Il Nepal è nel caos. Tra ieri e oggi, martedì 9 settembre, le maggiori città del Paese, sono state teatro di violente proteste guidate da studenti e giovani nepalesi. Le “proteste della Gen Z”, così sono state soprannominate dai media, sono scoppiate a causa di un blocco dei social imposto dall’esecutivo, ma si sono rapidamente convertite in una critica generalizzata alla corruzione del governo. In meno di 48 ore, i giovani nepalesi hanno invaso le strade del Paese, dato fuoco a case di parlamentari, attaccato fisicamente i ministri, incendiato l’edificio del parlamento e costretto diversi funzionari governativi a dimettersi o fuggire; nel corso delle proteste non sono mancati neanche gli scontri con la polizia, che hanno portato ad almeno 22 morti.
Le proteste in Nepal sono esplose dopo che il governo ha imposto un blocco generalizzato di 26 portali social tra cui giganti quali Facebook, Instagram e YouTube. Formalmente, la misura è arrivata per adeguare il Paese a una nuova legge, che impone la registrazione obbligatoria dei siti web presso il ministero delle Comunicazioni. Le autorità hanno giustificato la propria scelta sostenendo che fosse necessaria per contrastare l’odio online, la criminalità e la diffusione di notizie false, tuttavia molti cittadini hanno interpretato la decisione come una grave limitazione della libertà di espressione.
In seguito alla decisione del governo i giovani nepalesi sono scesi in piazza in tutte le maggiori città del Paese. Nel distretto di Siraha e in quello di Gandaki, i manifestanti hanno appiccato il fuoco contro un edificio amministrativo; incendi e vandalismo sono stati protagonisti anche a Dang, Birgunj, e Rupandehi, località in cui le autorità hanno imposto un coprifuoco, ignorato dai manifestanti. A Bhairahawa, i giovani hanno assaltato l’aeroporto, appiccando incendi nella struttura; anche l’aeroporto della capitale è stato attaccato, ed è stato chiuso per timore che il troppo fumo ostruisse i voli. A Mahottari, le proteste sono arrivate in una prigione, dove 500 manifestanti hanno fatto irruzione nella struttura armati di bastoni e coltelli, facendo evadere 572 detenuti; proteste anche presso il carcere di Lalitpur. I manifestanti sono arrivati anche a Siddharthanagar, Jaleshwar, e in generale in quasi tutte le province nepalesi.
L’area più colpita dalle proteste risulta la capitale Kathmandu. Qui, i manifestanti hanno dato fuoco al Parlamento e ad almeno una abitazione di un ministro. I manifestanti avrebbero inseguito e catturato il ministro delle Finanze, spogliandolo e gettandolo in un fiume. Il ministro per l’abitazione si è dimesso e con lui, riportano i media del Paese, altri funzionari governativi. Tra questi dovrebbe figurare anche il premier Khadga Prasad Sharma Oli; Oli è anche il leader del Partito Comunista del Nepal, e nonostante sia diventato premier l’anno scorso, è in politica da diverso tempo, tanto che aveva già ricoperto la carica tra il 2015 e il 2016 e tra il 2018 e il 2021. Nelle ultime 48 ore, la protesta è arrivata a contestare proprio le cariche politiche del Paese, giudicate corrotte e troppo legate al potere; in generale, il movimento dei giovani è finito a chiedere le dimissioni del governo e il rinnovamento della classe politica del nepalese.
Questo è quello che sarebbe dovuto succedere in Italia da qualche anno almeno, ma si sa, in Italia Franza o Spagna basta che se magna.
…il’ motivo non torba
mi sa ci sia lo zampino degli innominati
Hanno appiccicato fuochi, hanno sparato. Mi sembra difficile pensare che non siano stati supportati ed aizzati dall’Occidente
Dare fuoco alle case dei Parlamentari, quando mai in Italia il popolo raggiungerà pari capacità critica?