La scuola italiana attraversa da tempo una crisi silenziosa, ma profonda. È una crisi fatta di strutture inadeguate, risorse insufficienti, insegnanti stanchi e studenti in difficoltà. Eppure, in mezzo a queste ombre, qualcosa si muove. C’è chi non si arrende, chi continua a credere che l’istruzione possa e debba essere il motore del cambiamento. E lo dimostra ogni giorno.
Le risorse pubbliche destinate all’istruzione in Italia restano tra le più basse d’Europa. A farne le spese sono innanzitutto gli edifici scolastici: sei scuole su dieci risultano prive del certificato di agibilità, e ogni tre giorni si verifica un crollo di calcinacci all’interno di aule, laboratori o palestre. Intanto, migliaia di studenti si ritrovano in classi sovraffollate, dove diventa difficile apprendere e ancora più difficile insegnare.
Ma il disagio non si misura solo in termini strutturali. Anche per chi nella scuola lavora, il clima è sempre più pesante. Insegnanti e dirigenti affrontano sfide complesse, spesso in solitudine, come la burocrazia, la mancanza di riconoscimento, la carenza di strumenti aggiornati e di una formazione continua efficace. Basti pensare che quasi un professore su due soffre di burnout e il 35% dei docenti ha seriamente considerato l’idea di licenziarsi. Tutto questo logora, toglie motivazione, mette a rischio il senso stesso della professione educativa. A soffrire più di tutti e a pagare le conseguenze più alte, però, sono gli studenti. Si stima che un quindicenne su quattro fatichi a comprendere testi di complessità elementare, limitando profondamente le sue possibilità di crescere come cittadino consapevole. Gli adolescenti italiani soffrono inoltre molto di sintomi legati all’ansia, spesso in correlazione con la pressione scolastica e l’assenza di spazi di ascolto. La scuola, che dovrebbe essere un luogo sicuro, di esplorazione e fiducia, rischia di diventare per molti una fonte di disagio e malessere.
In questo contesto, la dispersione scolastica resta una delle ferite più gravi. Oggi in Italia circa uno studente su dieci abbandona la scuola prima del diploma, con picchi ancora più alti in alcune regioni del Sud. Un fenomeno che non riguarda solo chi lascia, ma anche chi resta senza sentirsi davvero incluso, accompagnato, motivato. Dietro ogni abbandono c’è una storia di solitudine educativa, di ingiustizia sociale, di opportunità negate.
Eppure, nonostante tutto, c’è chi resiste e costruisce. In molte scuole italiane, spesso lontano dai riflettori, insegnanti e presidi si stanno già mobilitando per cambiare le cose nel loro piccolo. Innovano la didattica, ripensano gli spazi, creano legami autentici con gli studenti, coinvolgono il territorio. Lo fanno con passione, determinazione e consapevolezza.
È per loro – e grazie a loro – che come Still I Rise da alcuni anni promuoviamo il Progetto Insieme: un programma educativo gratuito rivolto a ragazze e ragazzi dagli 8 ai 18 anni, pensato per le scuole, le istituzioni educative e le associazioni.
Attraverso attività formative, racconti e laboratori guidati dagli insegnanti, condividiamo il metodo educativo innovativo che con successo portiamo avanti nelle nostre scuole tra Kenya, RDC, Siria, Yemen e Colombia, e sensibilizziamo gli studenti italiani su temi cruciali come la migrazione, l’accoglienza, il lavoro minorile e il diritto all’istruzione. Il progetto aiuta anche gli educatori a promuovere consapevolezza, senso critico e responsabilità sociale tra i giovani, con risorse pratiche, spazi di confronto e strumenti didattici per una scuola più inclusiva, viva, capace di non lasciare indietro nessuno.
Cambiare si può, e c’è già chi lo sta facendo. Ma per trasformare davvero il sistema educativo serve uno sforzo collettivo e istituzionale. Sono le istituzioni, in primis, a dover assumere un ruolo centrale e attivo, garantendo risorse adeguate, politiche lungimiranti e un piano strutturale di lungo termine. Non bastano iniziative frammentate o interventi emergenziali: serve un’alleanza solida tra chi fa scuola ogni giorno e chi ha la responsabilità di orientare le scelte pubbliche.
Mettersi in ascolto, valorizzare le buone pratiche, dare spazio e dignità alla scuola significa prendersi cura del presente e costruire le fondamenta del futuro. Perché non c’è futuro possibile senza un’istruzione che sappia accogliere, accompagnare, ispirare. Insieme.
L’ottimismo non fa mai male…