mercoledì 30 Luglio 2025

Anche secondo due ONG israeliane a Gaza è in corso un genocidio

Le ONG israeliane B’Tselem e Physicians for Human Rights (PHRI), da tempo attive per i diritti dei palestinesi, hanno pubblicato due distinti rapporti in cui sostengono che ciò che Israele sta compiendo a Gaza è un genocidio. Dal 7 ottobre, è la prima volta che la società civile israeliana accusa il proprio Paese di genocidio. B’Tselem si concentra su tre aspetti: la vita sotto il regime di apartheid, l’uso sistemico della violenza contro i palestinesi, e il meccanismo istituzionalizzato di disumanizzazione del popolo palestinese. PHRI, invece, propone una analisi legale incentrata sulla questione sanitaria, che dimostra il «deliberato e sistematico smantellamento del sistema di sostentamento della vita a Gaza», attraverso attacchi agli ospedali e al personale medico-sanitario, e la negazione dell’entrata di aiuti umanitari. Entrambi i rapporti concludono che le azioni israeliane a Gaza violano la convenzione internazionale per la prevenzione del crimine di genocidio; i documenti segnano un primo momento di presa di coscienza da parte della società israeliana, e arrivano a qualche giorno da una manifestazione per chiedere al governo di fermare i bombardamenti a Gaza.

Il rapporto di B’Tselem si intitola Il nostro genocidio. Esso muove i primi passi dalla definizione del termine genocidio, inquadrandolo dal punto di vista giuridico e rimarcando come la commissione del crimine non implica necessariamente il tentativo di distruggere tutti i membri di un gruppo. «Il regime israeliano», si legge nel rapporto, ha mostrato «inequivocabilmente» il proprio intento genocida – elemento chiave per l’individuazione del crimine – nei confronti della popolazione palestinese. Il quadro risulta chiaro dalle dichiarazioni di ufficiali militari, funzionari e politici israeliani, e dai bombardamenti su aree civili, infrastrutture, zone umanitarie e ospedali. Il genocidio palestinese, sostiene B’Tselem, viene portato avanti in diversi modi: in primo luogo, uccidendo e provocando problemi di natura mentale alla popolazione civile palestinese; a riprova di questo primo punto, B’Tselem porta numerose figure ed esempi, primo fra tutti il numero di uccisioni dirette condotte dall’esercito israeliano a Gaza. L’ONG cita inoltre diversi studi che mostrano come la maggioranza (circa il 96%) dei bambini di Gaza avrebbe bisogno di supporto psicologico per i traumi subiti. Come a Gaza, anche in Cisgiordania e nelle proprie carceri Israele ha ucciso centinaia di civili, condotto attacchi aerei, e arrestato, umiliato e torturato i rappresentanti del palestinesi.

Accanto alle uccisioni e ai traumi provocati da Israele, vi è la sistematica distruzione delle condizioni di vita che, tanto a Gaza quanto in Cisgiordania e in Israele, si manifesta da ben prima del 7 ottobre, attraverso un autentico sistema di apartheid. A Gaza, la maggior parte della popolazione vive in condizioni di carestia, e le persone bisognose di cure sono private della possibilità di accedere a un sistema sanitario funzionante; in generale in tutta la Palestina, scrive B’Tselem, Israele controlla e limita la distribuzione di acqua, l’erogazione di elettricità, demolisce case e abitazioni, abbatte campi coltivati e danneggia direttamente le capacità economiche del popolo palestinese. Israele, inoltre, continua i rapporto, provoca deliberatamente lo sfollamento della popolazione civile tanto nel proprio territorio quanto in quello palestinese, porta avanti un genocidio culturale e sociale cancellando l’identità e la storia del popolo palestinese e porta avanti quello che il rapporto definisce «genocidio come processo» che affonda le proprie radici nella stessa nascita dello Stato di Israele: «Il genocidio è il risultato di uno sviluppo graduale», scrive il gruppo, un processo che avanza per fasi, a partire dalla disumanizzazione di un gruppo passando per la sua trasformazione in una minaccia esistenziale, per giungere infine alla giustificazione della sua cancellazione. Un processo, sostiene il gruppo, che Israele porta avanti da ottant’anni, e che nel 7 ottobre non ha fatto che trovare «l’elemento scatenante» per avviare la macchina genocidaria.

Se B’Tselem fornisce un quadro generale sul genocidio palestinese, soffermandosi su diversi aspetti, PHRI si focalizza su uno solo dei tanti crimini israeliani, arrivando alla medesima conclusione. Secondo PHRI, l’uccisione dei palestinesi, la negazione delle cure e degli aiuti, la distruzione degli ospedali e delle strutture rivolte alla maternità, rispondono ad almeno tre delle definizioni di genocidio delineate dalla Convenzione: l’uccisione di membri del gruppo oggetto del crimine, il causare danni mentali e fisici e l’inflizione deliberata di danni volti a distruggerlo. Proprio quest’ultimo è il punto maggiormente analizzato dal gruppo, che, a supporto della propria tesi, porta una lunga lista di casi in ordine cronologico e geografico. Il rapporto delle due ONG, che si battono da tempo per i diritti del popolo palestinese, arrivano a qualche giorno da una manifestazione contro l’esecutivo del Paese in cui i cittadini israeliani hanno sfilato mostrando foto di bambini di Gaza, chiedendo al proprio governo di fermare i massacri e permettere l’entrata di aiuti umanitari nella Striscia.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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1 commento

  1. Mi dispiace come questo giornale debba perdere tempo a convincere anche i nazi fascisti Italiani a difendere i diritti umani dei Palestinesi, solo le bestie ne hanno ancora bisogno e significa che nel nostro paese ce ne sono tante e ci impediscono di andare veloce e risolvere gli infiniti altri problemi che come esseri umani dobbiamo ancora risolvere.

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