recenti conoscenze geochimiche indicano l’origine del metallo in specifiche aree geografiche e in determinate miniere. In diversi casi è anche possibile tracciare una miscela strategica di rame di origini diverse, presumibilmente per ottenere determinati effetti come il colore e la resistenza del prodotto», commenta Helle Vandkilde, che ha coordinato lo studio. L’indagine suggerisce inoltre legami con l’Europa settentrionale: «Grazie alle nuove conoscenze sulla provenienza del metallo siamo un passo più vicini a mappare i collegamenti tra Sardegna e Scandinavia», conclude Heide Wrobel Nørgaard.

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Roberto Demaio

Laureato al Dipartimento di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia e giornalista iscritto all'Ordine. È tra i più giovani in Italia con tale doppio titolo. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

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