Il Tribunale di Trento con un’ordinanza sconfessa il decreto sicurezza, che considera come uno stupefacente l’infiorescenza di canapa industriale a prescindere dai livelli di THC contenuti. Le associazioni Canapa Sativa Italia e Imprenditori Canapa Italia, che da anni si battono per la filiera della canapa industriale e per l’utilizzo di tutta la pianta, avevano fatto ricorso al tribunale, affidandosi agli avvocati Giacomo Bulleri e Giuseppe Libutti, per chiedere la disapplicazione dell’emendamento canapa contenuto proprio nel decreto approvato lo scorso aprile, perché sarebbe in contrasto con il diritto europeo. Secondo l’ordinanza del giudice la misura restrittiva «deve essere giustificata alla luce dell’obiettivo di sanità pubblica perseguito e risultare proporzionata ai rischi per la salute connessi alle sostanze vietate», ma «allo stato dei dati scientifici il consumo di THC inferiore allo 0,3% (che è la soglia per la commercializzazione prevista dall’Unione europea, nda) non crea rischi per la salute pubblica tali da giustificare un divieto generale e assoluto della loro commercializzazione».
I punti principali dell’ordinanza
Il ricorso è stato respinto per ragioni tecniche: il giudice può pronunciarsi solo su casi concreti e non sulla norma in astratto. In questo caso, però, nessuna delle due associazioni era coinvolta in procedimenti penali o amministrativi. Inoltre, sempre secondo il giudice, la norma contestata non può essere sospesa in via cautelare, perché di portata troppo generale e astratta nell’ambito degli stupefacenti, e quindi irricevibile.
Nella ordinanza, però, il giudice stesso mette dei punti fermi che è impossibile ignorare. Innanzitutto si rifà al diritto europeo, secondo il quale non si possono prevedere divieti per parti specifiche dalla pianta se non giustificati e proporzionati. E poi ha ricordato anche la sentenza della Cassazione del 2019, che aveva stabilito che l’azione penale non può colpire prodotti privi di efficacia drogante, come quelli con THC sotto lo 0,6%, la percentuale prevista dalla legge italiana per le piante in fase di coltivazione. Infine si rifà anche a due sentenze del Tar del 2023 che per la prima volta avevano messo nero su bianco che non si possono limitare gli usi della canapa ad alcune parti per un generico principio precauzionale che va invece motivato con dati scientifici.
Il parere dell’avvocato
Secondo l’avvocato Giacomo Bulleri: «Da un alto il giudice dimostra di aver colto le ragioni del ricorso che riguardano il contrasto alla normativa comunitaria. Poi ritiene “non persuasive”, scrive proprio così, le argomentazioni dello Stato con cui resisteva al ricorso e infine rafforza il concetto di efficacia drogante secondo il principio di offensività: cioè è la cosiddetta “efficacia drogante” il discrimine per valutare se la condotta è reato o meno».
«È un’ordinanza – continua l’avvocato – che ci fa ben sperare in vista della sentenza definitiva e siamo contenti perché è la prima pronuncia di un giudice civile sulla questione, che dimostra di aver colto – pur nei limiti di questa fase – i termini della questione nella direzione di una corretta interpretazione».
Intanto l’udienza di merito al tribunale di Trento è fissata per dicembre, e poi arriverà la sentenza che potrebbe portare alla disapplicazione dell’emendamento, o alla rimessione alla Corte di Giustizia Europea o in subordine alla Corte Costituzionale.
La nuova PAC europea
Ma non è tutto. Perché nel frattempo la Commissione Agricoltura dell’Unione europea ha approvato l’emendamento alla PAC, la Politica Agricola Comune, che era stato proposto dall’europarlamentare Cristina Guarda di AVS, Renew, e The Left e renderebbe legale in tutta Europa la coltivazione, raccolta, trasformazione e commercializzazione dell’intera pianta di canapa. «Ora ci sono altri passaggi per l’approvazione definitiva, però secondo me le tempistiche di questo procedimento si sovrapporranno a quelle del tribunale, portandoci ad avere una norma europea vincolante per gli Stati membri», conclude Bulleri.