Con un decreto firmato il 5 agosto, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha nominato i nuovi componenti del Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (NITAG), che dovrebbe supportare le politiche vaccinali nazionali con raccomandazioni basate su evidenze scientifiche e valutazioni indipendenti. L’incarico di vertice passa a Roberto Parrella, presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. Riguardo ai ventidue membri del Comitato, a far discutere sono due nomi in particolare, che segnano una novità rispetto al passato, avendo difeso posizioni critiche nei confronti dei vaccini, compresi quelli contro il Covid. I due profili che hanno innescato un’aspra polemica sono quelli di Paolo Bellavite, ex docente di Patologia Generale all’università di Verona e di Eugenio Serravalle, specialista in Pediatria preventiva e Neonatologia, presidente dell’associazione dell’Associazione di studi e informazione sulla salute (Assis). Con attacchi durissimi, sia di colleghi che a mezzo stampa, sulla presenza di due “no vax” nel Comitato, mentre nessuna eco hanno avuto altre nomine che mostrano come Schillaci abbia aperto le porte del NITAG a esponenti che sono diretta espressione dell’industria farmaceutica.
La cornice mediatica, costruita chirurgicamente, ha innescato una sorta di macchina del fango: le opinioni dei due medici vengono presentate come “antiscientifiche”, mentre il racconto punta tutto sull’indignazione, la levata di scudi dell’opposizione e la reazione stizzita della “comunità scientifica”. Tra etichette diffamatorie di “no vax” e “terrapiattisti”, petizioni lampo e pressioni su Schillaci per spingerlo a revocare le nomine e le dimissioni di Francesca Russo, dirigente del Veneto, con un ultimatum al ministro: “O loro o me”. Una sorta di maccartismo, in cui il confronto si trasforma in tribunale virtuale e il dibattito scientifico in una gogna pubblica. Ironia della sorte, il prestigio scientifico di Bellavite, misurato internazionalmente attraverso il suo punteggio H-Index (l’indice che classifica i ricercatori in base alle pubblicazioni effettuate e alle citazioni dei loro lavori scientifici), che è di 51, è nettamente superiore a quello di diverse virostar come Roberto Burioni (fermo a 38) e Fabrizio Pregliasco (che ha 29 punti). Tuttavia, invece di analizzare il merito della produzione scientifica di Bellavite, è stata suonata la tromba dell’ennesima caccia alle streghe, con titoli a effetto che tuonano in merito al rischio dell’insinuarsi strisciante delle “pseudoscienze nelle istituzioni”, e articoli del calibro: “Schillaci senza vergogna nomina gli idoli dei no-vax nel comitato per le politiche vaccinali” (Il Domani).
A guidare le proteste è il Patto Trasversale per la Scienza, promosso da Guido Silvestri e Roberto Burioni, che ha lanciato una petizione per chiedere la revoca delle nomine su Change.org che, in pochi giorni, ha raccolto oltre 14 mila firme.
Quella messa in atto è la tecnica che negli studi sui media viene definita character assassination (distruzione della reputazione), con l’utilizzo di tecniche di manipolazione per screditare i due medici “eretici”, in modo da dipingerli come dei mezzi stregoni, etichettati dall’opposizione a “ultrà no vax” e ridotti dai quotidiani a “due esperti di omeopatia schierati al fianco dei gruppi no vax più rumorosi”.
Qual è la loro colpa? Aver espresso critiche e richieste di prudenza durante la gestione della pandemia e sulle vaccinazioni pediatriche anti-Covid. Già nel 2021, Bellavite aveva messo in dubbio la relazione tra rischi e benefici, parlando dei vaccini contro il Covid-19 nella trasmissione diMartedì su La7 («Chi ha paura del vaccino ha ragione, in un certo senso, perché mancavano informazioni su rischi e benefici»). Anche Serravalle ha sollevato questioni etiche e scientifiche riguardo alla moltiplicazione dei vaccini pediatrici, arrivando a paventare un tema tabù, ossia, una possibile correlazione con alcuni casi di autismo, senza però superare mai il limite della riflessione critica. Proprio Serravalle, con una decennale esperienza sul campo, ha deciso di adottare il principio di cautela, ricordando che «I vaccini possono causare reazioni avverse anche gravi» e che «Come tutti i farmaci non sono esenti da effetti collaterali». In un contesto sano, ciò dovrebbe alimentare un dibattito basato su dati, non essere motivo di esclusione. Invece, la prudenza metodologica viene impacchettata dentro il frame “no vax”, sinonimo di pericolo pubblico.
E, mentre si demonizza chi esprime un pensiero scientifico non omologato, si adotta il doppio standard e si chiude un occhio su possibili conflitti di interesse di altri membri del comitato legati a industrie farmaceutiche, come Emanuele Montomoli, ordinario di igiene presso l’Università degli Studi di Siena, fondatore, presidente (non con funzione esecutiva) e direttore scientifico di VisMederi, un’azienda biotecnologica che si occupa di sviluppo clinico di vaccini e di progetti nell’ambito delle malattie infettive emergenti, in collaborazione con le più importanti aziende farmaceutiche internazionali.
Una delle poche cose buone che sta facendo il Ministro della Salute. Come allora Sirchia nel governo Berlusconi. Burioni, Pregliasco e l’ infettivologo genovese, colui che verso la fine di marzo 2020, lo ricordo molto bene, su tutte le reti nazionali annunciò che la mortalità da COVID-19 sarebbe stata del 10%, risultata poi dello 0,3%, (prima delle inoculazioni con il siero miracoloso) dovrebbero essere sottoposti immediatamente a provvedimento disciplinare ogni volta che danno aria alla bocca.
Che brutta bestia il dogma (o la malafede). Dopo anni in cui alcune delle certezze sono state smontate da studi scientifici (dopo vaccinati si è tra persone sane oppure 1m e 1/2 è il distanziamento corretto, Fauci ha dichiarato che è una misura casuale) questi continuano ad opporsi anche ad un confronto minimo. Dalle mie parti si dice “devono avere il c..o sudicio” (tradotto: devono avere qualcosa da nascondere)