sabato 26 Luglio 2025

A Gaza ormai la fame uccide quanto le bombe israeliane

Mentre i governi occidentali continuano a rilasciare parole di condanna verso i crimini di Israele in Palestina, le vittime per la carestia a Gaza aumentano di giorno in giorno. Nella sola giornata di ieri, mercoledì 23 luglio, il ministero della Sanità della Striscia ha riportato la morte per fame di 10 persone, che hanno portato il totale di decessi per malnutrizione e carestia a 111. La maggior parte di questi decessi è avvenuta negli ultimi giorni. A questi si aggiungono gli oltre 1.000 palestinesi uccisi mentre cercavano di ottenere del cibo, colpiti dai proiettili israeliani. Per denunciare la precarietà delle condizioni dei palestinesi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha detto che i palestinesi stanno morendo a causa di una «carestia di massa causata dall’uomo», e oltre 100 ONG hanno rilasciato un comunicato congiunto in cui avvertono del sempre più imminente rischio di «carestia di massa». «I governi devono smettere di aspettare il permesso per agire», hanno scritto; «È il momento di prendere azioni decisive».

La situazione umanitaria, e specialmente quella alimentare, a Gaza, è disastrosa. L’ONU riporta che tutti i suoi panifici rimangono ancora chiusi. Le cucine comunitarie riescono a garantire meno di 160.000 pasti, e la cittadinanza sopravvive con un singolo pasto al giorno, «scarsamente nutriente». Secondo il Programma Alimentare Mondiale, quasi una persona su tre trascorre intere giornate senza mangiare, e molti sono costretti a cercare avanzi di cibo nella spazzatura. Altro problema è l’accesso al già poco cibo in circolazione: secondo l’ONU, i prezzi dei prodotti alimentari ancora disponibili sul mercato sono saliti alle stelle, mentre la maggior parte del cibo è disponibile solo a costo di rischiare la vita presso i punti di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation presidati dall’esercito. Israele, nel frattempo, continua a impedire che il flusso degli aiuti umanitari scorra agevolmente nella Striscia: nell’ultima settimana, i gruppi umanitari hanno organizzato 75 missioni per distribuire in maniera più capillare gli aiuti, tentando di coordinarsi con le autorità israeliane. Di queste, quasi il 23% è stato respinto; un ulteriore 21% è stato inizialmente accettato, ma ha incontrato ostacoli, tra cui blocchi o ritardi sul campo che hanno portato all’interruzione o alla riuscita parziale delle missioni; e un altro 25% ha dovuto essere ritirato dagli organizzatori per motivi logistici, operativi o di sicurezza. Sono insomma meno di un terzo le missioni andate a buon fine.

In questo contesto, la diversificazione della dieta è praticamente assente: i latticini non fanno più parte della dieta delle persone, il consumo di verdure è diminuito drasticamente e l’assunzione di frutta è quasi assente; le fonti proteiche come carne, pollame e uova, che in precedenza venivano consumate tre giorni a settimana, sono completamente scomparse dalle diete domestiche. A rimanere in qualche modo disponibili sono solo i legumi e il pane. La mancanza di diversificazione nella dieta porta a carenze nutrizionali e aumenta il rischio di malnutrizione acuta, in particolare tra i soggetti più a rischio, come bambini e donne in gravidanza e in allattamento; essa inoltre aumenta il rischio di contrarre malattie che indeboliscono il sistema immunitario. Nelle prime due settimane di luglio, nei soli governatorati di Deir al Balah e Khan Younis, 5.000 dei circa 56.000 bambini sottoposti a test sono risultati affetti da malnutrizione acuta: si tratta del 9% del totale, un aumento del 50% rispetto al mese precedente. A Gaza City, invece, la situazione è ancora più allarmante: i bambini affetti da malnutrizione acuta sono risultati il 16% dei circa 15.000 sottoposti a test. Da gennaio 2025, sono 20 i bambini morti per malnutrizione acuta grave, di cui 13 deceduti solo a luglio.

Secondo una proiezione di un ufficio delle Nazioni Unite, tra aprile 2025 e marzo 2026 rischiano di verificarsi circa 71.000 casi annui di malnutrizione acuta tra i bambini di età compresa tra 6 e 59 mesi, tra cui 14.100 casi gravi. La malnutrizione, tuttavia, non colpisce solo i bambini: secondo le stime, l’intera popolazione di Gaza è entrata almeno nel terzo stadio (su 5) della scala IPC (Classificazione Integrata delle Fasi di Sicurezza Alimentare), che misura la gravità delle crisi alimentari. Questo significa che l’intera popolazione palestinese di Gaza presenta significativi deficit nei consumi alimentari, con livelli di malnutrizione acuta superiori alla norma; il tasso di mortalità per stenti è compreso tra lo 0,5% e l’1%. Circa la metà della popolazione è invece entrata nel quarto livello della scala IPC, che presenta un tasso di mortalità maggiore dell’1% e inferiore al 2%. Un quarto dei palestinesi ha già raggiunto il quinto livello della scala IPC, quello riservato alle “catastrofi umanitarie”, in cui il tasso di mortalità è superiore al 2%.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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1 commento

  1. Cosa importa ad un paese satellite di un paese il cui Presidente è nei files di Epstein, spia del Mossad, che ha da decenni foto del Presidente così compromettenti da poter causare la sua messa in stato di accusa quando vuole e lo comanda come un burattino?

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