I ministri degli Esteri di 25 Paesi del cosiddetto “blocco Occidentale”, tra cui l’Italia, hanno rilasciato un comunicato per chiedere a Israele di fermare i massacri a Gaza. La dichiarazione chiede l’immediata apertura delle frontiere per garantire alla popolazione l’accesso agli aiuti umanitari e critica il sistema di distribuzione alimentare pensato da Israele, che dal suo avvio ha portato all’uccisione di oltre 900 palestinesi da parte dell’esercito dello Stato ebraico. L’appello (tardivo) giunge in un momento catastrofico per Gaza, travolta dalla carestia e invasa dai carri armati israeliani, che hanno raggiunto per la prima volta Deir al Balah e sfollato decine di migliaia di abitanti. Qualche ora dopo la sua pubblicazione, Israele ha risposto ai Paesi coinvolti, sostenendo che le loro parole sono «scollegate dalla realtà», mentre all’orizzonte non sembra ancora emergere alcuna intenzione di adottare misure concrete per fermare il genocidio.
L’appello per fermare la guerra a Gaza è stato firmato, oltre che dall’Italia, dai ministri degli Esteri di Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Giappone, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, e dal Commissario europeo per l’Uguaglianza e le Crisi. «La guerra a Gaza deve finire ora», si legge nella dichiarazione. I rappresentanti dei Paesi condannano il modello di distribuzione degli aiuti e il rifiuto da parte del governo israeliano di fornire assistenza umanitaria alla popolazione civile di Gaza. I ministri condannano il piano di creare una maxi-città umanitaria a Rafah (di cui abbiamo parlato in un articolo de L’Indipendente) e si oppongono a qualsiasi iniziativa volta a modificare il territorio o la demografia nei Territori Palestinesi Occupati, tra cui il piano di insediamento E1 per ampliare gli insediamenti tra Gerusalemme e Maale Adummim. Chiedono così la cessazione immediata delle aggressioni e l’apertura delle frontiere per fare entrare gli aiuti, rilanciando il piano arabo per Gaza. Qualche ora dopo la pubblicazione della dichiarazione, il ministero degli Esteri israeliano ha rilasciato un comunicato in cui condanna l’appello dei Paesi occidentali e attribuisce le responsabilità di quanto accade a Gaza ad Hamas.
La dichiarazione dei ministri degli Esteri del blocco Occidentale è a dir poco tardiva e, come al solito, si limita alle parole. Le cose che i Paesi potrebbero fare per porre un reale freno a Israele sono diverse, e appena una settimana prima dell’appello l’UE ha bloccato la revisione dell’Accordo di Associazione con Israele, ponendo un veto di fatto alle sanzioni. Nel frattempo, a Gaza, la popolazione civile muore di fame, il rischio di carestia è sempre più imminente e le malattie dovute alla malnutrizione si diffondono. Il numero di pazienti ricoverati per problemi di malnutrizione nella clinica di Gaza City di Medici Senza Frontiere è quasi quadruplicato in meno di due mesi, e un terzo di tali pazienti è composto da bambini di età compresa tra i tre mesi e i due anni. Nel fine settimana sono morte almeno 20 persone a causa della carestia, mentre nella sola mattina di oggi, 22 luglio, è stato riportato il decesso di tre bambini di età compresa tra i 40 giorni e i 12 anni. Il numero totale di morti per fame è salito così ad almeno 90: tra questi, 80 bambini e 10 adulti.
Israele ha inoltre intensificato la campagna terrestre, lanciando un’invasione su nove blocchi situati nell’area sudoccidentale del Governatorato di Deir al Balah. Secondo le prime stime delle Nazioni Unite, la misura dovrebbe coinvolgere tra le 50.000 e le 80.000 persone, di cui 30.000 rifugiate in 57 campi per sfollati. Con quest’ultimo ordine, rimarca l’ONU, l’area di Gaza sottoposta a ordini di sfollamento o all’interno di zone militarizzate da Israele è salita all’87,8%, lasciando «2,1 milioni di civili stipati in un frammentato 12% della Striscia, dove i servizi essenziali sono crollati». La progressiva riduzione delle aree umanitarie rispecchia il piano Carri di Gedeone, lanciato da Israele lo scorso maggio, e viaggia in parallelo con l’iniziativa di creare un maxi-campo umanitario a Rafah dove rinchiudere i palestinesi nell’ottica di una successiva espulsione della popolazione dalla Striscia. Israele non ha cessato neanche le violenze: solo ieri ha ucciso almeno 60 palestinesi e preso d’assalto una sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Siamo ancora alle “richieste”?? Buffoni!
Il blocco occidentale é direttamente complice di quello che sta succedendo e sará costretto a pagare le dovute conseguenze.
Alle parole seguiranno azioni concrete? Quanti disperati e bambini inermi devono ancora essere trucidati o uccisi per la fame?