giovedì 21 Agosto 2025

A Milano è stato sgomberato il centro sociale Leoncavallo

“Il prefetto Piantedosi l’aveva promesso alla destra: il centro sociale più famoso d’Italia deve scomparire. I simboli fanno paura, la storia ancora di più. Lanciamo un presidio e un’assemblea pubblica oggi alle ore 18.00 in via Watteau. Ora decide Milano!”. È il messaggio lanciato via social dallo spazio pubblico e autogestito del Leoncavallo, da questa mattina sotto sgombero da parte delle forze dell’ordine, che ricorda l’annuncio dell’oggi ministro dell’Interno Piantedosi, quando era ancora un prefetto. Il Leoncavallo identificato come simbolo da abbattere nella Milano in mano ai palazzinari, un luogo pubblico di cultura e alternative che non può essere accettato nella città della speculazione edilizia per eccellenza, dove conta solo il profitto.

Anche le tempistiche non sembrano essere casuali: l’ufficiale giudiziario era atteso il prossimo 9 settembre per il 133esimo tentativo di sfratto. Ma sono stati anticipati i tempi, proprio in questa estate del 2025, che ha visto la Procura di Milano aprire un’inchiesta pesantissima sul cosiddetto “sistema” di speculazione edilizia, che sarebbe stato favorito da scorciatoie procedurali, appalti pilotati e processi decisionali deviati nella gestione urbanistica del Comune. Tra gli indagati figurano figure di primo piano, tra cui il sindaco Giuseppe Sala, l’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi, l’immobiliarista Manfredi Catella (Coima), l’ex presidente della Commissione Paesaggio Giuseppe Marinoni, l’architetto Stefano Boeri e altri professionisti. Ad aggiungere ulteriore pressione sulla situazione, manco a dirlo, sono i soldi. La Corte d’appello civile di Milano, il 9  ottobre  2024, ha stabilito che fosse il ministero dell’Interno a dover risarcire i proprietari dell’immobile, la società L’Orologio srl (gruppo Cabassi), di circa 3 milioni di euro per il mancato sgombero del centro sociale. Successivamente, lo stesso Ministero chiede all’associazione identificata come responsabile dell’occupazione (Le Mamme Antifasciste del Leoncavallo) di rimborsare la somma. In pratica: lo Stato paga, ma poi pretende che l’associazione ricopra quell’importo, in un ribaltamento paradossale di responsabilità.

Mentre lo sgombero è in atto, la destra al governo esulta. “Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!”, scrive il segretario della Lega Matteo Salvini sui social, al quale fa eco proprio Piantedosi: “Il Governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili, tra alloggi di edilizia residenziale pubblica ed edifici di particolare rilievo. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti”.
La domanda delle domande, che corre sulla bocca di tutti, è soltanto una: perché se la linea del governo è quella della “tolleranza zero verso le occupazioni abusive” non si riserva lo stesso trattamento a Casa Pound? E non se lo chiedono solo gli “antagonisti” dei centri sociali, ma anche un ex ministro di Forza Italia come Elio Vito, che sui social si domanda: “A Milano è stato sgomberato lo storico centro sociale del Leoncavallo. Adesso toccherà a Casapound, vero?”.

Perché il Leoncavallo non è solo un edificio, non sono solo muri di cemento da sottrarre alla cittadinanza attiva per essere restituiti al mercato immobiliare della città dove uno studente fa fatica a trovare una stanza in cui alloggiare e famiglie con due stipendi non arrivano alla fine del mese: è un simbolo che va abbattuto. A 50 anni dalla nascita di quello che è il centro sociale più conosciuto e attivo d’Italia – 31 se si considera lo spostamento nell’attuale sede – molti non possono dimenticare l’omicidio di Fausto e Iaio (Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci) entrambi 18enni, che furono ammazzati per il loro impegno in un’inchiesta sul traffico di eroina nel quartiere. L’assassinio, un agguato in piena regola, avvenne il 18 marzo del 1978 quando i due ragazzi furono freddati con 8 colpi di pistola da un killer che ancora oggi rimane senza nome e senza volto, così come i mandanti. Subito dopo l’omicidio nacque un forte impegno contro la diffusione delle droghe nel quartiere. In particolare, il gruppo Mamme del Leoncavallo – composto dalle madri dei due ragazzi insieme ad altre donne attive nel centro – si costituì fin da subito, poi formalizzandosi come associazione onlus nel 1992, con lo scopo di difendere il centro, mantenere viva l’attenzione sull’omicidio e contrastare lo spaccio di eroina. Non sono bastati 50 anni di servizi sociali (asilo e scuola materna autogestite, scuola e doposcuola popolare, mensa, consultorio, sportello sanitario gratuito), formazione e cultura (radio, concerti, festival e dibattiti, case delle donne, biblioteca e laboratori artistici, sportello migranti) messi a disposizione della comunità, e oggi, dopo la proposta del Comune di Milano di un possibile trasferimento delle attività in via San Dionigi, stiamo assistendo all’ennesimo atto di forza, che rappresenta una sconfitta per tutti.

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Mario Catania

Giornalista professionista freelance, specializzato in cannabis, ambiente e sostenibilità, alterna la scrittura a lunghe camminate nella natura.

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