giovedì 11 Settembre 2025

Un’imbarcazione della Global Sumud Flotilla è stata attaccata da un drone

Intorno alle 23.30 di ieri sera, lunedì 8 settembre (mezzanotte e mezza in Italia), la Family Boat, una delle imbarcazioni principali della Global Sumud Flotilla, è stata attaccata da un drone mentre si trovava nel porto di Tunisi. L’equipaggio dell’imbarcazione, che batte bandiera portoghese, è in salvo, ma il mezzo ha registrato diversi danni. Le autorità tunisine hanno in un primo momento categoricamente escluso che si trattasse di un attacco con droni, parlando di un malfunzionamento a bordo, ma le dichiarazioni sono state subito smentite dalle immagini delle telecamere di sicurezza diffuse dall’equipaggio della flotta. Per questi ultimi, non vi è dubbio che dietro le operazioni vi sia Israele.

A bordo della Family Boat si trovano i membri del Comitato Direttivo della missione, come Greta Thunberg, Ysemin Acar e Thiago Avila. Il ministro dell’Interno tunisino, citato dai media, ha subito dichiarato che le ipotesi di un attacco con droni non avessero «alcuna base veritiera», tuttavia i video mostrano chiaramente un oggetto infuocato cadere sul lato dell’imbarcazione principale. In un video diffuso da Francesca Albanese, presente sul luogo perchè residente a Tunisi, si sente distintamente il ronzio di quello che potrebbe essere a tutti gli effetti un drone, poco prima che le fiamme si sviluppassero sul lato dell’imbarcazione. «Sono qui in qualità di esperto indipendente e quello che ho trovato è molto shock, perchè a quanto pare la nave principale della Flotilla è stata attaccata da un drone. Ovviamente dovrà tutto essere verificato, ma c’è una storia di attacchi alla Flotilla da parte di Israele» ha dichiarato Albanese. «Se verrà confermato che si tratta di un attacco con droni, allora si tratterebbe di una aggressione contro la Tunisia e la sua sovranità. Si tratta di un comportamento che non possiamo continuare a tollerare e a normalizzare». In passato, infatti, Israele aveva già attaccato con droni e dirottato un’imbarcazione della Freedom Flotilla che tentava di arrivare a Gaza per portare aiuti umanitari, per poi sequestrarne l’equipaggio e trattenerne illegalmente alcuni membri in prigione per alcuni giorni.

«Lo abbiamo detto molte volte: azioni di questo tipo non ci fermeranno» ha dichiarato Saif Abukeshek, attivista palestinese imbarcato con la missione, già tra gli organizzatori della Global March to Gaza, «finchè l’equipaggio è al sicuro, continueremo a cercare di rompere l’assedio a Gaza». La Global Sumud Flotilla è una missione civile composta da decine di imbarcazioni provenienti da oltre 40 Paesi, che intende arrivare a Gaza per portare tonnellate di aiuti umanitari alla popolazione e rompere l’assedio di Israele, che da due anni sta portando avanti un genocidio.

Sono pochi i governi e le istituzioni che si sono pronunciati per dichiarare apertamente la protezione dei civili salpati con la flotta. E tra tutti, la Commissione UE ha fatto sapere in maniera chiara ed esplicita che «non incoraggiamo la Flotilla e le azioni di questo genere», in quanto rischiano di «portare a un’escalation» oltre a mettere a rischio la vita delle persone che si trovano sulle imbarcazioni (anche se «questo non significa che gli attacchi alla Flotilla siano giustificati»). La miglior maniera per consegnare gli aiuti umanitari, ha dichiarato Eva Hrncirova, portavoce della Commissione, è dunque «attraverso i nostri canali istituzionali». La risposta da parte dei membri della missione non si è fatta attendere: «ci spiace che un’istituzione che dovrebbe rappresentare tutti noi europei non faccia altro che ripetere le posizioni di sempre, senza riuscire ad andare oltre il perimetro politico dell’inconsistenza», riporta un comunicato. Il suggerimento di fare affidamento ad altri canali, già avanzato nei giorni scorsi dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, viene duramente criticato: «la Hrnicirova ha dichiarato che stanno cercando di aumentare il numero di camion che entrano a Gaza, ma dovrebbe essere a conoscenza del fatto che se prima del 7 ottobre ogni giorno entravano a Gaza 500 camion di aiuti (circa 15 mila al mese), da inizio anno ad oggi ne sono entrati circa 1.400 in totale, nessun camion tra marzo e maggio, da quando Israele ha impunemente violato il cessate il fuoco».

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.

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