Negli ultimi giorni la città di Milano è finita sotto l’occhio dei riflettori per gli scandali di corruzione che hanno visto invischiate l’amministrazione comunale e i principali fondi di investimento attivi nell’urbanistica della città. Se si mettono da parte i toni da soap opera utilizzati da una parte della stampa nostrana, ciò che resta è un avvenimento che sottolinea l’ingordigia del cosiddetto “modello Milano”, un approccio all’edilizia che inserisce la città in una campagna promozionale costante, al fine di attirare l’interesse internazionale a scapito dei bisogni concreti della città e fondato su speculazione e corruzione del modello pubblico-privato. Ne parliamo con Lucia Tozzi, studiosa di politiche urbane e giornalista, autrice di svariati testi, tra i quali L’invenzione di Milano, edito da Cronopio nel 2023.
Perché questa vicenda giudiziaria è così importante?
Per via delle persone coinvolte. Non parliamo solo dell’assessore Giancarlo Tancredi e del sindaco Beppe Sala, che di per sé sono già nomi di spicco, ma anche di figure spesso considerate intoccabili come Manfredi Catella [presidente del gruppo immobiliare COIMA, madrina di opere quali il Bosco Verticale e il quartiere Isola, ndr]. Se fino a questo momento le altre indagini hanno riguardato una scala progettuale più bassa, per esempio progetti relativi alla densificazione della città, ora sono stati toccati i grandi piani di rigenerazione urbana, come gli scali e le trasformazioni di quartiere. Sono andati direttamente ai vertici. Attraverso le intercettazioni, che dimostrano come Manfredi Catella e Stefano Boeri facessero pressioni per approvare i progetti, possiamo osservare che non si tratta dei soliti “furbetti”, ma di vere e proprie dinamiche di potere. Un potere che si muove su un altro piano, anche rispetto all’amministrazione locale.
Come ha sottolineato, non si tratta di uno scandalo solo politico, il nome principale che è venuto fuori è sicuramente quello di COIMA. Come sono solite collaborare politica e fondi di investimento?
Il direttore di COIMA, Manfredi Catella, è sempre stato considerato come un sindaco ombra. Questi fondi si sostituiscono al settore pubblico, pianificano, anche strategicamente, il destino delle aree più importanti della città; quindi, propongono progetti con previsioni urbanistiche alla mano e in qualche modo determinano il futuro dei centri urbani. Il pubblico concede gli spazi e si mette all’opera per rimuovere gli ostacoli che si potrebbero frapporre tra il fondo d’investimento, il progetto e chiaramente il conseguente profitto. Questo modello prevede che il privato decida, progetti, immagini il futuro di spazi pubblici e poi li realizzi e capitalizzi. L’unica cosa che fa il pubblico è concedere lo spazio e agevolare tutte le pretese che a mano a mano il privato avanza nel tempo.
Prevede conseguenze particolari in merito a questo scandalo?
Questa è la grande posta in gioco di questo momento. Il progetto del Villaggio Olimpico chiaramente è già realizzato, però si potrebbe ridiscutere dell’altra parte dello Scalo di Porta Romana, su cui sono emersi molti elementi controversi: la riduzione del parco, volumi eccessivi. Del futuro dello stadio di San Siro si deciderà a settembre, mentre altri progetti come Piazzale Loreto probabilmente non volgeranno al termine per mancanza di interesse. Una parte arrabbiata della cittadinanza però chiede da tempo molto altro: case popolari, servizi, mezzi pubblici; mentre anche quelle persone che sono state favorevoli allo sviluppo hanno perso fiducia. Quando ci saranno le elezioni sicuramente le conseguenze saranno visibili.
In che modo questa inchiesta mette in discussione il cosiddetto “modello Milano”?
Ciò che tende a rimanere in ombra, oscurato dalla propaganda mediatica, è che il modello Milano è gia in crisi. Catella e Boeri si sono già spostati a Roma, oltre che a Napoli, in occasione della America’s Cup di vela. Il noto successo dell’attrattività degli investimenti è già migrato altrove, lo stesso Catella ha ammesso nel suo libro che il futuro non sono le grandi metropoli, bensì le piccole e medie città collegate tra loro con i treni ad alta velocità. Se durante lo scandalo Tangentopoli Milano ha potuto ancora contare su un tessuto industriale produttivo, adesso la quasi totale deindustrializzazione ha fatto sì che la città puntasse solo sulla finanza. Il tentativo accanito di salvare questo modello potrebbe suggerire che in realtà la città sia sull’orlo del collasso. La finanza che, si fonde sulla necessità di preservare la propria reputazione, ha saputo sfilarsi in tempo.
Perché il modello Milano è così ingiusto?
Perchè è antiredistributivo: non solo concentra la ricchezza in mano di pochissimi, ma si fonda anche sulla rapina di tutto ciò che è pubblico. Viene detto che si attrae ricchezza, che si porta avanti il PIL, ma questi introiti non passano per le mani dei cittadini. Questo genere di produzione di ricchezza, però, presuppone il consumo dei beni pubblici, delle energie collettive, e quindi vengono depredati servizi come i trasporti, le piscine comunali, i parchi, fino ai marciapiedi stessi allocati ai tavolini. Tutto questo rende Milano una città ostile alle fasce meno agiate.
La stampa non solo ha evitato l’argomento, ma per anni ha fatto il gioco di questo modello. Quali sono state le reazioni?
Una grande parte della stampa sta facendo di tutto per insabbiare, coprire e andare avanti. Hanno iniziato a separare la corruzione di alcune persone dal modello di sviluppo che per anni ha interessato Milano. Così facendo si punta il dito contro qualcuno, ma si cerca di salvare a tutti i costi il progetto. Per questa stampa diventa così necessario proseguire con le indagini in nome dell’onestà, ma lo sviluppo non va assolutamente toccato. Poi, isolata la questione giudiziaria, si cerca di sottostimarla: si parla di un’inchiesta “debole”, nella quale non vengono apparentemente messe in evidenza le cifre in questione. Questo però è normale, perché trattandosi di un’economia finanziarizzata è molto più difficile risalire ai passaggi di denaro.
Quanto sta accadendo può dare inizio ad un cambiamento reale?
Secondo me sì, già adesso qualcosa sta cambiando. Queste inchieste, oltre che mostrare la necessità dell’equilibrio tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario, mettono in evidenza il potere della cittadinanza. Visto che la stampa fa di tutto per oscurare, queste inchieste nascono dagli esposti presentati dai cittadini e questa è una forza che viene essenzialmente dal basso. La consapevolezza che è nata in questi ultimi anni è merito anche della dedizione e del tempo dedicato dai comitati; senza di loro non si sarebbe andati da nessuna parte. Mentre da un lato aumenta l’autonomia della sfera economica, dall’altro cresce la consapevolezza e l’esigenza di un cambiamento da parte della cittadinanza. Penso che su questo si consumerà lo scontro futuro.