martedì 2 Settembre 2025

“Non in nostro nome”: oltre mille ebrei ungheresi denunciano il massacro israeliano

Oltre mille ebrei ungheresi hanno una lanciato una lettera aperta per denunciare il massacro di Israele in Palestina. La lettera è stata inizialmente firmata da 300 persone, per poi venire pubblicata e resa aperta a tutti. Essa intende colmare il vuoto nel dibattito pubblico ungherese, e fornire una posizione diversa da quella sostenuta dal presidente Orbán, fortemente schierato dalla parte di Israele. In Ungheria, «le manifestazioni vengono vietate, le opinioni delle organizzazioni internazionali ignorate, la stampa indipendente attaccata», si legge nella lettera. In questo contesto, continua, le voci critiche nei confronti dello Stato ebraico vengono silenziate e tacciate di antisemitismo. «Non si può continuare così». L’iniziativa ungherese si colloca all’interno di una sempre più vasta presa di coscienza da parte delle comunità ebraiche del mondo, che intendono criticare le aggressioni israeliane in Palestina e mostrare solidarietà alla popolazione araba.

La lettera degli ebrei ungheresi prova a proporre un’alternativa alle posizioni espresse dalle autorità del Paese e dai rappresentanti della comunità ebraica ungheresi. Nei suoi contenuti esprime solidarietà nei confronti di tutte le persone coinvolte nel conflitto in Palestina e critica i massacri condotti dall’esercito israeliano e le posizioni espresse dall’attuale esecutivo, prendendovi le distanze. L’Ungheria, si legge nella lettera, vieta manifestazioni per la pace, ignora i rapporti delle organizzazioni umanitarie, attacca chi racconta i massacri israeliani in Palestina, ed è solidamente schierata a favore di Netanyahu. Il Paese, ricorda la lettera, si è ritirato dalla Corte Penale Internazionale per permettere al premier israeliano di entrare nel Paese, ed è privo di piattaforme impegnate a creare un dibattito reale sulla questione palestinese. «Inoltre, negli ultimi mesi, hanno attivamente rifiutato gli inviti di personalità ebraiche che non rappresentano la posizione del governo estremista israeliano».

I firmatari intendono cambiare la narrazione dominante all’interno del Paese e mostrare solidarietà alla popolazione palestinese. «Criticare le azioni del governo israeliano in un dato momento non equivale ad antisemitismo, ma è un valore e un interesse democratico». Paradossalmente, si legge, è proprio questa sovrapposizione tra le critiche a Israele e l’odio verso gli ebrei che «contribuisce alla crescita dell’antisemitismo». Il contenuto della lettera cerca di porsi in una posizione mediana ed evita di usare parole come “genocidio” e “apartheid”. Una delle promotrici ha spiegato che la scelta di non usare tali termini è voluta, proprio perché l’iniziativa è stata pensata per aprire le porte a una posizione diversa da quella che sembra l’unica presente nel Paese. Malgrado i toni edulcorati della lettera, i suoi firmatari hanno scatenato un’ondata di sdegno in tutti i principali canali mediatici del Paese e sono stati attaccati e definiti “sostenitori di Hamas”. «La tempesta di critiche che abbiamo scatenato dimostra che c’era davvero bisogno di questa voce, che fino ad ora non c’era stata, almeno pubblicamente», ha affermato l’attivista.

L’iniziativa degli ebrei ungheresi è una delle tante che interessa le varie comunità ebraiche del mondo, che negli ultimi mesi stanno prendendo sempre più piede. In Israele, Standing Together, movimento di base che riunisce nella lotta contro l’occupazione militare dei territori palestinesi e la discriminazione razziale le comunità araba e ebrea, ha organizzato diverse marce per la pace; dopo le critiche a Francesca Albanese, diversi gruppi ebraici hanno sottoscritto una dichiarazione condivisa in cui prendono una posizione netta a difesa dell’esperta, contestando l’uso strumentale delle critiche per “antisemitismo” che le vengono rivolte. All’interno della società israeliana ci sono inoltre politici che parlano apertamente di genocidio, come Ofer Cassif, da tempo attivo per i diritti del popolo palestinese, che è stato silenziato più volte per avere criticato i massacri israeliani in Palestina.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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