martedì 2 Settembre 2025

Come una lunghissima siccità contribuì all’estinzione della civiltà Maya

Una siccità durata 13 anni, accompagnata da altre otto più brevi ma comunque devastanti, avrebbe contribuito significativamente al crollo della civiltà Maya classica: è quanto emerge da un nuovo studio condotto da un team internazionale guidato dall’Università di Cambridge, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista Science Advances. Analizzando gli isotopi di ossigeno presenti negli strati di una stalagmite in una grotta dello Yucatán, i ricercatori sono riusciti a ricostruire con precisione il livello delle piogge tra l’871 e il 1021 d.C., durante il cosiddetto “Classico Terminale”. Proprio in quegli anni, spiegano, le grandi città in pietra calcarea furono progressivamente abbandonate e le dinastie al potere si estinsero: «Sono state formulate diverse teorie sulle cause del collasso, come guerre, cambiamenti commerciali o siccità», spiega l’autore principale Daniel H. James, aggiungendo che i nuovi dati climatici offrono finalmente un quadro più chiaro: le siccità stagionali ricostruite coincidono proprio con l’interruzione della costruzione di monumenti e con un profondo declino socio-politico.

La civiltà Maya si sviluppò in un ambiente difficile e fortemente dipendente dall’acqua piovana. Le città, spiegano gli esperti, erano prive di grandi fiumi e si basavano su complessi sistemi di raccolta, come cisterne e bacini artificiali. Già dagli anni ’90 gli archeologi avevano iniziato a confrontare le iscrizioni sulle stele — grandi monumenti in pietra che riportavano date e eventi — con i dati climatici ricavati dai sedimenti dei laghi, scoprendo che i periodi di crisi coincidevano con fasi di siccità. Tuttavia, queste analisi erano limitate, in quanto i sedimenti non permettevano di distinguere con precisione le stagioni umide da quelle secche. Le stalagmiti, invece, offrirebbero una sorta di “archivio naturale” annuale, dove ogni strato conserva l’impronta chimica della quantità di pioggia caduta. Attraverso la misura degli isotopi di ossigeno — cioè atomi con differente peso che variano in base all’acqua disponibile — risulta quindi possibile ricostruire la durata e l’intensità delle siccità, e quindi collegarle direttamente al successo o al fallimento dei raccolti di mais, alimento principale dei Maya.

In particolare, secondo i dati estratti dalla stalagmite denominata Tzab06-1, tra l’871 e il 1021 d.C. si verificarono otto periodi di siccità durante la stagione delle piogge, ciascuno della durata di almeno tre anni. Il più lungo, tra il 929 e il 942, si protrasse per tredici anni consecutivi. Anche le più avanzate tecniche di gestione delle acque adottate dai Maya non avrebbero potuto fronteggiare un evento così estremo, spiegano gli scienziati, aggiungendo che ci furono conseguenze drammatiche sia per la produzione agricola sia per la stabilità politica. Non sorprende, quindi, che in coincidenza con queste fasi di crisi le iscrizioni sui monumenti di siti come Chichén Itzá si siano interrotte bruscamente: «È probabile che in quei momenti i Maya avessero questioni più urgenti di cui occuparsi rispetto alla costruzione di stele», osserva James, riferendosi alla necessità di garantire la sopravvivenza delle coltivazioni. La ricerca, inoltre, dimostrerebbe che i dati climatici contenuti nelle stalagmiti non solo coincidono con le evidenze archeologiche, ma offrono anche una cronologia dettagliata delle interazioni fra clima e società. Come sottolineano gli autori, queste impronte naturali potrebbero in futuro rivelare non solo la frequenza delle siccità, ma anche la portata delle tempeste tropicali, arricchendo ulteriormente la nostra comprensione di un collasso che continua ad affascinare studiosi e storici da secoli.

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Roberto Demaio

Laureato al Dipartimento di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia e giornalista iscritto all'Ordine. È tra i più giovani in Italia con tale doppio titolo. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

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