Il governo Meloni ha impugnato la legge toscana sul salario minimo accusandola di violare la normativa statale sulla concorrenza. La legge prevede che nelle gare regionali siano favorite le aziende che offrono un salario minimo di almeno nove euro lordi all’ora. L’esecutivo sostiene che la legge interferisca con la competenza esclusiva dello Stato su questioni economiche e concorrenziali, come stabilito dall’articolo 117 della Costituzione. La decisione ha suscitato critiche, in particolare da parte del PD. Il presidente della Toscana Eugenio Giani ha anticipato che presenterà ricorso contro l’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale «per difendere con determinazione questa legge e il principio che la ispira: il lavoro deve essere giusto, sicuro e retribuito in modo equo».
La decisione di impugnare la legge toscana sul salario minimo è stata presa dal Consiglio dei Ministri lunedì 4 agosto. La norma, entrata in vigore il 18 giugno, prevede l’assegnazione di un punteggio più alto a tutte le aziende che, nei bandi di appalto pubblici, garantiscano ai propri dipendenti una paga oraria di almeno 9 euro lordi. Essa dedica poi un’attenzione specifica ai bandi che riguardano gli “affidamenti ad alta intensità di manodopera” – ossia concernenti lavori come quelli dei servizi di ristorazione, pulizia o vigilanza – in cui il criterio di assegnazione dell’appalto si fonda sul principio del miglior rapporto tra qualità dell’offerta e prezzo del servizi. La legge, insomma, non prevede una vera e propria introduzione del salario minimo, ma favorisce nelle gare pubbliche le ditte appaltatrici che lo garantiscono. Il governo ha deciso di impugnarlo proprio sulla base di tale ragione: nel suo comunicato l’esecutivo richiama l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che garantisce allo Stato “legislazione esclusiva” sulla “tutela della concorrenza”. Secondo l’esecutivo, insomma, la norma toscana violerebbe la concorrenza perché impone a chi appalta (gli enti pubblici della regione) di introdurre un criterio per assegnare più punti nelle gare d’appalto.
La battaglia per il salario minimo in Italia va avanti da tempo. A muoversi nella sua direzione sono stati diversi Comuni italiani. Già alla fine del 2023, il Consiglio Comunale di Livorno diede l’ok a larga maggioranza a una mozione che garantiva a tutti i lavoratori del Comune un salario minimo di almeno 9 euro all’ora. Sulla stessa scia, sono poi arrivate Firenze e Napoli, che hanno approvato il salario minimo di 9 euro all’ora per tutti gli appalti del Comune. A livello nazionale, invece, nonostante le proposte, si assiste a tutt’altro scenario: a fine novembre 2023, la maggioranza decise di affossare definitivamente la proposta unitaria dei partiti di opposizione, che stabiliva l’introduzione del salario minimo sempre a 9 euro.
Che dire…Viviamo proprio in uno Stato di merda.