Tre ricorsi già sul tavolo della Corte Costituzionale e almeno un quarto in attesa di essere trasmesso: da Pordenone a Siena, passando per Macerata e Udine, diversi tribunali italiani stanno mettendo in discussione una delle norme più controverse del nuovo Codice della Strada. La principale novità introdotta dalla riforma fortemente voluta dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini riguarda il fatto che non sia più necessario provare che il conducente sia sotto effetto di stupefacenti, perché basta la positività per rischiare fino a un anno di carcere, una multa fino a 6mila euro, la sospensione della patente da uno a due anni e la confisca del veicolo.
Un’impostazione che ha fatto storcere il naso a giuristi, avvocati, politici, medici e farmacisti, che sottolineavano l’assurdità di questa norma, ancor di più nei confronti di pazienti che assumono farmaci a basi sostanze psicoattive, per i quali, dopo mesi di incertezza, è stato aperto un tavolo tecnico alla ricerca di soluzioni concrete.
Il motivo è semplice: gli stupefacenti in generale, così come i farmaci a base di sostanze psicotrope (cannabis, oppioidi e benzodiazepine), rimangono in circolo nel nostro corpo per diverso tempo, anche per giorni, con il rischio di ritirare la patente a persone che durante la guida sono perfettamente lucide, ma magari hanno fumato una canna giorni prima.
La procedura prevede che le forze dell’ordine possano eseguire un test salivare al conducente del veicolo: nel caso di positività scattano le sanzioni e il campione viene inviato in laboratorio per la conferma. Ma diversi studi scientifici hanno evidenziato che il THC, principio psicoattivo della cannabis, resta in circolo nella saliva anche per giorni, a seconda della dose assunta, della frequenza d’utilizzo e del metabolismo della persona. Secondo le più recenti ricerche scientifiche, dopo aver fumato una singola canna, il THC può rimanere nella saliva per una media di 34 ore, e le cose cambiano nel caso di un consumatore frequente, la cui saliva – secondo un altro studio scientifico – sarebbe positiva al test anche per 8 giorni.
E le preoccupazioni espresse dalla società civile, sono state condivise anche dai giudici. Una sentenza della Cassazione di gennaio 2025, che fa dunque riferimento all’ordinamento precedente, mette comunque nero su bianco che: «A rilevare non è la condotta di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato di alterazione psicofisica determinato da tale assunzione».
Non solo, perché dall’entrata in vigore della legge a oggi sono almeno quattro i ricorsi presentati alla Corte Costituzionale, tre dei quali sono stati fatti direttamente dai giudici. Il primo caso in cui è stata sollevata la legittimità costituzionale è quello di Elena Tuniz, una storia che abbiamo raccontato su L’Indipendente, con l’associazione Meglio Legale che ha assistito la ragazza durante il procedimento, presentando un ricorso presso il Giudice di Pace di Udine. Ad aprile, invece, è stato il gip del Tribunale di Pordenone a rimandare direttamente la questione alla Corte Costituzionale perché riteneva che la nuova norma contrasti con i principi sanciti da vari articoli della Costituzione: eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità; tassatività, determinatezza e offensività; finalità rieducativa della pena. Il giudice mette in discussione il cardine della legge, e cioè il fatto che non sia più necessario essere alterato alla guida per vedersi sanzionati perché è sufficiente la positività. È la norma che aveva portato Salvini a dichiarare tronfio in una conferenza stampa che «lucido sì, o lucido no, io ti tolgo la patente», ma è anche quella che rischia di far saltare tutta la legge.
Il gip di Macerata, in un altro ricorso, si è concentrato su un diverso aspetto e cioè che se la legge punisce «chiunque guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope», bisognerebbe perlomeno specificare il lasso temporale a cui quel «dopo» fa riferimento, altrimenti, scrive il gip, se uno assume stupefacenti a 18 anni e si mettesse alla guida a 60, sarebbe punibile. Nell’ennesimo ricorso, questa volta effettuato dal gip di Siena, viene scritto che l’unico modo per superare questo impasse, sarebbe quello di ripristinare l’accertamento dello stato di alterazione psico-fisica, che è poi quello che ha tentato di fare il governo con una circolare di aprile emanata dal ministero dell’Interno e della Salute, che di fatto sconfessa la linea di Salvini.
Nella circolare infatti viene scritto in modo chiaro che: «Occorre provare che la sostanza stupefacente o psicotropa sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida». Una locuzione complessa per dire una cosa semplice: occorre un collegamento temporale tra assunzione e guida, che è quello che sostengono tutti i detrattori della legge. Il problema? La circolare non ha valore di legge, e quindi servirebbe un intervento a livello legislativo.