sabato 9 Agosto 2025

Sono state riprodotte le prime reazioni chimiche avvenute dopo il Big Bang

Poco dopo il Big Bang, avvenuto 13,8 miliardi di anni fa, l’universo aveva già innescato le prime reazioni chimiche note, ma finora nessuno era riuscito a riprodurle in laboratorio. Ora, un team di ricercatori del Max-Planck-Institut für Kernphysik (MPIK) di Heidelberg è riuscito per la prima volta a ricreare la reazione che coinvolge lo ione considerato la molecola più antica dell’universo e l’ha descritta all’interno di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Astronomy & Astrophysics. Utilizzando un impianto unico al mondo e in grado di simulare le condizioni dello spazio profondo, gli autori hanno osservato particolari reazioni chimiche in condizioni simili a quelle dell’universo primordiale, scoprendo che, al contrario di quanto si pensava in precedenza, la velocità di tale processo rimane costante anche a temperature estremamente basse. «Questo risultato ci avvicina alla soluzione del mistero riguardante la formazione delle prime stelle», commentano i ricercatori.

Dopo il Big Bang, l’universo si trovava in uno stato di calore e densità estremi. Nei primi secondi, spiegano gli autori, si formarono i nuclei di idrogeno ed elio, ma ci vollero quasi 380.000 anni prima che questi elementi potessero legarsi a elettroni liberi formando atomi neutri in un processo chiamato ricombinazione, ovvero il processo con cui protoni ed elettroni si legano. Solo allora iniziarono le prime reazioni chimiche, in un’epoca nota come “età oscura” della cosmologia, in quanto lo spazio era trasparente ma privo di sorgenti luminose. Molecole semplici come HeH⁺ e l’idrogeno molecolare (H₂) furono essenziali per il collasso delle prime nubi di gas, che avrebbe portato alla formazione stellare. Infatti, continuano, a temperature inferiori a circa 10.000 °C, gli atomi di idrogeno non riuscivano più a dissipare calore in modo efficace, in quanto servivano molecole capaci di emettere energia anche attraverso rotazioni e vibrazioni. HeH⁺, grazie al suo pronunciato momento di dipolo – una proprietà elettrica che la rende particolarmente efficace nell’emissione o assorbimento di radiazione – era quindi uno dei migliori candidati per questo ruolo, influenzando direttamente l’efficienza della formazione stellare.

Tali ipotesi sono state indagate nel nuovo studio, nel quale i ricercatori del MPIK hanno utilizzato l’anello di accumulo criogenico (Cryogenic Storage Ring, CSR), un impianto unico al mondo in grado di simulare le condizioni dello spazio profondo. Gli ioni HeH⁺ sono stati mantenuti a -267 °C kelvin e sono stati fatti collidere con un fascio di atomi di deuterio – isotopo dell’idrogeno che contiene un protone e un neutrone nel nucleo – neutri, regolando le velocità relative per replicare le energie di collisione tipiche dell’universo primordiale. La reazione produceva uno ione HD⁺ e un atomo di elio neutro e, contrariamente alle aspettative teoriche, la probabilità della reazione non diminuiva alle basse temperature. «Le teorie precedenti prevedevano una significativa diminuzione della probabilità di reazione a basse temperature, ma non siamo stati in grado di verificarlo né nell’esperimento né nei nuovi calcoli teorici dei nostri colleghi», spiega il coautore Holger Kreckel, aggiungendo che l’analisi, condotta in collaborazione con il gruppo guidato da Yohann Scribano, ha identificato un errore nei modelli usati finora per descrivere questa reazione, portando a calcoli rivisti che ora concordano con i dati sperimentali. Poiché la concentrazione delle molecole analizzate ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita delle prime stelle, quindi, i ricercatori ritengono che questa scoperta rappresenti un passo importante per comprendere i processi chimici che hanno reso possibile la formazione dei primi astri nell’universo primordiale. «Poiché le concentrazioni di molecole come HeH⁺ e idrogeno molecolare hanno avuto un ruolo importante nella formazione delle prime stelle, questo risultato ci avvicina alla soluzione del mistero della loro formazione», concludono i coautori.

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Roberto Demaio

Laureato alla facoltà di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

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