martedì 29 Luglio 2025

Meta mette al bando le pubblicità politiche nell’Unione Europea

Meta ha manifestato apertamente il proprio dissenso verso la direzione normativa intrapresa dall’Unione Europea in merito alla regolamentazione dei servizi digitali. In pochi giorni, la Big Tech ha ripudiato il Codice di Condotta volontario sull’intelligenza artificiale e ha dichiarato che non intende adeguarsi alle nuove norme sulla trasparenza delle inserzioni pubblicitarie a contenuto politico. Dopo aver definito queste disposizioni “insostenibili”, l’azienda ha annunciato che, a partire dal 10 ottobre, non accetterà più annunci politici, elettorali o di carattere sociale nei confini dell’Unione Europea.

Secondo Meta, “la pubblicità politica online è una parte vitale della politica moderna”, e l’azienda sostiene di aver fatto molto più di quanto imposto dalla legge per garantire la trasparenza, evidenziando la presenza di strumenti di monitoraggio che sono stati introdotti a partire dal 2018. Una dichiarazione che si basa su di un vuoto normativo che l’Unione Europea ha colmato lo scorso aprile attraverso il regolamento sulla Trasparenza e targeting della pubblicità politica (TTPA), il quale diventerà pienamente operativo proprio il 10 ottobre. Il nuovo regolamento impone regole stringenti: ogni annuncio politico dovrà riportare informazioni chiare su chi ha finanziato la campagna, quanto è stato speso, a quale competizione elettorale si riferisce e quali tecniche di targeting sono state impiegate. Le aziende che non si conformano rischiano sanzioni fino al 6% del fatturato annuo.

Meta contesta la normativa, affermando che introdurrà incertezze e oneri eccessivi per gli inserzionisti europei. Difende i propri strumenti di trasparenza, evitando accuratamente di menzionare che tali soluzioni sono state introdotte in risposta allo scandalo Cambridge Analytica, il quale aveva rivelato come i dati di milioni di utenti fossero stati utilizzati a fini di profilazione politica e propaganda, con il coinvolgimento diretto di Facebook. Secondo le autorità statunitensi, l’azienda era a conoscenza dell'”utilizzo improprio dei dati” da ben prima che whistleblower e leak giornalistici denunciassero pubblicamente la situazione.

Nonostante la normativa europea possa talvolta risultare ambigua — per goffaggine o per compromesso politico volontario — il comportamento reiterato di Meta nel tempo suggerisce che la trasparenza e la sicurezza degli utenti non rientrino tra le sue priorità principali. Un’ex dipendente di Meta divenuta informatrice, Sarah Wynn-Williams, sostiene nel libro Careless People che l’azienda abbia sistematicamente ignorato per anni delle criticità note al fine di tutelare i propri interessi commerciali, nonché di aver manipolato gli algoritmi per favorire le strategie politiche e comunicative dei propri dirigenti. Una disattenzione e un opportunismo che si ritiene abbiano fomentato diverse crisi umanitarie

Più recentemente, la Commissione Europea ha avviato un’indagine ufficiale nei confronti di Meta per presunta violazione del Digital Services Act (DSA), in relazione all’inefficacia nella moderazione della disinformazione in vista delle elezioni dell’europarlamento tenutesi nel 2024. “Sospettiamo che la moderazione di Meta sia insufficiente, che manchi di trasparenza negli annunci pubblicitari e nelle procedure di moderazione dei contenuti”, aveva dichiarato nell’aprile 2024 Margrethe Vestager, la Commissaria europea per l’agenda digitale in carica fino allo scorso novembre.

Il caso Meta, tuttavia, non è isolato. Anche Google ha annunciato che sospenderà la pubblicazione di annunci politici in Europa per via della complessità delle nuove norme. Si apre così un nuovo capitolo nello scontro tra le Big Tech e le istituzioni europee: da un lato policy aziendali autoimposte, dall’altro leggi sovranazionali vincolanti. Sullo sfondo, l’ombra dell’Amministrazione Trump, alla quale alcune aziende guardano per ottenere protezione contro il crescente attivismo normativo dell’UE.

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.

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