Basta un investimento anche minimo da parte di un cittadino appartenente alla fascia di reddito più alta per alterare radicalmente gli equilibri urbani: è quanto emerge dal primo modello matematico dedicato a flussi e dinamiche della gentrificazione urbana, realizzato da Luca Pappalardo del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e Giovanni Mauro della Scuola normale superiore di Pisa, in collaborazione con le università di Bari e Oxford. Lo studio, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Advances in Complex Systems, è stato realizzato grazie a simulazioni che hanno riprodotto i movimenti di individui appartenenti a tre fasce di reddito, e ha mostrato come anche piccole disuguaglianze economiche possano innescare trasformazioni sociali profonde nei quartieri cittadini. «Il nostro modello ci dice che anche solo una piccola diseguaglianza economica è sufficiente per far emergere dinamiche di esclusione e sostituzione sociale», spiega Mauro, aggiungendo che la ricerca segna un cambio di prospettiva rispetto agli studi precedenti, finora basati su dati aggregati e incapaci di cogliere i segnali iniziali del fenomeno.
La gentrificazione è un fenomeno sociale ed economico che riguarda la trasformazione di quartieri originariamente popolari in aree di pregio, spesso accompagnata dall’espulsione progressiva dei residenti meno abbienti. Il termine deriva dall’inglese “gentry”, usato per indicare la piccola nobiltà, e richiama l’idea di un processo di sostituzione sociale. Finora, spiegano gli autori, gli studi sul tema si basavano prevalentemente su dati aggregati come i censimenti, disponibili solo a distanza di anni, e risultavano perciò limitati nella capacità di cogliere le dinamiche iniziali e i segnali precoci di cambiamento. Inoltre, c’era un altro limite: i modelli economici utilizzati tendevano a ridurre il fenomeno a meri equilibri di mercato, trascurando le spinte sociali e gli effetti di rete che guidano i movimenti delle persone. Per questo motivo, quindi, il nuovo approccio matematico rappresenterebbe un cambio di prospettiva: non fotografa soltanto dove vivono i diversi gruppi sociali, ma segue i loro spostamenti nel tempo, mostrando come piccole disuguaglianze possano innescare trasformazioni radicali.
In particolare, il modello sviluppato dai ricercatori italiani insieme ai colleghi internazionali, ha simulato una città popolata da individui suddivisi in tre fasce di reddito (basso, medio e alto) i quali si muovevano secondo regole intuitive: chi ha un reddito basso cerca case accessibili, chi ha un reddito medio tende a vivere accanto ai suoi pari, mentre i più ricchi si insediano nelle zone in trasformazione, spesso investendo nel quartiere. Da questo intreccio, poi, sono emerse dinamiche spontanee che riproducono fedelmente la gentrificazione reale. «Quando entra in gioco anche solo un cittadino del gruppo più ricco, si innesca un circolo vizioso che spinge tutti gli altri ad andarsene, anche quelli che potrebbero permettersi di restare», osserva Pappalardo, aggiungendo che le simulazioni hanno mostrato che la presenza di quel 5% di popolazione con reddito molto elevato è sufficiente per avviare il processo, indipendentemente dalla configurazione iniziale del quartiere. L’analogia usata dai ricercatori è quella tra uno stop motion e un video: i modelli basati su censimenti forniscono scatti fissi, mentre questo nuovo approccio consente di osservare il flusso continuo dei movimenti. Il lavoro, già premiato in conferenze internazionali, aprirebbe anche la strada a strumenti predittivi che potranno aiutare pianificatori e amministrazioni a intervenire in anticipo: «Riconoscere la trasformazione quando ancora è in corso permetterà di gestirla meglio, minimizzandone l’impatto ed evitando i casi estremi di esclusione», conclude Pappalardo, aggiungendo che il team sta già collaborando con alcune realtà europee – tra cui la città di Barcellona e istituzioni in Danimarca e Svezia – per applicare il modello a dati reali e testarne l’efficacia sul campo.